Chiesa Cattolica – Italiana

Madagascar ancora in ginocchio, ad una settimana dal ciclone Batsirai

Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano

Le stime governative di 600 mila persone colpite in diversi modi dal ciclone Batsirai, che si è abbattuto il 5 febbraio nel sud-est del Madagascar, e dalla tempesta Ana una settimana prima, e quella di 150 mila sfollati, rischiano di essere persino ottimistiche. L’ultimo bollettino che riguarda solo i danni di Batsirai, a nove giorni dall’ultimo disastroso ciclone che ha colpito la grande isola africana, parla di 121 vittime, 140 mila persone danneggiate e più di 27 mila sfollati. I centri di accoglienza ancora attivi sono 74, perchè le case distrutte dalla furia del vento e dell’acqua sono più di 8 mila.

Ancora 74 centri di accoglienza attivi, 8 mila case distrutte

Dati che ci riporta al telefono da Manakara, uno dei distretti più colpiti, Martina Azzalea, responsabile dell’ufficio del Programma Alimentare Mondiale (Pam-Wfp) della zona. L’operatrice dell’agenzia umanitaria delle Nazioni Unite, premio Nobel per la Pace 2020, è testimone oculare della violenza di Batsirai, che ha vissuto in una camera d’albergo a Manakara, dopo aver lasciato la sua casa sulla costa di Mananjary, dove le autorità prevedevano uno tsunami “con onde alte anche 12 metri”.

Ascolta la testimonianza di Martina Azzalea (Pam-Wfp)

Venti a 165 km orari di media, raffiche a 230

In effetti il ciclone ha toccato terra proprio in quel distretto, nel sud est del Madagascar, “con venti che viaggiavano ad una media di 165 km orari e raffiche di 230 – racconta Azzalea – per poi uscire sulla costa ovest”. Mananjary è stata fortemente colpita, “mentre Manakara, città dove mi trovo ora, ha riportato danni minori”. “Le campagne che circondano i centri urbani – prosegue l’operatrice umanitaria italiana – sono ancora in parte invase dall’acqua e alcuni comuni sono ancora irraggiungibili. È il caso di Ikungu, nel distretto di Manakara, dove vi sono stati più di 80 morti, anche a causa delle frane che hanno distrutto il villaggio. A oggi l’unico mezzo col quale raggiungere questa località è l’elicottero”.

La forza del vento a Mananjary, nel sud est del Madagascar

Le risaie, invase dall’acqua marina, sono inutilizzabili

Le risaie, principale fonte di sostentamento per la gente del Madagascar, spiega ancora Martina Azzalea, “sono state invase dall’acqua del mare, impedendone l’utilizzo. Le coltivazioni di garofano e di alberi da frutto sono state fortemente danneggiate dal vento. I prezzi del riso e di altre derrate alimentari sono aumentati, rendendo ancora più vulnerabile chi ha perso tutto”. Il governo e il Pam-Wfp stimano che solo nel sud-est e nel grande sud del Madagascar le persone in stato di insicurezza alimentare siano circa 1 milione 640 mila.

La distribuzione di pasti caldi a Manakara, a cura del Pam

Nei magazzini del Pam, 50 tonnellate di viveri

Purtroppo si tratta di eventi estremi che sono tipici della stagione dei cicloni. Per quella in corso, iniziata ad ottobre 2021 e che terminerà a maggio 2022, si prevedono dagli 8 ai 12 “sistemi tropicali”. Anche per questo, ricorda Azzalea, in previsione dell’arrivo del ciclone, il Programma alimentare mondiale aveva pre-posizionato circa 50 tonnellate di viveri nei magazzini della costa est, per poter assistere la popolazione colpita (in emergenza sono stati forniti pasti a 10 mila persone), nonostante la prevedibile interruzione delle comunicazioni e delle strade nazionali.

I voli del Servizio aereo umanitario dell’Onu

In questo momento il Pam continua sia a distribuire viveri sia a Manakara che a Tamatave (le due principali città della costa orientale), sia a supportare le persone colpite dal ciclone attraverso programmi di aiuto economico. Il Servizio aereo umanitario delle Nazioni Unite (Unhas) ha iniziato i voli per aiutare a condurre valutazioni aeree in grado di mappare i bisogni più urgenti e spostare cibo, personale umanitario e altri beni di prima necessità.

Aereo dell’Onu in volo sul Madagascar

Nuove pratiche agricole, per rispondere al clima che cambia

Come interventi oltre l’emergenza, Il Pam-Wfp in Madagascar aiuta le comunità a sviluppare capacità di resilienza in modo che possano resistere meglio agli shock e garantire il proprio sviluppo. Anche se i frequenti eventi estremi climatici stanno portando la fame ed erodendo lo sviluppo. Il Pam sta lavorando con le famiglie di agricoltori per promuovere pratiche agricole sostenibili e adattarsi al cambiamento climatico, rendendole più resilienti. I primi dati hanno dimostrato che queste comunità hanno avuto un aumento dei raccolti e una migliore capacità di resistere ai disastri. Altre attività includono il miglioramento della gestione delle risorse naturali, la conservazione del suolo e dell’acqua e la consulenza climatica per i piccoli agricoltori. Il Pam promuove anche strumenti finanziari come l’assicurazione e il risparmio per assicurare che le famiglie abbiano una maggiore capacità di assorbire i rischi. L’agenzia umanitaria delle Nazioni Unite, infine, sostiene l’Ufficio nazionale di gestione del rischio di catastrofi, ente governativo che coordina le operazioni di risposta.

Azzalea (Pam): io nell’occhio del ciclone

Chiediamo a Martina Azzalea cosa ha provato a trovarsi quasi “nell’occhio del ciclone”. “Ancora fatico a credere a quello che è successo pochi giorni fa – ci dice – nonostante avessi dovuto lasciare casa mia sulla costa, per spostarmi più all’interno, poiché erano previste onde alte anche 12 metri, la potenza del vento è stata talmente devastante, tanto da irrazionalmente farmi credere che il tetto della stanza d’albergo venisse tirato via”.

La distruzione del ciclone sulla costa orientale del Madagascar vista dall’aereo

Distruzione ma anche voglia di rialzarsi

E conclude: “Quello che ho visto uscendo il giorno dopo è stato traumatico. Le palme erano piegate, altri alberi erano stati completamente sradicati ed erano caduti sulle strade, sui cavi della luce. Il livello del mare aveva superato di molti metri la spiaggia: i villaggi fronte mare e il canale di Pangalan erano stati sommersi. Molte case erano state scoperchiate, altre completamente rase al suolo. E nonostante tutto le persone si sono attivate fin da subito per rendere agibile la circolazione. Non dimenticherò mai la sensazione di distruzione che ho provato uscendo dalla stanza al secondo piano, vedendo acqua dappertutto, rami, lamiere e fogli continuare a volare nel cielo”.

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