Chiesa Cattolica – Italiana

Migranti, anziani, scartati: il Natale nelle “periferie sociali” dell’America Latina

Isabella Piro – Città del Vaticano

Quanti sono i Gesù, Giuseppe e Maria nel mondo? Ovvero quanti sono quelli che non hanno un posto in cui dormire come la Sacra Famiglia a Betlemme; quelli che nascono in condizioni di disagio e insicurezza, come il Figlio di Dio; quelli che collezionano porte sbattute in faccia, quelli che nessuno vede, nessuno ascolta, nessuno accudisce? Quanti sono quelli che patiscono la fame e la sofferenza; quelli che affrontano viaggi a rischio della vita in cerca proprio di una vita migliore; quelli che muoiono soli; quelli dimenticati da tutti? Quanti sono?

Mettere la persona al centro

Numeri, statistiche, grafici e diagrammi contano, certo, ma non bastano se non ci si ricorda – come dice spesso Papa Francesco – che dietro ad ogni cifra ci sono delle persone. Persone che hanno bisogno di essere illuminate dalla speranza, quella speranza che Gesù Bambino porta nel mondo con la sua nascita. I messaggi natalizi dei vescovi di diversi Paesi dell’America Latina si pongono proprio questo obiettivo: accendere i riflettori sulle “periferie sociali”, ovvero gli scartati, gli invisibili della società per i quali il Natale sembra non arrivare mai. Sono i migranti in cerca di un futuro migliore, gli anziani soli e abbandonati, ma anche i bambini e i giovani alle prese con le sfide dell’epoca contemporanea e i missionari che portano il Vangelo fino ai confini della terra.

Progetti umanitari per i migranti

In Cile, ad esempio, la diocesi di Iquique – crocevia di rotte migratorie provenienti soprattutto dal Venezuela e da almeno tre mesi al centro di una grave emergenza sociale – nel suo messaggio di Natale sottolinea che, “oggi nella nostra città ci sono molte Maria, molti Giuseppe e molti Gesù che non hanno un posto dove passare la notte”. Nonostante le varie misure intraprese dalle autorità, la situazione migratoria è tuttora “grave”, affermano i vescovi: tanti migranti “arrivano ad Iquique e finiscono abbandonati al loro destino”, per strada, senza alcun “piano d’azione efficace e umanitario” da parte delle istituzioni cittadine.

Sradicare l’indifferenza     

Ciò che occorre, in particolare, è “sradicare l’indifferenza di fronte al dolore”, perché solo così sarà possibile “costruire una società che possa vivere in pace”, altrimenti “la freddezza dell’uomo nei confronti del prossimo genererà disordini sociali e violenze”. L’invito della Chiesa di Iquique, dunque, è a guardare a Gesù: con la sua nascita, infatti, è nata anche “una nuova dignità per ogni persona umana”, perché Egli, guardando tutti “con gli occhi dell’Amore, ha sconfitto l’indifferenza”. Ribadendo, poi, “il legittimo diritto di una persona ad emigrare dal proprio Paese”, i vescovi chiedono alle autorità di “creare urgentemente un rifugio per rispondere in modo dignitoso a questa crisi umanitaria che si aggrava di giorno in giorno”. In particolare, occorrono “servizi igienici, acqua, assistenza sanitaria di base”, anche nel pieno rispetto dei “trattati internazionali sulle migrazioni firmati dal Cile”.

La disperazione di una donna in Guatemala che ha perso suo figlio migrante in Messico

Appello alla speranza 

Ed al fenomeno migratorio guarda anche la Conferenza episcopale del Guatemala: da diverso tempo, il Paese è zona di transito delle carovane di migranti provenienti per lo più dall’Honduras e diretti negli Stati Uniti. Un avvenimento che non risparmia violenze, scontri e tensioni sociali. Per questo, i vescovi guatemaltechi dedicano il loro messaggio natalizio a tutti “i fratelli e le sorelle migranti che sono passati per il Guatemala” o che dal Guatemala sono partiti definitivamente. Augurando poi a tutti un Natale “contrassegnato dalla fede, dalla preghiera e dalla solidarietà, e un 2022 prospero, in uno spirito di unità, giustizia, pace e riconciliazione in Cristo”, i presuli lanciano “un appello alla speranza”, affinché la nascita del Figlio di Dio possa “illuminare il mondo”.

Portare la luce di Cristo tra gli “invisibili”

Rendere visibili gli invisibili della società, grazie alla luce di Cristo, è anche il senso del Natale indicato dalla Conferenza dei religiosi del Brasile (Crb) che, in un videomessaggio, esorta tutti i fedeli ad essere “missionari in uscita” nei confronti dei sofferenti. In particolare i religiosi si soffermano sui poveri, i disoccupati, coloro che hanno perso il senso della vita, ma anche sui popoli originari, spesso vittime di violenze e soprusi, e sui tanti morti a causa della pandemia da Covid-19. Insieme ad India e Stati Uniti, infatti, il Brasile è tra i Paesi al mondo più colpiti dal coronavirus, tanto che ad oggi si contano oltre 22 milioni di contagiati e più di 618mila deceduti.

