Il presidente della Repubblica italiana ha voluto ricordare il 25 aprile dal cuneese, dove l’elenco delle località colpite dalle rappresaglie nazifasciste “compone una dolorosa litania e suona come preghiera”. Nel suo discorso, la dura critica ai falsi miti “del capo, della violenza e della guerra”. E da Boves, prima città martire della Resistenza, la testimonianza di Umberto Bovani: nel nostro santuario di Sant’Antonio trovò rifugio anche Sandro Pertini
Antonella Palermo – Città del Vaticano
La genesi della Resistenza, il suo contributo alla crescita della democrazia in Italia, alla consapevolezza dei valori della libertà: è il cuore del discorso del presidente della Repubblica italiana Sergio Mattarella, che ha voluto onorare l’anniversario della liberazione dal nazi-fascismo a Cuneo.
Dove e come saremmo se fascismo e nazismo fossero prevalsi?
“Se volete andare in pellegrinaggio, nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati, dovunque è morto un italiano, per riscattare la libertà e la dignità: andate lì, o giovani, col pensiero, perché lì è nata la nostra Costituzione”. Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, da Cuneo – terra dei dodicimila partigiani, dei duemila caduti in combattimento e delle duemilaseicento vittime delle stragi nazifasciste – cita Piero Calamandrei, che rivolge queste parole a un gruppo di giovani studenti, a Milano, nel 1955. E, ancora, il capo dello Stato sottolinea quanto fossero “ingannevoli” le parole d’ordine del fascismo: “il mito del capo; un patriottismo contrapposto al patriottismo degli altri in spregio ai valori universali che animavano, invece, il Risorgimento dei moti europei dell’800; il mito della violenza e della guerra; il mito dell’Italia dominatrice e delle avventure imperiali nel Corno d’Africa e nei Balcani. Combattere non per difendere la propria gente ma per aggredire. Non per la causa della libertà ma per togliere libertà ad altri”.
La Resistenza fu rivolta morale di patrioti contro il fascismo
E precisa cosa fu la Resistenza: “anzitutto rivolta morale di patrioti contro il fascismo per affermare il riscatto nazionale. Un moto di popolo che coinvolse la vecchia generazione degli antifascisti”. Fu un moto che mobilitò gli operai delle fabbriche, coinvolse i contadini e i montanari che, per la loro solidarietà con i partigiani combattenti, subirono le più dure rappresaglie (nel Cuneese quasi 5.000 i patrioti e oltre 4.000 i benemeriti della Resistenza riconosciuti). L’elenco delle località colpite nel Cuneese, afferma Mattarella, compone una dolorosa litania e suona come preghiera. Alla memoria delle vittime e alle sofferenze degli abitanti la Repubblica oggi si inchina.
Dalla Resistenza è nata una democrazia forte e matura
È dalla Resistenza, spiega ancora Mattarella, che viene la spinta a compiere scelte definitive per la stabilità delle libertà del popolo italiano e del sistema democratico, “rigettando le ambiguità che avevano consentito lo stravolgimento dello Statuto albertino operato con il fascismo”. E poi aggiunge che il frutto del 25 aprile è la Costituzione. “È nata così una democrazia forte e matura nelle sue istituzioni e nella sua società civile – dichiara – che ha permesso agli italiani di raggiungere risultati prima inimmaginabili”. Il capo dello Stato mette in rilievo come dall’ossessione del nemico si passasse alla ricerca dell’amico, della cooperazione. Questa l’eredità da salvaguardare.
Chi onora la Resistenza
Sulla scia di quei “visionari” che, nel pieno della tragedia della guerra e tra le macerie, disegnavano la nuova Italia di diritti e di solidarietà, Mattarella sottolinea quanti onorano la Resistenza e l’Italia che da essa è nata: chi favorisce la coesione sociale, i medici e gli operatori sanitari che ogni giorno non si risparmiano per difendere la salute di tutti, chi rende competitiva e solida l’economia italiana, quanti non si sottraggono a concorrere alle spese pubbliche secondo la propria capacità contributiva, il volontariato, i giovani che si impegnano per la difesa dell’ambiente, tutti coloro che adempiono, con coscienza, al proprio dovere pensando al futuro delle nuove generazioni.
