Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano
In una Beirut affamata come tutto il Libano e ancora traumatizzata dall’esplosione al porto del 4 agosto scorso, non ci sono solo bande di disperati che prendono d’assalto i negozi di alimentari sempre più vuoti, com’è accaduto tre giorni fa, ma anche scuole cattoliche come il Collège Notre Dame, che ancora oggi distribuisce 450 pasti caldi, tre volte alla settimana, alle famiglie bisognose, non solo dei suoi 960 studenti, e ad anziani di ogni religione. E a cucinare e consegnare i piatti, sono insegnanti, impiegati, genitori, studenti ed ex alunni del liceo gestito dai Fratelli delle Scuole Cristiane, più conosciuti come Lasalliani, danneggiato dall’onda d’urto della deflagrazione del nitrato d’ammonio, ma ricostruito grazie all’aiuto economico di molte agenzie e organizzazioni cattoliche, ma anche all’impegno concreto degli stessi volontari.
Tre scuole ricostruite dalla generosità di tanti
L’appello della Fondazione De La Salle Solidarietà Internazionale, lanciato il giorno dopo la tragedia dell’hangar 12, che ha provocato 204 morti, 6500 feriti e 300 mila sfollati, per ricostruire le tre scuole lasalliane di Beirut e aiutare le famiglie in difficoltà, ha infatti raccolto più di 1 milione e 800 mila dollari. Nei giorni dell’emergenza, successivi all’esplosione, la Fondazione ha così potuto avviare un’azione umanitaria per la distribuzione di aiuti alimentari a centinaia di famiglie, grazie al sostegno del Bice, Missio Munich, Manos Unidas, Caritas Bilbao e Misean Cara. Un’azione coordinata dai Fratelli delle Scuole Cristiane del Libano, che ha coinvolto anche le Figlie della Carità, i Padri Lazzaristi, la Società San Vincenzo de Paoli e l’Associazione Fratelli.
L’impegno tra le macerie di genitori, alunni ed ex alunni
Negli stessi giorni che hanno sconvolto la vita di due milioni di abitanti di Beirut e sobborghi, numerosi volontari, alunni, ex alunni e insegnanti, sono accorsi nei tre istituti per portare via le macerie e permettere un veloce inizio dei lavori di ristrutturazione. Così a novembre dello scorso anno, a meno di tre mesi dall’esplosione, le tre scuole hanno potuto accogliere i loro studenti per l’inizio dell’anno scolastico.
Più di 3 mila studenti prima in presenza, oggi in Dad
Il Notre Dame è stato il meno danneggiato e dunque il primo a concludere i lavori. L’École Saint Vincent de Paul, con 600 studenti e bambini rifugiati di origine irachena, ha subito gravi danni, come la perdita di porte e finestre e danni alla struttura, ed è stato rimesso a nuovo grazie all’aiuto della tedesca Misereor. Il Collège Sacré Coeur, infine, con 1588 studenti , il più grande e il più vicino alla zona portuale, è stato il più danneggiato dall’esplosione, che ha distrutto completamente porte e finestre. Queste, staccandosi dagli infissi, hanno gravemente danneggiato le pareti, l’impianto elettrico e idraulico e le attrezzature scolastiche (computer, laboratori etc) e degli uffici amministrativi. Con i fondi messi a disposizione grazie a donazioni individuali e delle istituzioni La Salle, oltre che agli aiuti ricevuti da Aid to the Church in Need, Ampelos, Cei e Caritas Italiana, Missio Munich, è stato quasi completamente ristrutturato, anche se alcuni lavori sono stati rallentati dal lockdown decretato dal governo prima di Natale.
