Marco Guerra – Città del Vaticano
Il primo tentativo di eleggere il nuovo presidente del Libano è andato a vuoto. Alla seduta parlamentare per l’elezione del capo dello Stato, tenutasi giovedì 29 settembre, su 122 deputati presenti, in 63 hanno votato scheda bianca, mentre 36 hanno indicato la candidatura del deputato indipendente Michel Moawad, esponente di una delle famiglie dell’élite politica tradizionale libanese.
Il presidente deve essere un cristiano
Attualmente la carica di presidente della Repubblica è affidata a Michel Aoun, il cui mandato termina il 31 ottobre prossimo, che fu eletto al termine di oltre due anni di trattative tra le varie forze parlamentari. Il presidente del parlamento Nabih Berri, tre giorni fa aveva convocato a sorpresa la seduta, nonostante i vari partiti politico-confessionali fossero ancora ben lontani dall’aver raggiunto un consenso sul nome da candidare. Per l’elezione del capo di Stato, che per convenzione deve essere un cristiano maronita, serve al primo turno una maggioranza qualificata di due terzi dei deputati (86 su 128 totali). Dal secondo turno è sufficiente una maggioranza semplice di 65 voti. Il presidente del parlamento Berri ha quindi chiuso la seduta di ieri affermando che metterà in programma un’altra seduta quando ci sarà “un accordo su un presidente”. Questo potrà essere eletto con una maggioranza di soli 65 voti.
Non si ferma l’iperinflazione
Intanto il Paese continua ad essere stretto nella morsa della crisi economico finanziaria. Per fermare l’iperinflazione che ha eroso stipendi e risparmi, mercoledì il ministro delle finanze ha annunciato che taglierà il tasso ufficiale di cambio della lira libanese con il dollaro. La lira libanese è infatti crollata di oltre il 95% rispetto al tasso ufficiale da quando il Libano è caduto nella crisi finanziaria, con il dollaro che attualmente vale circa 38.000 lire libanesi sul cosiddetto mercato parallelo.
La situazione politica
A maggio si sono tenute le elezioni politiche che, nonostante il clima di forti proteste popolari, hanno riconfermato al potere i vecchi partiti tradizionali che rappresentano i vari gruppi confessionali del Paese (sunniti, sciiti e cristiani). Il nuovo premier nominato dopo le elezioni è membro del ceto dirigente del Paese, l’imprenditore Najib Mikati, investito del compito di raggiungere un accordo con il Fondo monetario internazionale (Fmi) per la rinegoziazione dell’enorme debito pubblico.
Camille Eid: il parlamento è diviso
“L’elezione del Presidente della Repubblica è importante perché è la prima carica istituzionale dello Stato e perché è l’unico Paese arabo dove questa carica tocca ad un cristiano, per la precisione un cattolico di rito maronita”. Camille Eid, giornalista e scrittore libanese, collaboratore di Avvenire, spiega a VaticanNews perché l’elezione del capo dello Stato sia un passaggio cruciale per l’assetto del Libano. “Vediamo quante sedute ci vorranno per eleggerlo – prosegue – perché il precedente dell’attuale presidente Michel Aoun non lascia ben sperare, ci sono volute 46 sedute parlamentari per eleggerlo e si profila uno scenario identico, perché il parlamento è diviso a metà”.
Oltre l’80% dei libanesi sotto la soglia povertà
Camille Eid teme uno stallo politico “che potrebbe durare mesi o anni” e che potrebbe aggravare la crisi economico-finanziaria. “Questa situazione si potrebbe ripercuotere sul cambio della lira libanese e quindi sull’inflazione, la svalutazione della moneta ha ridotto sotto la soglia di povertà l’82% della popolazione libanese. Tutti quelli che hanno uno stipendio in valuta nazionale hanno un equivalente di 40 dollari al mese di paga, le famiglie hanno grossi problemi ad affrontare anche le spese correnti”. Il giornalista libanese, infine, fa una panoramica della cornice politica e riferisce che le elezioni di maggio “hanno portato un piccolo cambiamento” rappresentato dai 13 deputati delle cosiddette “forze del cambiamento”, una piccola pattuglia parlamentare che però può rappresentare l’ago della bilancia, “un inizio di speranza per convince almeno i giovani libanesi della possibilità di rinascita”.