Hélène Destombes – Città del Vaticano
Padre Léon Dougnon, parroco di Ségué, nella diocesi di Mopti, situata nel Mali centrale, è stato rapito il 21 giugno scorso, insieme con quattro fedeli, mentre si recava al funerale di padre Oscar Théra, nella diocesi di San. Questi ultimi sono stati rilasciati pochi giorni dopo il sequestro, ma la sorte di padre Dougnon è rimasta per giorni incerta. I rapimenti sono all’ordine del giorno nel Paese africano, che da anni è in preda a una profonda insicurezza, in particolare nel centro, uno dei focolai della violenza jihadista, intercomunitaria e criminale, che sta causando spargimenti di sangue in questa parte del Sahel. Padre Fernand Koulibaly, coordinatore dei media della Conferenza Episcopale del Mali, che è attualmente in viaggio in Burkina Faso, ha parlato con padre Dougnon subito dopo il suo rilascio, confermando la sua gioia per l’esito positivo della vicenda.
Padre Koulibaly che cosa le ha detto padre Dougnon appena liberato?
Ho potuto comunicare direttamente con padre Léon Dougnon. Si trovava in una parrocchia della diocesi di Mopti ed era ancora in uno stato di forte emozione. Le sue prime parole sono state: “Vi ringrazio per le vostre preghiere e benedizioni”. Devo ammettere che quando abbiamo sentito la notizia, non ho visto nessuno che non abbia espresso gioia e ringraziamento al Signore per questa liberazione. Dall’annuncio di questa notizia, molte persone hanno chiesto la celebrazione di messe di ringraziamento. Questo è il mio caso. Appena ho sentito la notizia, ho celebrato una messa e mi sono ritirato in preghiera. Purtroppo il numero di rapimenti in Mali è aumentato di recente.
La situazione nel Paese sta diventando sempre più preoccupante?
Sì, perché il rapimento di padre Léon non è il primo. Quattro anni fa è stata rapita suor Gloria. I sequestri di persona non si sono fermati in Mali e anche in Burkina Faso. È preoccupante per noi. Non sappiamo quale gruppo ci sia all’origine di queste azioni, quali siano le loro motivazioni. Ci chiediamo perché gli obiettivi siano suore, perché i preti. La Chiesa è presente, sostenuta da tutti e apprezzata. La sua azione sociale in Mali è enorme. Predichiamo l’amore che dobbiamo avere gli uni per gli altri. Lavoriamo nel senso dell’enciclica “Fratelli tutti”, affinché tra cristiani e musulmani ci sia concordia. La Chiesa maliana promuove questi valori da quando è presente nel Paese. Ma si sta cercando di rompere l’armonia sociale che esiste tra noi. Oggi, sempre più persone sono sospettose l’una dell’altra. Questo non è normale.