Borse di studio per gli allievi impoveriti dalla crisi
Ad inizio novembre, gli studenti sono tornati a scuola in presenza, alternandosi in gruppi, secondo le disposizioni nazionali per la prevenzione del Covid-19. Successivamente, sono stati disposti periodi di chiusura nazionale nei quali gli studenti hanno continuato le lezioni in didattica alla distanza, come avviene anche in questo momento. Le future donazioni, chiarisce la Fondazione De La Salle Solidarietà Internazionale, saranno destinate ad un fondo borse di studio, per aiutare le famiglie degli studenti impoverite dalla crisi economica aggravata dall’esplosione.
L’aiuto delle scuole per le famiglie in difficoltà
Tra i volontari impegnati negli aiuti ai più bisognosi c’è Marlene Seif, assistente sociale del Collège Notre Dame, nel quartiere di Furn El Chebbak. Racconta che una madre di uno studente, quando le ha consegnato i buoni per un pacco alimentare, ha espresso così la sua gratitudine alla scuola. “Non avrei mai pensato che un giorno, la scuola sarebbe stata il mio sostegno in questa crisi. Di solito chi dice scuola dice peso finanziario. Oggi la scuola, invece di essere una preoccupazione per me, viene a sostenermi in questi momenti difficili”.
Così le scuole diventano punto di riferimento per chi soffre
Il Collège, commenta Marlene, “oggi gioca il ruolo di madre protettiva, e questo è un cambiamento nel rapporto tra famiglia e scuola. La scuola è diventata il loro primo aiuto, a cui possono fare riferimento per trovare soluzioni ai loro problemi. Nessuna richiesta da parte loro è stata trascurata, cerchiamo per quanto ci è possibile di soddisfare le esigenze di cui la scuola non si occupa di solito”. Ogni giorno, distribuendo i buoni alimentari, l’assistente sociale sente tante testimonianze di questo tipo. “Alcune famiglie – racconta – mi chiedono di abbracciarle. Oppure mi dicono: ‘Sei un angelo custode per noi’… O ancora ‘Sei la luce nel tunnel in cui viviamo’”.
Fratel Sfeir: “Portiamo speranza, ma c’è chi lascia il Paese”
C’è “l’audacia della speranza” anche nelle parole di fratel Fadi Sfeir, libanese, coordinatore del distretto lasalliano “Vicino Oriente”, che ha raccolto per Vatican News i racconti dei direttori dei tre istituti di Beirut. “Questa è la testimonianza che i giovani studenti e i genitori si aspettano da noi” ci dice, ma i tre direttori gli segnalano anche che “la disperazione collettiva che c’è tra i libanesi oggi, non ci aiuta a convincere i giovani a rimanere in Libano”. Gli chiediamo prima di tutto qual è oggi la situazione delle tre scuole e se tutti gli studenti hanno gli strumenti per frequentare anche a distanza:
R. – In questo momento i tre istituti sono operativi, ma forniscono la loro istruzione solo a distanza, per le disposizioni del governo libanese che cerca di frenare i contagi. Purtroppo non tutti gli studenti, quando abbiamo dovuto sospendere le lezioni in presenza, avevano gli strumenti digitali necessari (tablet, rete internet). E alcuni insegnanti sono nella stessa situazione. Tuttavia, le tre scuole hanno fatto ricorso a varie agenzie di donatori per distribuire le attrezzature. Il College du Sacré-Cœur, dopo aver rinnovato la sua infrastruttura informatica completamente distrutta dall’esplosione del 4 agosto, ha distribuito ai suoi studenti più bisognosi 50 tablet. Il Collège Notre Dame ha distribuito circa 100 tavolette a cristiani e musulmani, e ha anche aiutato alcune famiglie a pagare l’abbonamento alla rete internet. La scuola St Vincent de Paul, infine, si è dotata di un’infrastruttura informatica adattata e ha distribuito 100 tablet ai suoi studenti e 25 ai suoi insegnanti.
Cosa resta dell’esperienza di aiuto umanitario nei giorni di emergenza dopo l’esplosione, negli studenti, insegnanti e genitori che vi hanno partecipato come volontari e nelle vostre scuole che sono state punto di riferimento per tante persone che avevano perso tutto? Sono nati progetti di solidarietà anche per il futuro?
