Adriana Masotti – Città del Vaticano
Sarà un’edizione speciale quella della Marcia Perugia-Assisi per la pace e la fraternità che si svolgerà il 10 ottobre prossimo. Con uno sguardo al percorso compiuto in 60 anni e con la mente e il cuore proiettati nei progetti futuri. Quella vissuta dagli ideatori dell’iniziativa, a cui man mano si sono aggregati sempre più numerosi singoli cittadini, gruppi, associazioni, diocesi, scuole, enti locali e sindacati, è una lunga storia d’impegno per la pace e i diritti umani, fatta da donne e uomini che in questo obiettivo hanno creduto. Nella conferenza stampa che si è tenuta oggi a Perugia si è ricordato l’inizio del cammino, il 24 settembre 1961, grazie al perugino Aldo Capitini, filosofo, politico, antifascista, poeta ed educatore, tra i primi in Italia a raccogliere e teorizzare il pensiero nonviolento gandhiano, e si è presentata l’edizione di quest’anno che ha come titolo “I Care”. Nell’incontro è stato illustrato il dispositivo predisposto sul sito web della Marcia per una scrittura collettiva della storia dei 60 anni della manifestazione; il programma della Settimana della Pace che avrà inizio con la festa di San Francesco d’Assisi il 4 ottobre e, infine, la campagna avviata per chiedere che la Marcia venga riconosciuta dall’Onu “Patrimonio dell’Umanità”.
Lotti: occorre sviluppare una cultura e una politica della cura
Su tutti questi temi abbiamo sentito Flavio Lotti, coordinatore dell’evento e memoria storica della Perugia-Assisi.
Flavio Lotti, prima di parlare della Marcia di quest’anno, può dirci qualcosa, in sintesi, su che cosa ha rappresentato questa iniziativa di cui ricorrono proprio oggi i 60 anni…
La Marcia Perugia-Assisi è un evento unico al mondo, è una straordinaria iniziativa ideata da un professore ispirato da Gandhi e da San Francesco sul finire degli anni ’50 nel mezzo di una Guerra fredda che diventava sempre più incandescente e, col passare degli anni, è stata capace di mobilitare, di smuovere centinaia di migliaia di persone provenienti dall’Italia e da tante altre parti del mondo. Un’iniziativa che in qualche modo ha saputo essere contagiosa e che ha saputo ispirare e coinvolgere tantissimi giovani, amministratori locali, rappresentanti di associazioni, gruppi, volontari, parrocchie e scuole.
Una novità in questo anniversario è l’avvio della campagna per il riconoscimento da parte dell’Onu della Marcia come “Patrimonio dell’umanità”: non è una cosa da poco…
Sì, noi siamo convinti che questa storia sia una storia da preservare e da valorizzare e per questo abbiamo pensato di chiedere alle Nazioni Unite, e in particolare all’Unesco, di riconoscere la Perugia-Assisi come patrimonio immateriale dell’umanità. La Marcia in qualche modo lo è già perché ha ritrovato la sua funzione nel promuovere i valori fondamentali delle Nazioni Unite, la pace, la giustizia, la solidarietà, la cooperazione internazionale, la lotta contro tutte le peggiori pandemie del mondo. Ecco, noi chiediamo ai governi di riconoscere questo cammino come un cammino utile per il progresso dell’umanità. Per questo abbiamo pensato di coinvolgere tutti coloro che negli anni hanno preso parte all’iniziativa proponendo loro di raccontare questa storia e di mettere una firma, affinché anche questa candidatura sia una candidatura di popolo, così come lo è la Marcia.
Tema di quest’anno è “I Care”: io mi prendo cura – don Milani diceva: “Mi interessa, mi assumo la responsabilità” -. Questo “I Care” è un impegno condiviso da tanti oggi, tante associazioni, movimenti ecc… Forse anche la pandemia ha sollecitato tutti a questo. Prendersi cura degli altri: come viene declinato, inteso, da chi promuove e partecipa alla Perugia-Assisi?
