Debora Donnini – Città del Vaticano
È un pomeriggio di inizio estate e in un luogo sperduto, precisamente sulla collina del Podbrdo, che sovrasta la frazione di Bijakovici – oggi in Bosnia ed Erzegovina – alcuni ragazzi iniziano a vedere una figura femminile luminosa che identificano con la Vergine Maria. È il 24 giugno del 1981. Da allora, in questi 40 anni, si dipana la storia di Medjugorje, in una terra povera, allora dominata dal regime comunista. I sei ragazzi, a quel tempo giovanissimi, parlano delle apparizioni di Maria che si presenterebbe come “Regina della Pace”. Il messaggio è fondamentalmente un invito alla riconciliazione e alla conversione.
Con il passare del tempo, questa sperduta località dei Balcani diventa vorticosamente sempre più nota nel mondo, con milioni di pellegrini che ogni anno vi si recano. Con lunghe file di persone per confessarsi e affollate adorazioni eucaristiche. Tante le storie di conversione che interessano anche persone famose, ad esempio del mondo dello spettacolo o dello sport. Quarant’anni, dunque, segnati da pellegrinaggi, messaggi, conversioni, riavvicinamento ai Sacramenti, stupore e anche interrogativi. E non può sfuggire allo sguardo che a Medjugorje inizi per alcuni, e riprenda per altri, una storia di fede con frutti che si sono manifestati nel cambiamento di vita, anche di lontani.
La Commissione d’inchiesta
Per fare chiarezza, nel 2010 Benedetto XVI volle una Commissione internazionale d’inchiesta all’interno della Congregazione per la Dottrina della Fede, composta da 17 tra cardinali, vescovi, teologi ed esperti, sotto la presidenza del cardinale Camillo Ruini. I lavori durarono quattro anni alla fine dei quali una relazione conclusiva, mai pubblicata ufficialmente, fu consegnata a Papa Francesco.
In merito a Medjugorje, rispondendo a una domanda, sul volo di ritorno da Fatima nel maggio del 2017, il Papa ha ricordato che “tutte le apparizioni o le presunte apparizioni appartengono alla sfera privata, non sono parte del Magistero pubblico ordinario della Chiesa”. Ha rammentato anche il lavoro della Commissione d’inchiesta distinguendo tre aspetti. “Sulle prime apparizioni, quando [i “veggenti”] erano ragazzi, il rapporto più o meno dice che si deve continuare a investigare. Circa le presunte apparizioni attuali, il rapporto ha i suoi dubbi” e “terzo – disse – il nocciolo vero e proprio del rapporto-Ruini: il fatto spirituale, il fatto pastorale, gente che va lì e si converte, gente che incontra Dio, che cambia vita… Per questo non c’è una bacchetta magica, e questo fatto spirituale-pastorale non si può negare”.
La cura dei pellegrini
Forte è, poi, l’attenzione per la pietà popolare spesso manifestata dal Papa. Nel 2018 Francesco ha nominato l’arcivescovo polacco Henryk Hoser, Visitatore Apostolico a carattere speciale per la parrocchia di Medjugorje: un incarico esclusivamente pastorale, in continuità con la missione di Inviato Speciale della Santa Sede per la parrocchia di Medjugorje, affidata a sempre a monsignor Hoser l’anno precedente e conclusa. “La missione del Visitatore Apostolico – spiegava la Sala Stampa vaticana – ha la finalità di assicurare un accompagnamento stabile e continuo della comunità parrocchiale di Medjugorje e dei fedeli che vi si recano in pellegrinaggio, le cui esigenze richiedono una peculiare attenzione”.
Un segno di attenzione, ancora, l’anno successivo, nel 2019, quando Papa Francesco decide di autorizzare i pellegrinaggi a Medjugorje, che possono da quel momento in poi essere ufficialmente organizzati dalle diocesi e dalle parrocchie e non avverranno più soltanto in forma “privataˮ, come era prima.