Migranti e rifugiati: da Lampedusa, il Papa non è mai sceso dalla barca

Vatican News

Antonella Palermo – Città del Vaticano

“Il Papa, dal suo primo viaggio a Lampedusa”, non è mai sceso dalla barca”. Con questa eloquente immagine, padre Fabio Maggio, sottosegretario al Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, sintetizza la missione della Chiesa universale a favore dei più vulnerabili, di chi è costretto a fuggire da guerre e povertà. Alla conferenza stampa di presentazione del Messaggio di Francesco per la 107ma Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, che sarà celebrata il 26 settembre 2021, il riferimento costante all’Enciclica Fratelli tutti e ad alcune buone pratiche portate avanti dalle Chiese alle frontiere che contrastano politiche discriminatorie e atteggiamenti di chiusura delle comunità.

Dio ci chiama ad essere “persone-ponti”

Padre Fabio Baggio, C.S., ha annunciato che la Sezione Migranti e Rifugiati del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale ha allestito una campagna di comunicazione attraverso la quale verranno elaborati i sei punti proposti dal Messaggio del Papa, le declinazioni di quel “noi” che siamo chiamati a costruire come umanità, come Chiesa in uscita, come società. Nei prossimi mesi saranno proposti sussidi multimediali, materiale informativo e riflessioni di teologi ed esperti che aiuteranno ad approfondire il testo. A questo proposito, è stato proiettato il primo video inedito di Vatican Media realizzato per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato. Qui il Papa chiama tutti all’impegno, perché – dice – ciascuno è un granello di sabbia e “insieme possiamo formare una spiaggia bellissima, una vera opera d’arte”. Il video contiene la testimonianza del vescovo di El Paso, Mons. Mark J. Seitz che, dal confine tra Messico e Stati Uniti, racconta come la sua famiglia di origine di dieci figli accoglieva ogni giorno qualcuno in più a tavola: “Le frontiere possono essere luoghi vibranti – precisa – dobbiamo costruire ponti. Dio ci chiama a essere persone-ponti”.

Suor Smerilli: la finanza sia più inclusiva

Sr. Alessandra Smerilli, F.M.A., Sotto-Segretario del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, interviene guardando alle degenerazioni in campo finanziario, quel campo che avrebbe proprio nell’inclusione la sua vocazione originaria e che invece è diventato, nella gran parte dei casi, “pura speculazione”. La religiosa fa l’esempio delle “operazioni speculative sui generi alimentari, che rischiano di lasciare interi paesi senza accesso al cibo a causa degli aumenti dei prezzi. E i più poveri sono costretti a migrare”. Sottolinea le crescenti disuguaglianze, economiche, tecnologiche, di accesso alle cure e, in qualità di coordinatrice della Task-force Economia della Commissione Vaticana per il Covid-19, spiega che l’organismo è impegnato per sanare questi divari e ribadisce: “se i vaccini non arrivano a tutto il mondo, non ci salveremo”. “Fino a quando la logica prevalente rimarrà ‘cosa è meglio per me’ e non ‘quale è la mia parte in un’azione che sarà il meglio per noi tutti e per la nostra casa comune’, non sarà possibile sanare un’economia malata”, scandisce. Suor Smerilli mette nondimeno in luce le azioni che esprimono una via di speranza e attinge al processo dell’Economia di Francesco, grazie al quale più di 2000 giovani economisti di 120 Paesi lavorano insieme a progetti di trasformazione dell’economia. Giovani che “vogliono che i poveri, gli scartati, gli esclusi, i migranti e i rifugiati siano messi al centro dell’economia: insieme – conclude – si può ripartire per un noi che abbia il sapore del Vangelo”.

