Chiesa Cattolica – Italiana

Lejeune, scienziato libero e difensore della dignità umana

A trent’anni dalla scomparsa del servo di Dio, il genetista francese primo presidente della Pontificia Accademia per la Vita e scopritore della Trisomia 21 come causa della sindrome di Down, presentata alla Pontificia Accademia per la Vita una sua biografia. Paglia: diceva che “la qualità di una civiltà si misura dal rispetto che ha verso i più deboli”

Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano

“La qualità di una civiltà si misura dal rispetto che ha verso i suoi membri più deboli. Non ci sono altri criteri di giudizio”. Sono le parole del servo di Dio Jérôme Lejeune, medico genetista e primo presidente della Pontificia Accademia per la Vita (Pav), che per l’arcivescovo Vincenzo Paglia, attuale guida della Pav, condensano “l’importanza e l’attualità della sua ricerca e del suo insegnamento sul piano scientifico ed umano”. Il presule lo ricorda introducendo l’evento di presentazione del libro “Jérôme Lejeune – la libertà dello scienziato”, di Aude Dugast, tenuta questo pomeriggio a Palazzo San Calisto a Roma, nella sede della Pontificia Accademia per la Vita.

Scomparso due mesi dopo la nomina a presidente

Alla presenza dell’autrice della biografia, che definisce “preziosa e completa”, e da poco tradotta in italiano, monsignor Paglia sottolinea che Lejeune, scopritore della Trisomia 21 come causa della sindrome di Down, è stato “un anticipatore” della nuova strada avviata da san Giovanni Paolo II nella vita della Chiesa, segnata dall’attenzione sull’importanza di difendere e promuovere la vita umana. Nel 1994 Papa Wojtyla lo nominò, ricorda il presule, primo presidente della Pontificia Accademia per la Vita, istituita l’11 febbraio, ma il 3 aprile dello stesso anno lo scienziato morì a Parigi, a 68 anni. Nel 1974 san Paolo VI lo aveva nominato membro della Pontificia Accademia delle Scienze, e nel 1986, san Giovanni Paolo II lo chiamò a far parte del Pontificio Consiglio della Pastorale per gli Operatori Sanitari.

Lejeune e la cultura dello scarto dei più fragili

Paglia usa le parole di Papa Francesco per dire che “Jérôme Lejeune nel suo lavoro di genetista ha fornito strumenti validi e moderni per contrastare quella troppo diffusa cultura dello scarto che colpisce i fragili e i deboli, e tra tutti gli anziani e i bambini”. Per questo, prosegue, “mi piace pensare che Jérôme Lejeune oggi sia al nostro fianco, a fianco del Papa, nel ribadire la dignità preziosa ed inviolabile di ogni essere umano, sempre, soprattutto quando è incolpevolmente colpito da una sindrome genetica”. L’arcivescovo ricorda che, grazia alle ricerche del genetista francese “per la prima volta al mondo venne stabilito un legame tra uno stato di deficit intellettivo e un’aberrazione cromosomica. I genitori dei bambini affetti dalla sindrome di Down  – sottolinea Paglia – sapevano ora che la disabilità del loro figlio non era dovuta ad una malattia ereditaria. E noi ci auguriamo che il progresso scientifico arrivi a debellare questa Sindrome. Ecco la vera scienza al servizio dell’umanità”.

La strada dello sviluppo umano integrale universale

La biografia presentata, secondo il presidente della Pav, ci restituisce Lejeune “nel suo lavoro, nelle sue convinzioni, nelle scelte di vita, nella sua dimensione umana, professionale, familiare”. E ricorda la moglie, la signora Birthe Lejeune, scomparsa nel 2020, che ha potuto conoscere personalmente a differenza dello scienziato, “vivacissima anche quando l’Accademia iniziava una sua nuova fase per affrontare le nuove sfide che si pongono davanti a noi, come quella della pandemia”. La strada da imboccare ora, conclude l’arcivescovo Paglia, è quella dello sviluppo umano integrale universale, obbligata dalle “condizioni economiche, sociali, culturali, ambientali, in cui la nostra vita si sviluppa”. E prendendo a prestito ancora le parole di Francesco, spiega che “solo in un pianeta non inquinato, solo dentro un mondo in cui ci riconosciamo davvero fratelli e sorelle tra noi, potranno darsi le condizioni per un autentico sviluppo umano integrale”.