Una donna chiede l’elemosina

Concretizzare un sogno

 “Il Natale ci chiama a concretizzare il sogno sociale, culturale, ecologico ed ecclesiale descritto da Papa Francesco nell’Esortazione apostolica post-sinodale “Querida Amazonia”, afferma la Crb, invitando ai fedeli ad avere cura anche del Creato, nostra casa comune. Ad accompagnare il videomessaggio ci sono iniziative concrete di solidarietà, quei piccoli gesti invocati dal Papa all’Angelus del 12 dicembre scorso e che aiutano a vivere pienamente il significato del Natale. Due, soprattutto, i progetti avviati per aiutare 850 famiglie bisognose che vivono nelle periferie di Brasilia: la distribuzione di corredini per neonati e l’allestimento di un “bazar solidale” per la raccolta di beni di prima necessità.

Gli anziani, dono di Dio per un mondo più umano

Anche i vescovi di Buenos Aires, in Argentina, si rivolgono ai fedeli tramite un videomessaggio, incentrato sul tema “Gesù è nato, la nostra speranza è rinata”. Al centro della loro riflessione, ci sono “i nonni, gli anziani, tutti coloro che ci guidano e ci insegnano la saggezza e che, in questi mesi di pandemia, sono rimasti soli”. “Voi siete il dono di Dio per noi – dicono i presuli alle persone della terza età – grazie per tutto quello che fate e per come trasmettete la fede ai vostri nipoti”. L’esortazione alle parrocchie locali, dunque, è ad avere “gli anziani ed i nonni sia come agenti protagonisti sia come destinatari dell’azione missionaria”, perché il loro contributo permetterà di nutrire “il sogno di vedere, nelle giovani generazioni, la realtà di un mondo più umano”.

Bambini e giovani, protagonisti del Natale

In Colombia, invece, le diocesi di Medellín e Girardota dedicano i loro messaggi natalizi ai bambini ed ai giovani, con l’obiettivo di “preparare il loro cuore alla nascita di Gesù”. Per l’occasione, entrambe le diocesi hanno preparato del materiale di riflessione, approfondimento e preghiera sul significato del Natale, offrendo anche alcuni suggerimenti concreti. Ad esempio: a Medellín, i più piccoli sono invitati a scrivere, insieme ai loro giovani catechisti, una letterina a Gesù Bambino non per chiedergli cose materiali, ma per dirgli come si stanno preparando ad accoglierlo nei loro cuori.

Un bambino in preghiera

Mettere i propri talenti al servizio del prossimo

“Per vivere veramente il Natale – si legge nel sussidio – bisogna essere bambini coraggiosi come i Magi che non hanno avuto paura di correre dei rischi per rendere il mondo un posto migliore”. “Il Natale è una festa di fede e di gioia, perché Dio, fattosi piccolo come un bambino, trova casa nei nostri cuori”, concludono i vescovi, esortando tutti i bambini ad “aiutarsi a vicenda, come fratelli e sorelle”. Tra le attività proposte dalla diocesi di Girardota, invece, c’è la riflessione sulla parabola dei talenti, narrata nel Vangelo di Matteo (25, 14-30). “Il Signore ha messo in ognuno di noi un talento che dovremmo mettere al servizio degli altri”, si legge nel sussidio. In quest’ottica, ogni bambino è invitato a mettere a frutto le proprie specifiche capacità – che sia il canto, il disegno, la recitazione – per donare gioia e conforto al prossimo.

Una Chiesa in uscita

È il senso missionario di una Chiesa in uscita, infine, il focus del messaggio natalizio dei vescovi del Venezuela. In particolare, il Dipartimento episcopale per le missioni, gli indigeni e gli afro-venezuelani, in collaborazione con le Pontificie Opere Missionarie del Paese, invita i fedeli a “camminare verso Betlemme per incontrare il Dio Bambino come Giuseppe, Maria, i pastori e i Magi d’Oriente, ossia offrendo l’impegno di vivere un Natale missionario, con un cuore che va incontro ai fratelli vicini e lontani che hanno bisogno di amore e conforto”. Nel periodo natalizio, continuano i vescovi, “siamo incoraggiati a tenere a mente i popoli del mondo e i missionari che danno la loro vita perché la vita in abbondanza di Gesù raggiunga tutti i confini della terra”.

Un missionario originario del Kenya con due bambini venezuelani

La testimonianza dei missionari

Dal Turkmenistan, dove l’evangelizzazione viaggia in macchina grazie ai passaggi che i missionari offrono alla popolazione, alla Papua Nuova Guinea, Paese in cui si vive la sfida dell’inculturazione della Parola di Dio, per arrivare all’India, dove la predicazione del Vangelo è offerta non tanto con le parole, quanto con la testimonianza: sono tanti i territori di missione ai quali pensa la Chiesa del Venezuela. Ed è sull’esempio di questi uomini e donne, laici e religiosi che i fedeli sono esortati a vivere il Natale concretamente, ad esempio portando conforto ad un malato, collaborando con la Caritas, recitando il Rosario o anche, semplicemente, pregando per la santificazione dei missionari.

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