La Chiesa britannica contro politiche che generano disuguaglianze

Monsignor Paul McAleenan, vescovo ausiliare di Westminster – in collegamento da remoto – indica nel capitolo 4 di Fratelli Tutti, “Un cuore aperto al mondo” il principio guida per muoverci verso un noi sempre più grande. “Questo cuore sa che i migranti e i rifugiati non vengono per usurpare il nostro stile di vita – ricorda – ma si rallegra di come possono arricchire la nostra società”. Il presule fa riferimento alla decisione del Regno Unito di ridurre il suo budget per gli aiuti gesto che – afferma – aggrava la sofferenza dei più poveri del mondo. Ammonisce le nazioni che si impegnano nel commercio di armi portatrici di “una miseria infinita a coloro che si trovano in luoghi di conflitto”. E non manca di connettere il processo migratorio all’emergenza climatica. “Non siamo senza colpa”, denuncia. E parla dell’impegno della Chiesa britannica in opposizione alle politiche “che cercano di dividere migranti e rifugiati in gruppi, alcuni preferiti e altri respinti”, illustrando anche come agenzie e associazioni di beneficenza sulla costa meridionale dell’Inghilterra e nel nord della Francia forniscono sostegno materiale e morale a coloro che sono più in pericolo.

JRS: una politica aggressiva e chiusa è, essa stessa, ferita

Anche Sarah Teather, direttrice del Jesuit Refugee Service nel Regno Unito, si muove dalle parole del Papa contenute nel Messaggio in cui viene sottolineato che “il noi voluto da Dio è rotto e frammentato, ferito e sfigurato”. Alla luce dell’opera portata avanti con il servizio dei gesuiti, spiega come il sistema di asilo costruisce muri di sospetto per impedire di ricevere protezione. “L’indigenza rende molte persone vulnerabili all’abuso e allo sfruttamento”, lamenta e denuncia che “la politica aggressiva e chiusa che li ferisce è essa stessa ferita. Una comunità spezzata che deliberatamente getta i migranti vulnerabili nelle periferie porta a vite spezzate”. Le speranze arrivano da molti richiedenti asilo indigenti che fanno volontariato per sostenere gli altri, per esempio. Non hanno un lavoro retribuito, ma usano il tempo per gli altri in modo significativo. Fa l’esempio di una donna in detenzione che si è unita a un gruppo che pregava per le persone che stavano per essere allontanate. “La speranza – prosegue – nasce anche dalle comunità cristiane che trovano energia e ispirazione dall’accogliere con fiducia persone di altre fedi e culture. Nel nostro progetto di accoglienza, le congregazioni religiose e le famiglie accolgono nelle loro case i senzatetto indigenti che chiedono asilo”. Racconta di amicizie sorprendenti che nascono da queste esperienze di incontro che “creano una contro-cultura alle politiche pubbliche ostili verso gli emarginati”.

L’altro è una ricchezza

Il Cardinale Michael Czerny, S.I., Sotto-Segretario della Sezione Migranti e Rifugiati del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, cita la Fratelli tutti e la preoccupazione del Papa circa il futuro dopo la crisi sanitaria, il rischio di “auto-assorbimento” nella difesa ossessiva esclusiva di noi stessi. “Superare l’egoismo e prendersi cura di tutti – dice Cnerny ricordando la parabola del Buon samaritano – è essenziale per la sopravvivenza”. E invita a ricostruire la famiglia umana in tutta la sua bellezza riconoscendo “l’altro come ricchezza, come carico di quei talenti che rendono gli altri unicamente diversi da me”. Non bisogna essere spaventati dall’altro che secondo una certa mentalità mina le nostre sicurezze, riprende ancora il porporato.

La diaspora venezuelana e il progetto Ponti di solidarietà

Sollecitato dalla domanda di un giornalista, padre Baggio conclude facendo riferimento alla crisi venezuelana, tra quelle più gravi con ormai 5,6 milioni di persone fuggite dal Paese negli ultimi anni. “Le Chiese locali che si trovano lungo le rotte fanno un lavoro instancabile. Il Papa ci ha chiesto di accompagnarle rendendo il loro lavoro il più facile possibile”, ha spiegato citando e lodando il progetto “Ponti di solidarietà”, finanziato dalla Santa Sede e che ha ricevuto il plauso di grandi organizzazioni e che è davvero una buona pratica di cui andare fieri.