ANDREA TORNIELLI
Si avvicina la data della beatificazione di Albino Luciani, papa Giovanni Paolo I, e in questi giorni si è tornati a parlare della sua posizione possibilista e delle sue caute aperture sul tema della contraccezione, espresse quando era vescovo di Vittorio Veneto e prima che Paolo VI pubblicasse l’enciclica Humanae vitae, che dichiarerà illecito l’uso degli anticoncezionali. Colpisce ascoltare dalla viva voce di colui che sarebbe diventato successore di papa Montini, grazie a un rarissimo audio, parole come quelle pronunciate nella primavera del 1968 in una parrocchia di Mogliano Veneto. Luciani, che anche da vescovo confessava molto ed era un pastore vicino alle famiglie e ai loro problemi, si rifaceva a ciò che avevano scritto i padri del Concilio Ecumenico Vaticano II nella costituzione pastorale Gaudium et spes riconoscendo le circostanze che sconsigliano o rendono impossibile aumentare il numero dei figli.
L’audio ritrovato
Nel corso di quella conferenza aveva detto: “Per me questa è la più grossa questione teologica che sia mai stata trattata nella Chiesa. Quando c’erano Ario o Nestorio e si parlava sulle due nature in Cristo, erano sì questioni gravi, ma le capivano soltanto al vertice della Chiesa, i teologi i vescovi: la povera gente non capiva niente di queste cose e diceva: ‘Io adoro Gesù Cristo, voglio bene al Signore che mi ha redento’ e tutto era lì, non c’era nessun pericolo. Qui invece c’è un problema che non riguarda più i vertici della Chiesa, ma tutta la Chiesa, tutte le giovani famiglie…”. E aveva aggiunto poco dopo di sperare in una parola “liberalizzatrice” da parte del Pontefice.
Il vescovo Luciani era preoccupato per le coppie di sposi, per le famiglie. Nel 1965, predicando gli esercizi spirituali nella Villa del Sacro Cuore a Possagno, aveva affermato: “L’argomento è così tremendo: ci sono milioni di fedeli in peccato, mentre sarebbero a posto per tutto il resto… Noi non possiamo assolutamente disinteressarcene. Se c’è anche una sola possibilità su mille, dobbiamo trovarla questa possibilità e vedere se per caso, con l’aiuto dello Spirito Santo scopriamo qualcosa che finora ci è sfuggito”. Come è noto, papa Paolo VI aveva avocato a sé la decisione affidando una prima disamina a una commissione di esperti, e il Concilio non si era espresso.
L’argomentazione del vescovo
Nei tre anni che vanno dalla fine del Vaticano II alla pubblicazione dell’Humanae vitae, Luciani aveva studiato la questione. In un dattiloscritto inedito, databile all’agosto 1967, che era stato custodito dal suo segretario a Vittorio Veneto e ora si trova tra i documenti della Postulazione della causa di canonizzazione, Luciani argomenta la sua cauta apertura all’uso della pillola ricordando che la natura stessa blocca l’ovulazione nella donna dopo che questa è rimasta incinta per tutta la gravidanza e nei primi mesi dell’allattamento. “Sembra che sia lecita questa interpretazione: la natura, anche per mezzo del progesterone – scriveva il vescovo – pensa a dare un po’ di riposo alla madre e al bene del figlio (provvedendo a che egli sia partorito unico e a distanza). Il ‘progestinico’ non è altro che progesterone sintetico, fabbricato in laboratorio. Pare che non si vada contro natura, se, fabbricato a imitazione del progesterone naturale, lo si usa per distanziare un parto dall’altro, per dare riposo alla madre e per pensare al bene dei figli già nati o da nascere. Naturalmente, per la liceità del suo uso, devono concorrere le circostanze: intenzione retta, ossia proposito di mettere al mondo – nell’arco degli anni della fecondità – il numero dei figli che si possono convenientemente mantenere ed educare…”.
E a proposito dell’obiezione sollevata, e cioè che la pillola progestinica fosse “contro natura”, Luciani aggiungeva: “Qualcuno dice: la natura ha stabilito che la donna ogni mese abbia l’ovulazione. Sì, ma la stessa natura sospende l’ovulazione durante la gestazione e l’allattamento e dopo la menopausa. Bisogna badare a non prendere la ‘natura’ in senso troppo stretto. La natura vuole, per esempio, che noi siamo più pesanti dell’aria: ciononostante facciamo bene a viaggiare via aerea imitando il principio naturale per cui volano gli uccelli. Il Magistero può certo interpretare autenticamente le leggi naturali. Ma con molta prudenza, quando ha in mano dati certi. Nel nostro caso i dati sembrano tali o che si dica: è lecito, o almeno si dica: non consta, è dubbio. Nel dubbio, non si può accusare di peccato chi usa la pillola”.
