Liturgia, occasione di unità e condivisione

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Tema del terzo giorno della Settimana Liturgica è stato la diversità nella liturgia, declinata su più fronti grazie anche ai contributi dell’arcivescovo vicegerente di Roma, monsignor Gianpiero Palmieri, e di Anna Morena Baldacci, docente di Liturgia presso la Pontificia Università salesiana di Torino, che hanno aperto la mattinata.

Ad aprire l’incontro in Cattedrale, come di consueto, la preghiera delle Lodi, presieduta  in questa terza giornata dal vescovo emerito di Cremona, monsignor Dante Lafranconi, che ha ribadito la bellezza del «riunirsi a celebrare il Signore, così da nascondere la divisione dei nostri cuori».

Divisione che è stata individuata da monignor. Palmieri come pericolo da cui guardarsi «in un contesto sociale in cui la diversità la fa da padrona». Proprio per questo motivo l’arcivescovo vicegerente di Roma, nel video inviato dalla Capitale, ha invitato le centinaia di fedeli in ascolto – sia in presenza, che in diretta streaming – a «scorgere nella liturgia una grande occasione di unità e condivisione, riscoprendo il grande valore della diversità, che è risorsa più che limite».

«Innanzitutto – ha spiegato monsignor Palmieri – la liturgia ha bisogno di tornare ad abitare il ritmo del riposo restituendogli quel valore che, oggi, tanti uomini e donne cercano al di fuori della Chiesa». Proseguendo nella riflessione, il vescovo vicegerente di Roma, ha poi posto l’accento sulla necessità di «recuperare il ritmo della gratuità ed il tempo delle relazioni ospitali, per non dimenticare che la liturgia coinvolge e parla a tutti». Infine mons. Palmieri ha richiamato l’attenzione sull’esigenza di «uno stile che sia allo stesso tempo familiare ed essenziale, universale e personalizzato, in modo che ciascuno si senta interpellato, incluso e partecipe della vita della comunità cristiana».

La valorizzazione della differenza è stata posta al centro anche della relazione della professoressa Baldacci che, riflettendo sulla ministerialità nella Chiesa, ha voluto ribadire l’esigenza di un «rito che diventi un luogo ospitale, capace di far vivere esperienze di bellezza e condivisione, uno spazio che ciascuno si sente chiamato ad abitare nella libertà del proprio ministero, facendo tutto e solamente ciò che gli compete».

«In realtà – ha precisato la professoressa Baldacci – dobbiamo tenere presente che nella comunità cristiana esistono differenti ministerialità, attraverso le quali ciascuno può e deve partecipare alla celebrazione liturgica». La partecipazione, però, non è da intendersi esclusivamente in chiave attivistica: «Seguendo l’adagio conciliare si ricorda la necessità di fare tutto e solamente quanto compete, evitando così il rischio della frenesia, da un lato, e della passività, dall’altro».

Nella terza e conclusiva parte della relazione, la professoressa Baldacci ha tentato di fornire qualche provocazione per un ripensamento serio della ministerialità nelle comunità cristiane del territorio. Citando Evangelii Gaudium ha ripreso il pensiero di Papa Francesco: «Ci sproni ad un duplice cambiamento: da un lato, ai battezzati è chiesto di esplorare nuove forme nella propria esperienza di vita cristiana; dall’altro, sono le strutture ecclesiali che, seppur meno flessibili, sono invitate ad un vero e proprio ridisegno di forme e stile dell’agire pastorale».

L’invito a ravvivare la liturgia, poi, è giunto in maniera chiara e puntuale dal dibattito tra don Belli e don Falabretti, che ha posto al centro il rapporto tra liturgia e mondo giovanile. Da entrambi, infatti, è stata evidenziata l’importanza di avere comunità capaci di celebrare con i giovani, con un liturgia che sia in grado di parlare un linguaggio che anch’essi possono comprendere.

«È evidente che ci sia un calo di presenze alle nostre celebrazioni – ha riflettuto don Falabretti – forse questa dinamica è dovuta al fatto che la fascia giovanile si sente poco coinvolta nella vita liturgica della Chiesa».

In questo senso appare significativa la considerazione di don Belli: «C’è spesso una sorta di sconnessione tra i vari ambiti della comunità cristiana, e questo ha contribuito, specialmente nel mondo giovanile, a spostare l’accento sulla soggettività, più che sulla collettività». La visione sui giovani di entrambi i relatori è comune su un punto: «Nei giovani non manca una ricerca di senso e nemmeno una capacità di vivere una dimensione rituale, bensì si manifesta un evidente problema comunicativo: il linguaggio della Chiesa a loro dice poco».

Don Paolo Arienti, incaricato di pastorale Giovanile della Diocesi di Cremona, ha dunque provocato i due sacerdoti a proposito del grande successo che spesso hanno iniziative come le Gmg o le proposte più meditative legate alle comunità monastiche come ad esempio quella di Taizé: «Credo che in occasioni come queste – ha spiegato don Belli – i giovani si sentano aiutati a trovare una connessione tra ciò che vedono e ciò che sentono: questo ci dovrebbe spingere a ripensare alle nostre liturgie rendendole meno pensate e più vissute».

Sulla stessa linea si è articolata anche la risposta di don Falabretti: «I grandi eventi sono momenti eccezionali, ma sui quali non si può fare affidamento esclusivo: hanno un grande valore universale, però è necessario recuperarne la memoria nel tempo per far sì che non si riducano a semplici ricordi». La questione si è infine spostata sul futuro: come iniziare, o re-iniziare, i giovani alla liturgia? «Le nostre comunità – ha concluso don Falabretti – sono ancora luogo di iniziazione, ma devono imparare a celebrare con i giovani, senza perdere il contatto con la Parola: essa infatti sa interrogare ed aprire spazi di crescita e confronto».

Comunità, liturgie e territori, posti come sottotitolo della 71esima Settimana Liturgica Nazionale, sono effettivamente entrati in modo diretto nelle relazioni proposte durante la terza giornata di lavori. Tutti i relatori intervenuti, infatti, hanno messo in luce la centralità dell’aspetto comunitario nella vita di fede cristiana, sottolineando come anche la liturgia non possa prescindere dal contesto sociale, il quale, innegabilmente, è condizionato anche dalla territorialità. Allo stesso tempo, però, è stato più volte evidenziato come la liturgia sia terreno di unificazione, e la presenza di così tanti laici, religiosi e religiose, sacerdoti e vescovi che seguono la Settimana Liturgica da tutt’Italia ne è il segno più evidente.

 Fonte: TeleRadio Cremona Cittanova