Chiesa Cattolica – Italiana

L’eredità di Francesco in Iraq: rispettare le diversità e costruire il futuro da fratelli

Salvatore Cernuzio – Città del Vaticano

“Siamo tutti fratelli nonostante le differenze, dobbiamo rispettare le diversità e unirci per costruire una società migliore”. Tra i residui delle guerre e delle lotte fratricide e le difficoltà causate dalla pandemia di coronavirus, è risuonato e continua, a distanza di due mesi, a risuonare forte in Iraq il messaggio portato da Papa Francesco nella sua visita del 5-8 marzo 2021. Una visita definita “storica” all’unanimità dai relatori del webinar organizzato per oggi dall’Alto Comitato per la Fratellanza Umana (HCHF), dal titolo “A Moment of Human Fraternity: The impact of Pope Francis’ historic Iraq visit”. Tra loro, i cardinali Raphael Louis Sako e Miguel Angel Ayuso Guixot, rispettivamente patriarca caldeo di Baghdad e presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo interreligioso, entrambi per tutto il tempo a fianco al Papa nel corso del suo pellegrinaggio nel Paese mediorientale.

Leader politici e religiosi insieme per riflettere sul viaggio di Francesco

In dialogo virtuale con i due porporati c’erano anche leader politici e religiosi del Medio Oriente come il ministro della Cultura iracheno, Hassan Nadhem; il ministro della Cultura e della Gioventù degli Emirati Arabi Uniti, Noura Al Kaabi; il vice direttore generale dell’Unesco, Ernesto Ottone Ramirez; l’imam della moschea Abu Hanifa a Baghdad, Sheikh Abdel-wahab Taha Al-Sammerai. Presente anche il segretario generale dell’Alto Comitato per la Fratellanza Umana, il giudice Mohamed Abdelsalam, a lungo segretario del grande imam di Al-Azhar, Al-Tayyeb, intervenuto a conclusione dell’incontro insieme a padre Olivier Poquillon, rappresentante dell’Ordine domenicano al progetto di restauro Unesco-Uae a Mosul.

L’importanza della visita per tutto il Medio Oriente

Tutti hanno offerto un punto di vista personale sulla natura umanitaria ma soprattutto interreligiosa del primo viaggio di un Pontefice in Iraq, mettendo in luce in particolare l’importanza che esso ha rivestito per l’intero Medio Oriente e la fraternità umana globale. Da qui, una riflessione corale sui prossimi passi nella ricostruzione del Paese, cominciando dal tessuto sociale e arrivando alle infrastrutture e alla sfera culturale, con il suo enorme potenziale per promuovere stabilizzazione, riconciliazione e speranza in un futuro migliore.

Sako: un piano comune per sviluppare le indicazioni del Papa

Proprio sul futuro si è concentrato il patriarca Sako che ha espresso l’auspicio di una visione e un piano di lavoro comune tra Chiesa e politica, cristiani e musulmani, per attuare quanto indicato dal Papa nei suoi discorsi e incontri nel corso delle 72 ore in terra irachena. Il punto di partenza è la consapevolezza che “Noi siamo parte di voi e voi siete parte di noi”, la stessa espressione che campeggiava su diversi cartelloni affissi nelle strade di Baghdad, che ritraevano il Pontefice e il grande ayatollah degli sciiti Ali al-Sistani.  “Il Papa ha confermato che l’unico modo per percorrere il cammino verso la pace, la stabilità, la libertà e la dignità di ogni essere umano, come base per la convivenza, è il controllo delle armi”, ha detto Sako. Che ha esortato il clero a fare delle religioni “una fonte di rispetto reciproco, riconciliazione, pace e stabilità nella regione e nel mondo” e gli educatori a trasmettere alle nuove generazioni i fondamenti, i punti in comune, i valori spirituali e morali dei diversi credi religiosi. Chiamati in causa anche i politici, invitati a rinnovare l’impegno nel servire i cittadini. Il cardinale ha voluto infine ringraziare gli Emirati Arabi per il lavoro nel campo della tolleranza religiosa, culturale e sociale e la creazione di un Ministero della tolleranza.  

