Gabriella Ceraso – Città del Vaticano
Si va verso progressive chiusure fatte di recinzioni e controlli. Succede in Lettonia e presto in Lituania, dove il parlamento ha appena dato il via libera ad una legge che consente di costruire una recinzione appunto per bloccare il flusso di migranti provenienti dalla Bielorussia. Nelle ultime 24 ore in Lettonia ne sono entrati circa 200, da qui lo stato di emergenza stabilito dal primo ministro. Scoraggiare gli arrivi è anche il pensiero del governo di Vilnius. “Dobbiamo avere una frontiera forte e affidabile con la Bielorussia il più presto possibile”, ha detto il ministro dell’Interno Agne Bilotaite, sottolineando che la legge avrebbe dimezzato i tempi di costruzione.
Già dalla Bielorussia sono passati in Lituania più di 4000 persone dall’inizio dell’anno: ora la poliltica nazionale insieme all’Europa, accusa il presidente bielorusso Alexander Lukashenko di incoraggiare deliberatamente ulteriori arrivi come ritorsione per le sanzioni contro il suo regime. Cosa fare, dunque, per evitare respingimenti e tensioni e per garantire agli immigrati condizioni di vita dignitose? In prima linea, di fronte ad un fenomeno sul quale tutta l’Europa si interroga con i medesimi problemi, ma purtoppo con soluzioni ancora insufficienti, c’è la Chiesa con le sue forze come la Caritas che non manca di dire come stanno le cose.
A raccontarlo, in una intervista ai colleghi della redazione lituana, è il cardinale Audrys Backis, arcivescovo emerito di Vilnius . “Sono migliaia – spiega provenienti dall’Africa, dal Kurdistan, dall’Iraq, dall’Afghanistan, ognuno ha problemi diversi, molti non hanno i documenti, ma tutti aspirano alla libertà, ad una vita migliore. Ora non sanno come vivere”.
Dalla diffidenza all’aiuto
All’inizio – racconta – c’è stata una prevalente “diffidenza” da parte della popolazione lituana, si diceva che arrivassero perchè strumentalizzati, per creare problemi in Europa. Ora si è capito che molti di loro sono stati ingannati anche dall’opinione pubblica e dal falso mito di viaggi sicuri e di un’arrivo certo in Europa. Altri invece vogliono proprio fuggire. E il lavoro della Chiesa – sottolinea il cardinale – in questo contesto è stato quello di “contribuire a sfatare la paura e iniziare ad aiutare”.
Andiamo avanti, ma il problema non è risolto
” Non eravamo preparati a numeri così elevati” – ammette – dunque abbiamo dovuto organizzarci, per tutti i tipi di soccorso: accoglienza, materiale sanitario, cibo, tende. Oggi – è la costatazione – ci rendiamo conto che i nostri sforzi sono importanti, dunque “andiamo avanti, ma il problema non è risolto”. In tutta Europa la questione migranti chiede risposte, riflette il porporato: “Dobbiamo imparare a ricevere e aiutare chi migra in modo cristiano”. Quello che Backis invita a fare è ad “applicare l’insegnamento della Fratelli tutti: non basta accoglierli, dar loro ristoro e aiuto. La questione più importante è garantire in senso più ampio sistemi di ingresso regolare, diritti, asilo. Non possiamo nè rimandarli nei loro Paesi, nè deportali”.