Contrastare le ideologie che puntano a dividere

Il Pontefice ha offerto la “visione globale” che tutti dobbiamo avere della “Vita” con le due encicliche: Laudato sì e Fratelli tutti: “una unica grande famiglia umana a cui il Signore ha affidato la custodia dell’unica Casa comune e la responsabilità delle generazioni. Sì, una sola umanità, un solo pianeta”. Nel giorno in cui Papa Francesco “è al vertice del G7 a parlare di intelligenza artificiale e pace”, Paglia conclude ricordando Lejeune “sapeva di vivere in un mondo dove la politica e le ideologie puntano a dividere”. Ma compito dell’Accademia “è vivere e testimoniare la visione di un mondo nel quale si accolga e si rispetti l’armonia, camminando verso l’unità e la concordia tra tutti, con il criterio “del primato da dare ai più deboli e ai più piccoli”.

Le Méné: un difensore incondizionato della vita

Dopo il presidente della Pav, Jean-Marie Le Méné, membro ordinario dell’Accademia, ricorda di aver assistito personalmente “all’ultima battaglia del professor Lejeune contro la morte. La sua ultima preoccupazione era la Pontificia Accademia per la Vita. Ha chiesto a Dio il tempo per istituirla in modo stabile e per proporre le nomine. Ho trasmesso a Roma alcuni dei nomi che mi aveva dato nel suo letto d’ospedale, poco prima di morire”. E sottolinea che Lejeune condivideva “con alcuni precursori la visione di un mondo che era diventato incapace di distinguere tra bene e male, anche quando era in gioco la vita umana”. E’ stato “un difensore incondizionato della vita, che Giovanni Paolo II ha ringraziato ‘per aver preso l’iniziativa di creare la Pontificia Accademia per la Vita’. Che sia fonte di forza spirituale per l’Accademia”. Lui che mise in guardia gli scienziati e la società “dalla tentazione di condannare a morte i pazienti per motivi medici”.

Barahona: la sua eredità nella genetica e bioetica

Nel suo successivo intervento, Monica Lopez Barahona, membro dell’accademia e rappresentante della Cattedra “Jérôme Lejeune” di Madrid, sottolinea che Lejeune ha lasciato “un’eredità duratura nel campo della genetica medica e della bioetica. Il suo lavoro non solo ha cambiato la comprensione dei disturbi genetici, ma ha anche ispirato una visione etica della medicina genetica. La sua vita e opera continuano a essere una fonte di ispirazione per medici, scienziati e difensori della vita, in particolare delle persone con disabilità”. E ricorda che lo scienziato genetista “è sempre rimasto fedele alla verità. Ha sempre capito che non c’è contraddizione tra la fede e la scienza, perché la fede ci dà la verità rivelata e la scienza ci fa capire come funziona il mondo. E quando la sua intelligenza gli indicava la strada da seguire, anche se ripida, come difendere pubblicamente la vita dei suoi pazienti e rischiare attacchi violenti, non ha avuto paura: l’ha seguita”.

Le tappe del processo di beatificazione

Lopez Barahona ripercorre infine le tappe del processo di beatificazione di Lejeune, avviato nel 2012: nel 2014 il medico e genetista francese è stato dichiarato dalla Chiesa Servo di Dio e nel 2021 Venerabile. La Fondazione Jérôme Lejeune, creata nel 1995, conclude, “raccoglie la sua eredità scientifico-culturale e continua la sua missione di ricerca e supporto alle persone con disabilità intellettuale di base genetica, perpetuando il suo impegno per la scienza e la dignità umana”. Missione che svolge accogliendo e curando le persone con disabilità intellettuale di base genetica, a Parigi, nella clinica più grande d’Europa per questi pazienti, che ha assistito già più di 12 mila pazienti, ma anche in Spagna, Argentina e Nantes. E poi attraverso la ricerca medica sulle malattie dell’intelligenza di origine genetica, e la difesa della vita e della dignità delle persone, “specialmente le più vulnerabili, che devono essere rispettate dal concepimento fino alla morte naturale”.

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