Borgo San Dalmazzo, dove gli ebrei furono consegnati alla morte
Il programma del capo del Quirinale prevede la tappa al Memoriale della Deportazione di Borgo San Dalmazzo, dove il binario alla stazione ferroviaria è richiamo quotidiano alla tragedia della Shoah. Mattarella ricorda che Cuneo, dopo Roma e Trieste, è la terza provincia italiana per numero di deportati nei campi di sterminio in ragione dell’origine ebraica: “profughi alla ricerca di salvezza, della vita per sé e le proprie famiglie, in fuga dalla persecuzione, dalla guerra, consegnati alla morte per il servilismo della collaborazione assicurata ai nazisti”.
Boves: prima città martire della Resistenza
Nel pomeriggio del 25 aprile Mattarella è a Boves, prima città martire della Resistenza, Medaglia d’oro al Valor militare e Medaglia d’oro al Valor Civile. Lì si scatenò quella che fu la prima strage operata dai nazisti in Italia. Una strage che colpì la popolazione inerme e coloro che avevano tentato di evitarla: Antonio Vassallo, don Giuseppe Bernardi, ai quali è stata tributata dalla Repubblica la Medaglia d’oro al Valor civile; don Mario Ghibaudo. “I due sacerdoti, recentemente proclamati beati dalla Chiesa cattolica, testimoni di fede che – ricorda – non vollero abbandonare il popolo loro affidato, restarono accanto alla loro gente in pericolo”.
A Vatican News, ricorda le loro figure anche Umberto Bovani, che vive a Boves, dove con sua moglie Grazia ha ideato il Centro di Spiritualità domestica nel Santuario di Sant’Antonio:
Bovani spiega che nel piazzale antistante il santuario c’è una statua di Sant’Antonio che, si può dire, “fu la prima vittima dell’eccidio del 9 settembre 1943. I nazifascisti – racconta – tirarono una bordata contro il santuario che colpì la statua, la quale fu mutilata di un braccio. È attualmente conservata qui, segno dell’intreccio di una storia civile e religiosa a difesa della libertà. Perché il buon don Bernardi, beatificato da pochi mesi, lui e il vice parroco furono vittime di quel tragico episodio e mi sembra interessante che loro, così come i cittadini di Boves, sono stati tra i primi a reagire in modo significativo sacrificando la loro stessa vita”.
Anche Pertini fu rifugiato al santuario di Sant’Antonio a Boves
“Ciò dimostra che una parte del mondo cattolico del tempo – continua Bovani – era decisamente schierato dalla parte della popolazione, contro quello che stava succedendo in Italia. Alcuni testimoni civili non hanno avuto nessun dubbio, già all’inizio di quella che sarebbe stata la guerra civile, a difesa dei valori della democrazia contro l’occupazione fascista”. E a Bovani viene poi alla mente di quel giorno – erano gli inizi delle attività al santuario ceduto in comodato d’uso alla sua famiglia – quando casualmente, attraverso una suora orsolina di Roma che andò là a dare una mano, appresero che perfino Sandro Pertini, di cui lei era molto amica, fu rifugiato in questo luogo, qui avrebbe trovato salvezza da partigiano clandestino. “Anche questo episodio, fuori da ogni storiografia, dice di una memoria civile e religiosa intrecciata”.
I giovani e l’educazione alla pace
Con Bovani, per quarant’anni insegnante in un liceo cuneese, la conversazione vira sui giovani: “Non sono sufficientemente informati perché la storia contemporanea purtroppo, lo sottolineo, non si riesce a insegnare a dovere, ancora oggi i programmi sono limitati al primo Novecento. Però i ragazzi in realtà, se noi adulti narriamo a loro quello che è avvenuto, con coraggio e audacia, sono estremamente attenti a capire da dove veniamo. Il problema – spiega – è che tra poco i testimoni diretti non ci saranno più e quindi, a maggior ragione, dobbiamo farlo”. E conclude accennando a quella Scuola di Pace a cui lo stesso Mattarella ha fatto riferimento nel suo discorso di oggi, “fortissimamente voluta dall’Amministrazione comunale quasi quarant’anni or sono” e da cui, dice il capo dello Stato, “vengono segni di un futuro ricco di speranza”. “È una delle Scuole di pace più significative in Italia – osserva Bovani – sempre molto operante in Boves e che ha visto passare di qua personaggi molto preziosi. È significativa del fatto che la pace la si costruisce ogni giorno nel presente, stando dentro le situazioni, nella logica di ciò che è successo e cercando di fare in modo che tragici fatti del genere non accadano più”.