Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano
A Berlino, sotto la guida di Germania e Nazioni Unite, il governo libico di transizione e i rappresentanti di 17 Paesi che hanno interessi nell’area, tra i quali Italia, Egitto, Turchia, Tunisia, Algeria e Francia, ma anche Russia ed Emirati Arabi Uniti, hanno preso alcuni impegni per riportare stabilità in Libia. Il ministro degli Esteri libico, la signora Najla Mangoush ha sottolineato l’impegno di tutti per “elezioni libere, inclusive e sicure il 24 dicembre”.
Anche da Russia e Turchia l’ok al ritiro delle truppe
Tutte le potenze coinvolte hanno ribadito che le forze straniere e i mercenari devono essere ritirati “senza ritardi”. Soprattutto Russia e Turchia, i maggiori sostenitori del general Haftar da una parte e del governo di Tripoli dall’altra, avrebbero accettato il ritiro progressivo di una parte delle truppe sul campo. Un disimpegno comunque bilanciato, in modo che nessuna delle due parti guadagni vantaggio.
Non si parla più solo di Libia, ma con la Libia
Dopo la riunione tenuta a gennaio del 2020 sempre a Berlino, dove i leader si accordarono per rispettare l’embargo sulle armi e spingere le parti ad un cessate il fuoco, questa conferenza, secondo il ministro degli Esteri tedesco, Heiko Maas, “segna una nuova fase” perché non si parla “più solo di Libia, ma soprattutto con la Libia”.
Sostegno nella gestione dei migranti e chiusura dei “lager”
C’è anche l’impegno ad aiutare le autorità libiche “a sviluppare un approccio complessivo per affrontare le migrazioni”, compresa la chiusura dei tristemente noti centri di detenzione. Di tutto questo discuteranno anche i leader dei Paesi dell’Unione Europea nella riunione che si apre oggi Bruxelles.
Dieci anni fa l’uccisione di Gheddafi
La Libia è un Paese chiave di transito per i migranti provenienti dall’Africa che provano a raggiungere l’Europa, da quando Muammar Gheddafi è stato ucciso nell’ottobre del 2011, al culmine di una rivolta appoggiata dalla Nato. In questi dieci anni il Paese, ricco di petrolio, è stato a lungo diviso fra il governo riconosciuto e sostenuto dall’Onu a Tripoli e le autorità rivali basate nell’est del Paese, con il sostegno di gruppi armati e governi stranieri. Ad aprile del 2019 il generale Khalifa Haftar, appoggiato da Russia, Egitto ed Emirati Arabi Uniti, ha lanciato un’offensiva per provare a conquistare Tripoli: la sua azione si è arenata dopo che la Turchia ha aumentato il suo sostegno militare al governo di Tripoli con centinaia di soldati e migliaia di mercenari siriani.