Debora Donnini – Città del Vaticano
C’è un’emergenza cruciale in Italia e ha un nome: denatalità. La pandemia l’ha aggravata ma già imperversava: le nascite in Italia continuano a calare e relativamente all’anno scorso, il 2020, il tasso di fecondità è sceso ulteriormente a 1,24 figli per donna. In una parola: non si garantisce il ricambio generazionale che avrebbe bisogno di un 2,1%. Anche se si volessero prendere in considerazione solo i dati economici, è troppo basso per il sistema-Paese. Ma andrebbe anche rilevata la gioia che si sperimenta nella donazione di una nuova vita che apre orizzonti di eternità.
La questione natalità
Citati nel Rapporto di Save the Children, sono gli stessi dati statistici – dell’Istat, dell’Inps, di Eurostat e altri – a fotografare un’Italia dove la maternità viene ritardata o a cui spesso si rinuncia. E sono sotto gli occhi di tutti le varie difficoltà che contribuiscono a questo inverno demografico, come lo stesso Papa Francesco l’ha più volte definito. Dal report dell’Istat sugli indicatori demografici 2020, reso noto qualche giorno fa, le nascite risultano pari a 404mila mentre i decessi raggiungono il livello eccezionale di 746mila. Ne consegue una dinamica naturale – nascite/decessi – negativa nella misura di 342mila unità: in sostanza, 7 neonati e 13 decessi per mille abitanti.
Le Equilibriste
Lo snodo della natalità, della possibilità di crescita del Paese e di sostenibilità di welfare e pensioni, passa inevitabilmente per un altro grande tema dei giorni nostri: quello delle madri e del sostegno imprescindibile per invertire la rotta. Il titolo del rapporto di Save the Children “Le Equilibriste: la maternità in Italia 2021” fotografa già solo con la parola “equilibriste” la condizione delle mamme italiane, che sono poco più di 6 milioni su una popolazione in calo, di 59 milioni e 259mila. Poche mamme, che fanno sempre meno figli e hanno il primo figlio sempre più tardi – in Italia il triste il primato delle più anziane d’Europa alla nascita del primo figlio con 32,2 anni contro una media di mamme in UE di 29,4 – e che, come emerge dai dati, sono effettivamente poco sostenute.
Le difficoltà
Basti pensare che nell’anno del Covid, in Italia su 249 mila donne che nel corso del 2020 hanno perso il lavoro, ben 96 mila sono mamme con figli minori e, tra queste, 4 su 5 hanno figli con meno di 5 anni. Una maternità ritardata o non praticata, per l’Organizzazione, “spesso a causa dell’impossibilità di conciliare vita familiare e lavorativa”. Ma non è solo questo. L’impatto della pandemia ha complicato le cose. Tra lavoro, cura dei figli piccoli e didattica a distanza, l’impegno si è moltiplicato, senza contare la dose di stress tanto che nel rapporto si parla proprio di “stress da conciliazione” che, in particolare, “è stato massimo tra i genitori che non hanno potuto lavorare da casa, né fruire dei servizi (formali o informali) per la cura dei figli: si tratta di 853 mila nuclei con figli 0-14enni”. “Le mamme in Italia hanno pagato e continuano a pagare un tributo altissimo a queste emergenze” mette in luce Antonella Inverno, responsabile Politiche per l’infanzia di Save the Children, ricordando la situazione vissuta con “i bambini a casa, il crollo improvviso del welfare familiare, dovuto alla necessità di proteggere i nonni dal contagio, il carico di cura” e altro. “Le misure per creare un ambiente più favorevole alle mamme possono essere molte e coinvolgere diversi settori dell’intervento pubblico, su vari livelli di governo – spiega l’Organizzazione nel suo Rapporto – ma devono seguire una politica organica per essere realmente efficaci”.
Sostegno per i figli
Lo sguardo viene anche allargato ai provvedimenti presi dal governo in tempo di pandemia e alla strada futura da percorrere. I decreti Cura Italia e Rilancio (e successivamente il DL 30/2021) sono andati a sostegno dei genitori lavoratori essenzialmente con l’introduzione di due misure: un congedo parentale straordinario e un bonus baby-sitter. Per il congedo straordinario, le donne che hanno fatto richiesta sono state quasi 4 su 5, il 78% dei richiedenti. A breve, si nota ancora, nel nostro Paese verrà introdotto l’assegno unico e universale approvato con legge delega il 30 marzo scorso, una misura di sostegno economico per i figli a carico che rappresenta il primo pilastro della più ampia riforma disegnata con il Family Act. “Una grande occasione – nota l’Organizzazione – per imprimere una spinta decisiva alle politiche a sostegno dei bambini e dei genitori, rispetto alla quale dobbiamo scongiurare il rischio che scoraggi l’occupazione femminile. Per questo sarebbe necessario introdurre anche una maggiorazione per il secondo reddito, che si applicherebbe a circa 4 milioni di famiglie dove entrambi i genitori lavorano”.
Al Nord le regioni più mother friendly
Il Rapporto, giunto alla sesta edizione, include come ogni anno, l’Indice delle Madri che, elaborato dall’Istat per Save the Children, identifica le Regioni in base al loro impegno sul fronte maternità. Valutando la condizione delle madri in tre diverse aree: quella della cura, del lavoro e dei servizi. Anche quest’anno, sono le regioni del Nord ad essere più mother friendly. Le Province Autonome di Bolzano e Trento seguite da Valle d’Aosta ed Emilia-Romagna, le più virtuose, mentre fanalino di coda sono Campania, Calabria, Sicilia e Basilicata.
Proprio sul tema dei figli, venerdì prossimo il Papa aprirà gli Stati generali della natalità, organizzati dal Forum delle Associazioni Familiari. Interverrà anche il presidente del Consiglio, Mario Draghi. Si svolgeranno prevalentemente on line. Il presidente dell’Istat, Gian Carlo Blangiardo, presenterà dati inediti e proiezioni sulla natalità in Italia nei prossimi decenni. Tre i tavoli tematici: uno dedicato al mondo delle imprese, uno alle banche e alle assicurazioni, uno al mondo dei media, sport e spettacolo. Un segno dell’attenzione crescente per affrontare una realtà, quella della natalità, che non si può più procrastinare.