Un dossier apprezzato
Le argomentazioni del giovane vescovo di Vittorio Veneto colpirono il patriarca di Venezia Giovanni Urbani, che lo incaricò di redigere un documento a nome dell’episcopato dell’Italia settentrionale. Il dossier preparato da Luciani era stato apprezzato da Urbani che nella primavera del 1968 lo aveva fatto arrivare sulla scrivania del Papa. Paolo VI lo aveva valutato molto positivamente, dicendo al patriarca Urbani di “tener d’occhio quel vescovetto”. Un anno dopo, morto improvvisamente Urbani, papa Montini sceglierà proprio “quel vescovetto” per la sede patriarcale veneziana e creandolo cardinale nel 1973 gli aprirà la strada per divenire, cinque anni dopo, suo successore sulla cattedra di Pietro.
La difesa dell’enciclica
Ciò che colpisce è l’atteggiamento di Luciani: aperto alla discussione, anche in pubblico, senza soverchi timori. Poi, una volta che il Papa, in modo meditato e sofferto, prende la decisione di non aprire all’uso della pillola, eccolo a difendere l’enciclica e scrivere che Paolo VI “si pronuncia con la coscienza di assolvere ad un dovere e con grande spirito di fede. Conosce, infatti, che sta per causare amarezza in molti; sa che una soluzione diversa gli avrebbe procurato, probabilmente, più plausi umani; ma mette la sua fiducia in Dio, e per essere fedele alla sua parola, ripropone l’insegnamento costante del Magistero nella delicatissima materia in tutta la sua purezza”. Luciani concludeva quel suo primo commento all’enciclica: “Il pensiero del Papa e mio va specialmente alle difficoltà talora gravi degli sposi. Non si perdano di coraggio, per carità!”. E il 4 agosto 1968, sul settimanale della sua diocesi, il pastore di Vittorio Veneto pubblicava una lettera sull’Humanae vitae dal titolo: “Il vescovo presenta la nuova enciclica. Adesione all’insegnamento del Papa che parla con speciali carismi nel nome di Dio”. Il futuro Giovanni Paolo I, con questo anelito all’unità della Chiesa attorno a Pietro, accompagnerà per il decennio successivo il pontificato di Paolo VI, attraverso i momenti difficili della contestazione, vissuti dallo stesso Luciani a Venezia. E il Papa gli chiederà di scrivere commenti e articoli di fondo per L’Osservatore Romano, spesso pubblicati senza firma.
L’esempio citato da Ratzinger
Questa testimonianza richiama uno sguardo sulla Chiesa che aveva segnato anche la vita del giovane Joseph Ratzinger, anche se in questo caso si trattava di tutt’altra materia e coinvolgeva il dogma. Il futuro papa Benedetto XVI, nella sua autobiografia, ricordava il clima del dibattito teologico che precedette la proclamazione del dogma dell’Assunzione di Maria da parte di Pio XII, avvenuta durante l’Anno Santo del 1950. Papa Pacelli aveva chiesto un parere alle facoltà teologiche di tutto il mondo. “La risposta dei nostri docenti – scrive Ratzinger fu decisamente negativa. In questo giudizio si faceva sentire l’unilateralità di un pensiero che aveva un presupposto non solo e non tanto storico, ma storicistico. La tradizione veniva difatti identificata con ciò che era documentabile nei testi”. Ratzinger ricordava che nel 1949, un anno prima della proclamazione del dogma, il professor Gottlieb Söhngen si era pronunciato decisamente contro. Un altro docente, Eduard Schlink, professore di teologia sistematica a Heidelberg, gli aveva chiesto: “Che cosa farà se il dogma venisse comunque proclamato? Non dovrebbe voltare le spalle alla Chiesa cattolica?”. Söhngen aveva risposto: “Se il dogma sarà proclamato, mi ricorderò che la Chiesa è più saggia di me e che io ho più fiducia in lei che nella mia erudizione”. “Credo che questa scena – è la conclusione del futuro Benedetto XVI – dica tutto lo spirito con cui a Monaco si faceva teologia, in maniera critica ma credente”.
Una testimonianza attuale
L’atteggiamento del futuro beato Albino Luciani sulla pillola, la sua vicinanza concreta ai problemi delle famiglie e la sua fedeltà al Successore di Pietro rappresentano una testimonianza di grande attualità anche oggi. Ai cardinali che stavano per lasciare Roma, il 30 agosto 1978, Giovanni Paolo I aveva detto: “Abbiate pietà del povero papa nuovo, che veramente non aspettava di salire a questo posto. Cercate di aiutarlo e cerchiamo insieme di dare al mondo spettacolo di unità, anche sacrificando qualche cosa alle volte; ma noi avremmo tutto da perdere se il mondo non ci vede saldamente uniti”.
Ascolta le prime tre puntate del podcast “Papa Luciani, da un colpo di fionda al Soglio di Pietro”.