La cura è l’elemento essenziale della vita. Noi abbiamo bisogno di cure sin dal momento in cui veniamo al mondo, con questa Marcia Perugia-Assisi, noi vogliamo sollecitare tutti ad accrescere il proprio impegno di cura degli altri, del pianeta e del mondo che abitiamo perché le grandi sfide che ci attendono, in maniera particolare nei prossimi 10 anni, potranno essere affrontate solo attraverso lo sviluppo di una cultura e di una politica della cura. Ecco, abbiamo bisogno di fare in modo che il “prendersi cura” sostituisca l’individualismo, la competizione e l’egoismo che oggi dividono i popoli e l’umanità. Abbiamo sentito il segretario generale dell’Onu, qualche giorno fa, lanciare un grande allarme perché il mondo è sempre più diviso. Non riusciremo a rendere questo pianeta più sicuro e la nostra vita migliore se non sviluppando la nostra capacità di cura in tutti i modi e a tutti i livelli, cominciando dalla vita quotidiana, dalle persone che ci stanno più vicine, dall’ambiente in cui viviamo, dalle comunità di cui facciamo parte per arrivare fino ai confini dell’Europa e della Terra, perché ormai siamo parte di un’unica famiglia che è la famiglia umana.
E questo è un impegno collettivo e individuale nello stesso tempo…
Assolutamente sì, la cura è il nuovo nome della pace ed è quel fare pace che è alla portata di tutti noi prendendoci cura degli altri. La cura è un modo concreto per costruire la pace anche nelle relazioni tra le persone. Se ci prendiamo cura gli uni degli altri certamente regaliamo un po’ di pace e anche ne conquistiamo perché una delle cose più belle della cura è che non è soltanto un dare, ma è sempre un dare e un ricevere, la cura fa bene a chi la riceve, ma fa anche un gran bene a chi l’ha dà.
Il 4 ottobre inizia, è stato detto in conferenza stampa, la Settimana della Pace che precede la Marcia. Che cosa prevede questa settimana?
È una settimana che inizia con la festa di San Francesco e con la celebrazione di questa giornata noi inviteremo tutte le scuole a rivolgere lo sguardo verso San Francesco, in maniera particolare ai primi anni della sua esperienza, quelli che l’hanno portato poi alla conversione, perché Francesco all’età di 20 anni ha vissuto un tempo molto simile a quello che abbiamo vissuto anche noi, quello della chiusura, del lockdown, quello della crisi e della malattia e poi quello della ripartenza. Attraverso la rilettura di quella storia, inviteremo tutti a riflettere sul cambiamento che ci viene richiesto oggi per affrontare le sfide che stanno davanti a noi. Poi, nel resto della settimana ci saranno diverse iniziative in tantissime città e in tantissime scuole. A Parma, ad esempio, mercoledì 6 ottobre faremo un convegno nazionale dedicato alla cultura della pace e poi un laboratorio sul futuro con oltre mille studenti e una maratona contro tutte le guerre. Ci sarà l’inaugurazione del Decennio della cura, la celebrazione dei 60 anni della Perugia-Assisi, insomma, una settimana intensa in cui cerchiamo di sollecitare tutti a rimettere la pace al centro del proprio impegno quotidiano.
Con la speranza che questo impegno abbia poi anche un effetto sui conflitti che ancora imperversano nel mondo…
Noi abbiamo bisogno di prenderci cura di tutti cominciando da quelli più esposti alle conseguenze dell’orrore e del male che continua ad attraversare il mondo. Ricordo Papa Francesco, lui ci ripete che questo è un mondo immerso nella terza guerra mondiale, una guerra a pezzi, in cui tutti gli abitanti della Terra si trovano spesso in condizioni di grande difficoltà. Il cambiamento non lo possiamo soltanto invocare rivolgendosi ai governi, ma lo dobbiamo anche cercare di realizzare partendo da ciascuno di noi. Ecco, questa alla fine è la cosa concreta che possiamo fare in un tempo in cui, purtroppo, la politica sembra scomparsa, sembra incapace di dare le risposte che davvero l’umanità sta attendendo.