Federico Piana – Città del Vaticano
In Libano è tornato a soffiare un vento di speranza. Quando Papa Francesco, nel volo di ritorno dal suo storico viaggio in Iraq, ha aperto uno spiraglio per una possibile visita apostolica nel Paese dei Cedri, il cuore dei libanesi è traboccato di gioia. Le parole del Pontefice che ha fatto sapere di aver scritto una lettera al cardinale Béchara Boutros Raï, patriarca di Antiochia dei Maroniti, promettendo un viaggio in quella terra “sofferente e in crisi di vita”, hanno innescato un’eco senza precedenti sulle reti sociali e nel dibattito pubblico.
L’attesa di tutto il popolo
“Immediatamente, in molti sui social hanno scritto di attendere con trepidazione Papa Francesco” dice padre Jad Chlouk, parroco della cattedrale maronita di San Giorgio a Beirut. Il sacerdote, che ha ancora negli occhi la devastazione del suo luogo di culto distante solo seicento metri dalla potente deflagrazione che lo scorso agosto ha distrutto il porto della capitale libanese, spiega che l’attesa “non è solo della Chiesa gerarchica ma di tutto il popolo. Perché noi abbiamo bisogno di poter toccare con mano la speranza, di poter sapere che c’è qualcuno che ci sostiene”. Poi padre Jad Chlouk aggiunge: “Come il Santo Padre è andato in Iraq per rafforzare il popolo e per incoraggiarlo ad una vera riconciliazione, il Papa mira a fare un viaggio simile perché anche il Libano possa riconciliare le sue diversità”.
Nel cuore disperazione e speranza
Nell’animo dei cristiani libanesi la disperazione è mista alla speranza. “Loro – afferma il parroco maronita – non vorrebbero lasciare il Paese, nonostante le difficoltà economiche, sociali e politiche. Ha ragione il Papa: il Libano è in crisi di vita e rischia di perdere tante comunità cristiane come, ad esempio, i siriaci, i greco-cattolici, i greco-ortodossi, i latini. Per questo siamo in attesa della sua visita che ci potrà dare forza per svolgere di nuovo la nostra missione”.
Giovani cristiani in fuga
Padre Jad Chlouk racconta anche che il Libano sta soffrendo una forte emorragia di giovani cristiani che abbandonano il Paese in cerca di una situazione migliore, più stabile e pacificata: “Ogni settimana, ciascuno di noi, dà l’addio ad almeno due amici. E questo per noi è duro. Ma fuggono anche persone che hanno più di 50 anni, che vanno via per ricominciare di nuovo. Una perdita che non si ferma ma che, anzi, si sta accentuando sempre di più”.