Ayuso: il viaggio di Francesco, pietra miliare nel cammino interreligioso

Da parte sua il cardinale Ayuso si è concentrato su gesti e parole del Pontefice che hanno lasciato un segno a Baghdad, come a Ur, Erbil o Mosul. “Credo che, senza alcuna retorica, si possa dire che la visita di Papa Francesco è stata un’altra pietra miliare nel cammino del dialogo interreligioso”, ha detto. E ha riportato la sua esperienza di “cristiano” che ha sofferto nel vedere con i suoi occhi la devastazione del Paese – “Tutto parla ancora della guerra e delle violenze subite non solo dai cristiani” -, ma anche di testimone oculare dei grandi eventi che hanno caratterizzato il viaggio del Pontefice. Uno su tutti, la visita privata ad al-Sistani, che – ha detto Ayuso – “ha contribuito alla costruzione della fraternità tra cristiani e musulmani”. Anche l’appuntamento a Ur, terra da cui Abramo iniziò il suo cammino nella storia, è stato occasione “per riscoprire le ragioni della convivenza tra fratelli, in modo da ricostruire un tessuto sociale al di là di fazioni ed etnie”, ha detto Ayuso.

La “Giornata nazionale della tolleranza”, uno dei primi frutti

Il capo Dicastero ha ricordato anche uno dei primi risultati suscitati dalla visita del Papa in Iraq, quando la stessa visita era ancora in corso, e cioè l’annuncio – subito dopo l’incontro con il gran ayatollah – da parte del primo ministro iracheno Mustafa al-Kadhimi che ogni 6 marzo si sarebbe celebrata una “Giornata nazionale della tolleranza e della convivenza”. Quel gesto, ha commentato il cardinale, è il simbolo di come in Iraq, e in generale in Medio Oriente, sia “importante riprendere coscienza del fatto che siamo cittadini e credenti e, come tali, dobbiamo costruire la società arricchendola con i valori delle nostre rispettive tradizioni religiose, passando da una diversità rispettosa a una comunione di valori condivisi”. È partendo da questi che “possiamo ricreare quella convivenza che non è tolleranza ma capacità di vivere nella diversità”.  

Il ministro della cultura degli Emirati Arabi: “Affrontiamo le stesse sfide”

Sulla stessa scia, l’intervento della ministra Noura Al Kaabi, che – rammentando come gli Emirati Arabi Uniti siano stati i primi al mondo a restaurare le chiese cristiane distrutte dall’Isis in Iraq – ha rimarcato il lavoro tra i due Paesi per preservare l’eredità culturale e rafforzare le differenze culturali e religiose. “Affrontiamo le stesse sfide e lavoriamo a stretto contatto” con Unesco e i diversi ministeri, ha detto. “Sappiamo benissimo che, sfortunatamente, nel recente passato gli estremisti e le ideologie hanno provocato una immensa quantità di sofferenze e dolore”. È proprio questa esperienza, però, secondo la ministra, a far riflettere oggi su quali e quante forze mettere in campo “per realizzare la fraternità e la coesione”.

Il progetto Unesco per far rivivere Mosul

L’applicazione pratica di questi obiettivi sono i molteplici progetti in programma o già in corso. Alcuni li ha elencati padre Poquillon, che si è soffermato specialmente sull’iniziativa lanciata nel febbraio 2018, dal direttore generale dell’Unesco, Audrey Azoulay, “Revive the Spirit of Mosul” (“Ravviva lo spirito di Mosul”). Una risposta, ha spiegato il domenicano che fa parte del Comitato tecnico congiunto, per il recupero di una delle città iconiche dell’Iraq, devastata dalla furia jihadista. Recupero inteso non solo come ricostruzione dei siti della città, ma anche potenziamento della popolazione quale agente di cambiamento attraverso cultura e istruzione. “Non esiste un destino parallelo per comunità diverse”, ha detto il religioso, “condividiamo la stessa origine e quindi anche le stesse responsabilità”.

Abdelsalam: preservare l’unità

A conclusione del dialogo, l’intervento del giudice Abdelsalam che ha richiamato la “Fratelli tutti” che proprio lui, insieme ad altri relatori, presentò in Vaticano il 4 ottobre 2020. L’enciclica di Papa Francesco ricorda che “tutti siamo fratelli” e “l’Iraq sta nei nostri cuori”. Il Paese, ha aggiunto, “costituisce un mosaico meraviglioso per la convivenza umana. Ma questo quadro è stato insanguinato dal sangue dei suoi figli innocenti che hanno pagato il prezzo di guerre e conflitti durati per decenni e sono stati vittime di un terrorismo nero che ha distrutto moschee e chiese insieme, lasciando una grande ferita nel corpo dell’Iraq”. Questo ha mosso il cuore del Papa che Abdelsalam, ha confidato, aveva incontrato un mese prima del viaggio apostolico: “Il Santo Padre mi ha detto che, qualsiasi fossero state le difficoltà, egli sarebbe comunque andato in Iraq per l’unità del popolo”. Proprio questa unità è la strada da perseguire, a due mesi dalla visita del Pontefice: “Collaboriamo – è stato l’invito del segretario del Comitato per la Fratellanza Umana – e pensiamo a cosa fare in futuro per dare qualcosa a questo Paese tanto caro”.

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