Chiesa Cattolica – Italiana

Lettera pastorale dei vescovi dei Paesi nordici sulla sessualità

L’uomo e la donna sono creati l’uno per l’altra. È quanto rimarca la Conferenza episcopale della Scandinavia sollevando preoccupazioni sulla diffusione del movimento arcobaleno che, secondo i presuli, “propone una visione della natura umana che astrae dall’integrità incarnata della persona, come se il sesso fosse qualcosa di accidentale”

Vatican News

La Conferenza episcopale dei Paesi nordici ha diffuso una Lettera pastorale sulla sessualità umana in cui si precisa la posizione della Chiesa sulle questioni che ruotano attorno a quel movimento “politico e culturale” che assume come proprio simbolo l’arcobaleno. 

Preoccupazione del costruire se stessi a propria immagine

Nel ricordare che la Chiesa condanna ogni ingiusta discriminazione, qualunque sia, anche quella che si fonda sul genere o sull’orientamento sessuale, i presuli affermano: “Riconosciamo quanto c’è di nobile nelle aspirazioni di questo movimento. Le condividiamo nella misura in cui parlano della dignità di tutti gli esseri umani e del loro desiderio di visibilità”. Tuttavia, dissentono “quando il movimento propone una visione della natura umana che astrae dall’integrità incarnata della persona, come se il sesso fosse qualcosa di accidentale. E ci opponiamo – si legge – quando tale visione viene imposta ai bambini come una verità provata e non un’ipotesi ardita, e imposta ai minori come un pesante carico di autodeterminazione al quale non sono preparati”. La lettera esprime sconcerto di fronte ad una società tanto preoccupata per il corpo, ma che di fatto lo prende alla leggera, rifiutando, affermano ancora i vescovi del Paesi nordici, di vedere il corpo come segno di identità, e supponendo di conseguenza che l’unica individualità sia quella prodotta dall’autopercezione soggettiva. La questione che solleva preoccupazione è, secondo quanto scritto nel documento, costruire se stessi a propria immagine, non tenendo conto che invece siamo stati creati a immagine di Dio e che questa immagine di Dio nella natura umana si manifesta nella “complementarietà del maschile e del femminile”. Si ribadisce che “l’uomo e la donna sono creati l’uno per l’altra: il comandamento di essere fecondi dipende da questa reciprocità, santificata nell’unione nuziale”. 

La Chiesa accoglie, ma sono i comandamenti la via pacificante

La Chiesa mostra di comprendere che l’unione tra uomo e donna può essere non facile e non senza dolore; riconosce che l’integrazione di caratteristiche maschili e femminili può essere ardua e pertanto consola chi vive con difficoltà quella che definisce “problematica”. I vescovi sottolineano: “Siamo qui per tutti, per accompagnare tutti”. Nella Chiesa c’è posto per tutti, la misericordia non esclude nessuno. Del resto, osservano che “c’è già, per esempio, un enorme salto di qualità nel passare dalla promiscuità alla fedeltà, indipendentemente dal fatto che la relazione stabile corrisponda pienamente o meno all’ordine oggettivo di un’unione nuziale sacramentalmente benedetta”. Allo stesso tempo, proseguono, “la crescita, per dare buoni risultati (o per essere feconda), deve procedere verso una meta. La nostra missione e il nostro compito di vescovi è indicare il cammino pacificante e vivificante dei comandamenti di Cristo”. 

La Chiesa non vuole ridurre l’amore ma realizzarlo

“Può accadere che le circostanze rendano impossibile ad un cattolico ricevere i sacramenti per un certo periodo. Non è per questo che cessa di essere membro della Chiesa”, spiega ancora la nota pastorale, indicando che ognuno di noi ha un esodo da fare, ma che non si cammina soli. E, tornando al simbolo dell’arcobaleno, si scandisce che i cristiani non possono ridurlo a qualcosa di meno del patto vivificante tra il Creatore e la creazione. Abbiamo bisogno di radici profonde, non di teorie passeggere, afferma la Lettera: “Cerchiamo allora di appropriarci dei principi fondamentali dell’antropologia cristiana, mentre ci avviciniamo con amicizia, con rispetto, a coloro che si sentono estranei ad essi”. Ai molti che nutrono perplessità in merito all’insegnamento cristiano tradizionale sulla sessualità, viene suggerito di familiarizzare con la chiamata e la promessa di Cristo, di conoscerlo meglio attraverso le Scritture e nella preghiera, “non solo attraverso frammenti presi qua e là”. Partecipate alla vita della Chiesa, esortano i vescovi, certi che questo porterebbe a un ampliamento dell’orizzonte. “Avremo un contributo prezioso da offrire se recupereremo la natura sacramentale della sessualità nel disegno di Dio – scrivono – la bellezza della castità cristiana e la gioia dell’amicizia, che mostra quale grande intimità liberatrice si può trovare anche nelle relazioni non sessuali”. Perché – chiosano – il punto dell’insegnamento della Chiesa non è quello di ridurre l’amore, ma di realizzarlo.

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