Medio Oriente. Gallant: “Israele non vuole la guerra in Libano”

Vatican News

Resta tesa la situazione tra Hezbollah e israeliani, con questi ultimi che affermano, per voce del ministro della Difesa del governo Netanyahu, di non cercare il conflitto, pur restando il Paese pronto “a ogni eventualità”. Sull’ipotesi di arrivare ad uno scontro totale mettono in guardia anche le Nazioni Unite, che definiscono questa possibilità “un’apocalisse”

Roberta Barbi – Città del Vaticano

Non accenna a calare la tensione al confine tra Israele e Libano: ieri pomeriggio altri quattro razzi sono stati lanciati verso la cittadina di Metulla, nel nord israeliano, uno dei quali avrebbe colpito una casa. Dall’altra parte, si registra un attacco aereo degli israeliani sulla città del sud libanese di Nabatieh, dove sarebbe stato colpito un edificio e ci sarebbero vittime. La preoccupazione per un possibile allargamento del conflitto arriva in Europa: Germania e Olanda hanno chiesto ai propri cittadini di non recarsi in Libano e lanciato un appello a quanti risiedono stabilmente nel Paese affinché facciano ritorno finché saranno disponibili voli commerciali.

Proteste in Israele contro la guerra

Mentre in Israele, ieri, centinaia di persone sono scese in strada in diverse città per chiedere la fine della guerra e il ritorno a casa degli ostaggi – la protesta più grande si è svolta in serata a Tel Aviv – il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant, in visita negli Stati Uniti, ha dichiarato che Israele non vuole una guerra in Libano, che cerca una soluzione diplomatica, ma anche che si sta preparando a ogni eventualità. “Se la diplomazia fallisse e la guerra dovesse iniziare – sono state le sue parole –  Hezbollah sa che possiamo infliggere pesanti danni al Libano”.

La situazione nella Striscia di Gaza

Sul futuro della Striscia di Gaza, inoltre, il consigliere per la Sicurezza nazionale israeliano Tzachi Hanegbi ha annunciato per i prossimi giorni la presentazione del piano di Israele, che dovrebbe prevedere un governo palestinese disposto alla convivenza con Israele e sostenuto dai Paesi arabi moderati, spiegando che non potendo “sbarazzarci di Hamas come idea, abbiamo bisogno di un’idea alternativa”. A questa ipotesi, il gruppo islamista ha reagito indicando che “il destino del popolo palestinese e il futuro della Striscia di Gaza saranno decisi dallo stesso popolo palestinese e da nessun altro”. Quanto a Gaza, la situazione umanitaria si fa sempre più difficile, secondo quanto riferito dall’Onu, che ha annunciato la volontà di non volersi ritirare, ma di voler “trovare lo spazio per operare nelle minime condizioni richieste”.