R. – Purtroppo, mentre l’esplosione del porto è ormai alle spalle, continuiamo a lottare con la crisi politica, economica, finanziaria e sanitaria e il suo impatto sul funzionamento delle istituzioni e sulla vita delle famiglie. Continuiamo a vivere giorno per giorno, cercando di adattarci ai cambiamenti quotidiani. Ma fortunatamente, nei tre istituti, c’è un notevole sviluppo della sensibilità ai problemi sociali. L’ufficio sociale sta assumendo una maggiore importanza e sta vivendo una dinamica senza precedenti. È in continuo contatto con le famiglie, specialmente quelle che sono sotto la soglia di povertà in seguito alla svalutazione della sterlina libanese e all’impennata dei prezzi dei prodotti alimentari. Sono attive anche le associazioni di ex allievi, gli insegnanti e i movimenti pastorali: scout, madri lasalliane, ecc. I tre istituti si sono così trasformati in centri sociali. Per fare un esempio, il Collège Notre Dame distribuisce ancora 450 pasti caldi tre volte alla settimana alle famiglie bisognose e agli anziani, senza distinzione di religione. L’immagine della scuola percepita dai genitori e dalla società si è sviluppata. È diventato un luogo di solidarietà. Questo slancio di solidarietà ha permesso ai tre istituti di tessere nuove relazioni di partenariato da un lato con i genitori, e dall’altro con organizzazioni donatrici nazionali e internazionali, lasalliane e non.
Studenti, genitori e insegnati hanno collaborato anche alla ricostruzione delle tre strutture. Ora sentono i collegi lasalliani un po’ di più come casa loro? E’ cambiato qualcosa nel loro rapporto con la scuola?
R. – Nelle ore successive all’esplosione nel porto di Beirut, decine, se non centinaia, di genitori e studenti sono accorsi spontaneamente nelle tre scuole per aiutare a rimuovere le macerie. Hanno espresso la loro gratitudine alle loro scuole e il loro senso di appartenenza. Secondo fonti ufficiali, più della metà della popolazione libanese è ora sotto la soglia di povertà. Le famiglie non possono permettersi di nutrire i loro figli, cambiare il serbatoio della benzina, comprare i pannolini per i loro bambini, ecc. Di fronte a tanta miseria sociale, ognuna delle tre scuole ha visto la sua comunità educativa, il suo ufficio sociale e i vari comitati partner (comitato dei genitori, comitato degli ex alunni, ecc.) mobilitarsi per la sua gestione. Questo slancio collettivo di solidarietà e aiuto reciproco ha rafforzato i legami tra i vari gruppi che lavorano in ogni scuola, che è diventata la loro casa comune. Inoltre, i genitori traumatizzati, dopo essere stati ascoltati, aiutati, assistiti e accompagnati, si sono accorti rapidamente che la scuola non era solo un luogo di apprendimento accademico, ma anche un luogo di fraternità e aiuto reciproco. I genitori che non hanno bisogno di aiuto sono consapevoli delle attività umanitarie della scuola e riconoscono questo valore nella scuola.
Avete già attivato le borse di studio per aiutare le famiglie degli studenti danneggiate economicamente dall’esplosione, in modo che possano continuare a mandare i loro figli nelle vostre scuole?
R. – Secondo fonti ufficiali, il 45% della popolazione attiva è disoccupata. Inoltre, esercitando il controllo del capitale, le banche vietano ai depositanti di disporre del loro denaro. Questo, di fronte alla crisi finanziaria, moltiplica il numero di persone prive di soldi e incapaci di pagare la scuola dei loro figli. Naturalmente, ognuna delle tre istituzioni ha cercato di trovare fondi per coprire la scolarizzazione del maggior numero possibile di famiglie colpite.
Cosa vuole dire ai tanti enti che vi hanno aiutato per la ricostruzione? Vi serve ancora il loro sostegno?
