Trent’anni fa l’omicidio per mano mafiosa di don Pino Puglisi a Palermo. La testimonianza al meeting di Antonio Balsamo, un magistrato antimafia amico del sacerdote di Brancaccio, che di fronte alla criminalità organizzata ha scelto l’azione educativa per spingere i giovani all’impegno sociale per il bene comune
Luca Collodi – Rimini
A trent’anni dall’omicidio mafioso di don Pino Puglisi, il Meeting di Rimini ha ripercorso ieri, lunedì 21 agosto, la testimonianza umana e sacerdotale del sacerdote di Brancaccio. Nei giorni scorsi, in una lettera indirizzata all’arcivescovo di Palermo, monsignor Corrado Lorefice, il Papa ne ha ricordato il trentennale della morte, il 15 settembre 1993, evidenziando l’impegno di don Puglisi al fianco degli ultimi e dei giovani del quartiere palermitano per strapparli alla delinquenza. Antonio Balsamo, magistrato antimafia, autore del libro “Mafia. Fare memoria per combatterla” (Vita e Pensiero editore), ha sottolineato come don Puglisi stabilisse un dialogo profondo con la gente “basato sull’amicizia e sulla fiducia reciproca”. Accompagnato da “un sorriso dalla portata umana rivoluzionaria”.
La forza della testimonianza
“Era capace, ha spiegato Balsamo, di praticare la teoria dell’empatia che consisteva nel mettersi pari a pari con i giovani con cui entrava in contatto, per capirli e capirsi in profondità, spingendoli a guardarsi dentro con il risultato di invitarli a spendersi per il bene comune della società”. Don Puglisi, continua Balsamo, viene colpito dalla mafia perchè si vuole spezzare il suo disegno, la sua volontà di risanamento morale e sociale della comunità civile”. Lo stesso lavoro, spiega il magistrato antimafia, fatto da Piersanti Mattarella e Salvatore Pappalardo che puntava a colpire alla base il consenso sociale alla mafia proprio nelle zone più “criminali” di Palermo.
Figure divenute simboli universali
“Abbiamo avuto la fortuna, prosegue il magistrato antimafia, di trovare in Italia e a Palermo, alcune persone che hanno segnato la storia della lotta alla criminalità organizzata a livello universale”. Figure come Falcone, Borsellino e Chinnici sono divenute simboli universali dell’impegno contro la mafia. “In un lungo periodo che ho trascorso lavorando alla rappresentanza italiana delle Nazioni Unite a Vienna – afferma Balsamo – mi sono reso conto di come molti Paesi, anche di altri continenti, guardassero a queste figure del nostro recente passato, come a dei grandi fattori di speranza per i loro territori di riferimento”. “Ecco – sottolinea il magistrato – fare memoria significa costruire sulla base della vita, degli ideali di queste persone, il futuro della lotta alla criminalità, della lotta per il diritto a livello mondiale”.
La lotta alla criminalità
“Dobbiamo sempre tenere presente – spiega ancora Balsamo – quanto diceva Rocco Chinnici: la mafia cambia incessantemente, rimanendo sempre se stessa”. “La dimensione imprenditoriale della criminalità è qualcosa che non risale al periodo più recente. E’ una dinamica che si avvia già negli anni ‘70 con la crescita a livello internazionale del traffico degli stupefacenti, che genera immensi profitti riciclati nell’economia legale e che successivamente costituisce oggetto di forte preoccupazione della comunità internazionale”. Non è un caso che nel 2020 sia stata approvata da parte dell’Onu una risoluzione chiamata la ‘Risoluzione Falcone’ in cui “per la prima volta il concetto di dimensione economica della criminalità, utilizzato dagli studiosi per descrivere l’evoluzione delle mafie a livello globale, diventa una nozione giuridica, un impegno della comunità internazionale che si traduce in una serie di strumenti”, da cui nascono determinate forme di cooperazione giudiziaria rafforzate, come “le squadre investigative comuni e l’analisi delle potenzialità offerte dalla tecnologia per venire incontro ad un cambiamento dei metodi operativi con la capacità di costruire contrasto ai patrimoni mafiosi.