Gabriella Ceraso – Città del Vaticano
“La bella festa di oggi ci ricorda che anche Maria è stata bambina, ha dovuto affrontare i tempi della crescita per apprendere l’arte del vivere”. Così monsignor Fabio Dal Cin, arcivescovo prelato di Loreto e Delegato Pontificio, saluta la festa odierna della Natività di Maria dal Santuario della cittadina delle Marche. Le parole, nell’omelia della Celebrazione eucaristica di stamani a Loreto, seguita al Convegno dedicato al tema de “La Casa come luogo di relazioni familiari costruzione della coesione sociale”. Al termine l’accensione della “lampada della preghiera” per il mondo affidata quest’anno al ministro dell’Interno Luciana Lamorgese.
“Certamente la Madonna non si è improvvisata ‘Madre di Dio’ “, afferma Dal Cin, rimarcando il ruolo avuto in questo dal contesto familiare in cui ha agito la Grazia di Dio ma senz’altro anche il legame forte e gratuito assorbito dalla famiglia e dai genitori Gioacchino e Anna. È nella famiglia – osserva – che Maria ha imparato a “vivere e socializzare”, ha appreso l’indole “attenta, disponibile, pronta al servizio, capace di vedere le necessità degli altri”, ha imparato “a sapersi adattare, a reagire nelle situazioni difficili per rimanere forte e tenace come l’abbiamo vista sotto la croce, o premurosa e paziente”. “Così, ancora una volta, il Vangelo ci rivela la bellezza del matrimonio e della famiglia, talmente importanti da determinare fortemente la crescita integrale di ogni persona e lo sviluppo armonico della collettività”.
Oggi: buio e forte sfiducia
Dunque famiglia come bene imprescindibile della società, da sostenere seriamente. Da qui la riflessione sull’oggi e sul mondo da lasciare alle generazioni future. Il periodo è “difficile e pericoloso” e segnato da “paura e smarrimento” tra “individualismo esasperato” e “cultura del provvisorio”: un intreccio di fenomeni che genera in Italia e in Europa “forte sfiducia” che rischia anche di renderci insensibili davanti ad altre ” pandemie”, altre forme di violenza che minacciano la casa comune e la convivenza umana.
È Gesù la nostra luce
Ma dove è il buio, basta poco per illuminare tutto, basta una fiammella.”Come singoli, come comunità ecclesiale e civile, come umanità – sono le parole dell’arcivescovo – avvertiamo il bisogno di luce per guardare avanti”. “Nella tradizione cristiana la luce simboleggia Gesù Risorto, il Vivente”. E noi abbiamo bisogno di luce per vivere questo periodo come una opportunità che rigenera.
La luce accesa oggi, con la lampada per l’Italia e il Mondo, vuole essere simbolo della nostra “speranza” afferma l’arcivescovo, invitando a guardare ai tanti esempi forti e incoraggianti che già ci sono nelle nostre società: “famiglie, giovani e adulti, di ogni età, sani e ammalati, al loro spirito di sacrifico e alla loro serenità; uomini e donne che sanno stare al loro posto con serietà e impegno”. Il Signore non ci ha abbandonati! “In mezzo a molteplici difficoltà, ci sono tanti motivi per sperare e per dare speranza”. E nessuno può permettersi di tradire la speranza. Quindi il richiamo specie alle istituzioni, riprendendo le parole di Papa Francesco, perchè, al di là di interessi di parte si guardi lontano e si valorizzino i desideri dei giovani di fraternità, giustizia e pace. Poi l’affidamento a Maria, Aurora del Sole, ad accendere con fiducia la fiammella di ciò che ciascuno di noi può e deve fare per costruire la civiltà della verità e dell’amore.