R. – Avendo perso, in modo improvviso e drammatico, tutte le nostre sicurezze e risorse, sentiamo tutti un forte senso di gratitudine verso le persone e le organizzazioni che sono venute rapidamente in nostro aiuto. Tutti abbiamo sentito che non eravamo soli, che la fratellanza e la solidarietà umana non sono parole vuote e abbiamo ricordato le parole di Cristo: “Non siete soli”. Purtroppo, dato il numero crescente di famiglie in difficoltà e la diminuzione delle nostre risorse finanziarie, ci sentiamo sempre più dipendenti dall’aiuto esterno, il che ci demoralizza. È anche doloroso per noi vedere che stiamo mettendo le famiglie in una sorta di dipendenza finanziaria. Abbiamo bisogno di trovare fondi per sostenere i nostri progetti di sviluppo delle nostre infrastrutture informatiche e dei nostri progetti di assistenza sociale. Ma dobbiamo anche imparare a creare progetti di autofinanziamento.
Qual è la situazione dell’istruzione in Libano, in questa crisi economica e sanitaria? Stanno aumentando abbandoni scolastici e bambini non scolarizzati?
R. – Alla luce di queste circostanze, il numero di famiglie che non sono in grado di pagare la scuola dei loro figli è in aumento. Di conseguenza, il numero di studenti nelle nostre scuole private a pagamento e semipagamento sta diminuendo. E il numero di chi non riesce a pagare le rette continuerà ad aumentare, finché proseguirà l’attuale situazione politica ed economica. Alcuni genitori hanno deciso di non mandare i loro figli dai 3 ai 5 anni a scuola. Altri si dirigono verso le scuole pubbliche, che sono generalmente meno ben gestite. Altri stanno lasciando il Paese.
Infatti molti giovani stanno lasciando il Libano. Come cercate di aiutare i vostri ex allievi a trovare lavoro e anche la forza di restare per costruire il futuro del Paese?
R. – “Per il momento – mi dice uno dei tre direttori – c’è una disperazione collettiva tra i libanesi, che non ci aiuta a convincere i giovani a rimanere in Libano. Siamo in una situazione di sopravvivenza senza possibilità di soluzioni all’orizzonte”. Naturalmente, cerchiamo di continuare a sviluppare nei nostri studenti un senso di cittadinanza e di spirito civico. Ma non ci facciamo illusioni. I discorsi che i bambini e i ragazzi sentono ovunque vadano, non ci fanno sperare che vedano un barlume di speranza nella sopravvivenza del loro Paese.
Prosegue, nonostante la pandemia, il volontariato degli studenti delle scuole lasalliane libanesi per il progetto “Fratelli” e in generale per l’aiuto ai profughi siriani e iracheni in Libano?
R. – Da 3 mesi siamo in un confinamento totale che impedisce ai bambini siriani e iracheni di entrare nei centri “Fratelli”. Inoltre, i nostri studenti non stanno frequentando la scuola in presenza dal 20 dicembre 2020, e quindi non possono svolgere attività di volontariato.
In conclusione, il Libano della coesistenza pacifica di tante fedi e popoli, ma anche del terrorismo e del caos politico, quale messaggio deve cogliere dall’enciclica Fratelli tutti di Papa Francesco?
R. – Come scuole cattoliche in Libano, ci sentiamo invitati a vivere l’esperienza dell’uomo ferito e fragile che fu salvato dal Buon Samaritano. Ma anche a vivere l’esperienza del samaritano che vede la dignità umana violata da tanta sofferenza. Facendo eco alla Fratelli tutti, ci sentiamo chiamati a testimoniare l’audacia della speranza, nonostante tutto. Questa è la testimonianza che i giovani e i loro genitori si aspettano da noi. E inoltre l’amicizia sociale verso ogni persona la cui dignità è ferita; la fraternità, specialmente con i musulmani, per servire senza distinzione; e infine il bisogno di vivere quotidianamente, nell’azione, la necessità e l’obbligo di amare.