Francesca Sabatinelli – Città del Vaticano
La recente visita compiuta dal cardinale Pietro Parolin in Congo e Sud Sudan è stata per assicurare ai due popoli che “il Papa ha intenzione di andare” e che “il viaggio è stato posticipato solo per le sue condizioni di salute”. Il segretario di Stato vaticano ha così ripetuto ieri la ragione all’origine della sua presenza nei due Paesi africani, dall’1 all’8 luglio scorsi. In Sud Sudan la delusione per lo slittamento del viaggio papale ha, quindi, lasciato il posto alla gioia e alla celebrazione per l’arrivo del cardinale. A confermarlo è padre Louis Okot, provinciale dei comboniani in Sud Sudan, che ha preso parte anche agli incontri del porporato nel Paese.
La gioia dell’incontro con Parolin
“Il dispiacere – spiega al microfono di Vatican News padre Okot – era di tutti i sud sudanesi, non soltanto dei cattolici. Penso che inviare Parolin sia stato un segno profetico da parte del Papa, che così ha dimostrato cura pastorale verso il popolo, consegnando al cardinale il messaggio che lui stesso avrebbe voluto portare”. Per i sud sudanesi è stata quindi una grande consolazione incontrare Parolin, al quale hanno mostrato i loro sentimenti di gioia e di felicità, sin dal suo arrivo all’aeroporto di Juba. “Hanno visto l’attenzione del Papa – prosegue il comboniano – per il loro viaggio nella sofferenza. La speranza per l’arrivo di Francesco non è quindi andata perduta, ma è stata recuperata dalla visita del cardinale”.
La speranza che la violenza finisca
A Bentiu, nello Stato di Unity, il cardinale aveva denunciato come inaccettabili, al giorno d’oggi, le condizioni di vita degli sfollati nel campo, definito la “periferia delle periferie”. Un numero impressionate di persone costrette a vivere in situazionI talmente estreme da essere, per voce del cardinale, “un pugno nello stomaco”. “Sono parole espresse da un luogo di sofferenza che Parolin ha visitato – continua Okot – le sue parole, così come le immagini che sono state fatte girare, faranno capire alle persone che non si può restare indifferenti di fronte alle condizioni in cui vive questa gente”. La strada migliore, a detta di Okot, resta quella di far sì che il governo sud sudanese, e tutti coloro che “hanno contribuito a questa sofferenza”, fermino la violenza “per dare al popolo pace, libertà, sicurezza, salute ed istruzione. Le parole di Parolin non sono state solo un richiamo ad una assistenza materiale, ma anche per garantire giustizia e riconciliazione”. La visita del cardinale, è la speranza del religioso, spingerà la comunità
internazionale “a bussare al cuore dei nostri governanti per non ritardare più nell’implementazione della pace in Sud Sudan”. L’auspicio è che le parole del porporato “possano produrre effetti sul governo, che possano cambiare i cuori, e accelerare buone azioni per dare sicurezza e pace”. Il grande ringraziamento del comboniano va quindi a Papa Francesco, “perché ha sempre mostrato di camminare con noi nel nostro percorso di fede e di vita”, e poi al cardinale Parolin, per essere andato in Sud Sudan e aver quindi dimostrato “che la Chiesa è con noi e pensa a noi. La speranza è che i nostri leader possano davvero lavorare per la pace e la riconciliazione nel Paese”.