Le voci del viaggio del Papa in Iraq: gratitudine e gioia

Vatican News

Massimiliano Menichetti – Baghdad ( Iraq)

Una vicinanza concreta ai cristiani e a tutto l’Iraq perchè continuino a dare la loro testimonianza: è quello che, chi sta seguendo la visita del Papa, percepisce con chiarezza dai gesti e dalle parole del Pontefice, dicendosi pronto ad un’accoglienza generosa. Lo racconta padre Karam Najeeb Yousif Shamasha sacerdote della Chiesa Caldea a Telskuf nella Piana di Ninive dove il Papa sarà nella giornata di domenica e che tanto dolore ha patito in termini di violenze specie durante l’assedio da parte dell’Is:

Ascolta l’interista a padre Karam Najeeb

R. – Stiamo vivendo questa visita come una vicinanza che il Santo Padre vuole mostrarci. Siamo pochi… non siamo tanti qui in Iraq, siamo una minoranza molto piccola, con il desiderio di essere vicini anche a quelli più lontani: già per noi questa è una cosa molto preziosa. E siamo fortunati perché il Santo Padre non viaggia da circa un anno, e allora, già il fatto che abbia scelto il nostro Paese: già questa per noi è una cosa molto significativa, e lo vogliamo accogliere con tutto il cuore: nei nostri cuori prima ancora che nel nostro territorio.

L’Iraq è una terra martoriata, tante le difficoltà: dal terrorismo, al Covid, ma questo non frena, come dice il Papa, la speranza del cambiamento…

R. – Ci sono difficoltà, dovute al fatto che ogni giorno esce una cosa nuova legata alla sicurezza. Oltre alla pandemia, ci sono problemi politici, economici… Tante persone che non ricevono lo stipendio da mesi e mesi. Nonostante tutto questo viene una luce in questo buio che c’è intorno a noi.

La Piana di Ninive in particolare ha subito la persecuzione dell’Is. Oltre 12mila persone sono fuggite…

R. – In questa terra, nella Piana di Ninive, la nostra sofferenza dura da anni… Ad esempio nel mio paese, prima dell’arrivo dell’Is, avevamo circa 1450 famiglie. Ora ne sono rimaste solo 600/650: circa la metà delle famiglie sono già all’estero. Qui, in tutto l’Iraq siamo rimasti più o meno in 250mila fedeli.

Adesso però le cose vanno meglio…

R. – La presenza dei cristiani nella Piana di Ninive, grazie a Dio, è tornata piano piano. Dal 2017, pian piano sono tornate le famiglie e hanno ricominciato a costruire le loro case. Tutto questo è stato possibile grazie all’aiuto della Chiesa e grazie ai tanti benefattori: i nostri fratelli cristiani in tutto il mondo ci hanno aiutato a ritornare nelle nostre case e anche nelle nostre chiese.

 L’appello del Papa è ad essere tutti fratelli: cosa porta questo viaggio?

R. –   Secondo me questo viaggio porterà un po’ di pace nei cuori di tutti. Speriamo che con la preghiera del Santo Padre, che è proprio vicino a noi – perché sempre il Santo Padre ci ha accompagnato nelle sue preghiere, però ora pregherà qui con noi –speriamo porti qualcosa di migliore per questo Paese e per tutte le persone che ci vivono.

Un viaggio storico: per la prima volta un Papa viene in Iraq. Ed è un viaggio seguito da tutti i media del mondo…

R. – Questo accompagnamento: proprio il mostrare al mondo che anche questo piccolo gregge… sì, siamo pochi, ma siamo una parte di questa famiglia cristiana. E quindi ringraziamo per tutto quello che mostrate al mondo: che i cristiani ci sono e sono in tutto il mondo, uniti dalla preghiera nonostante tutte le difficoltà.

Il Papa continua a ribadire l’importanza per il Paese della presenza cristiana: peraltro comunità tra le più antiche…

R. – Come noi siamo sopravvissuti a tutte le persecuzioni e a tutte le difficoltà, speriamo che la nostra testimonianza dia un frutto buono a tutti quanti e speriamo anche che i nostri fratelli nel mondo non ci dimentichino con le loro preghiere e la loro vicinanza.

Non solo i cristiani abbracciano il Papa: in questi giorni è l’intero Paese a salutarlo con senso di rispetto e gratitudine. In questo mosaico di culture, popoli e fedi diverse, in cui tutti hanno sofferto, c’è un tesoro da tutelare che è la convivenza, che può essere una realtà. Nelle reazioni alla visita di Francesco c’è anche questo aspetto come ci racconta Davide Bernocchi rappresentante del Catholic Relief Services in Iraq:

Ascolta l’intervista a padre Bernocchi

R. – A me sembra che l’Iraq tutto intero stia aspettando questa visita con grande gioia e con un senso di gratitudine e grande rispetto verso il Santo Padre. Si tratta veramente di tutte le componenti etniche e religiose che sentono che il Papa viene qui per aiutare questo Paese, per incoraggiarlo in un momento difficile, per dirgli, in una parola, che il male assoluto che ha rappresentato la pagina nera dell’Is, non ha l’ultima parola, e per mostrare la via verso la ricostruzione materiale, ma soprattutto spirituale e morale, di questo Paese: questa via che è indicata dal messaggio che il Santo Padre porta sulla fratellanza umana.

 Che cosa vuol dire qui parlare di convivenza: è ancora così vivo lo spettro del fondamentalismo?

R. – Il popolo iracheno è un mosaico di tantissime diverse comunità, e un tesoro, da un punto di vista culturale, per l’intera umanità. Dal mio punto di vista, la diversità che si trova in questo Paese – culturale, religiosa, etnica – non ha veramente paralleli in questa parte del mondo. Quindi la convivenza è, in realtà, qualcosa a cui il popolo iracheno è abituato da secoli. Purtroppo questa nell’ultimo decennio è stata messa in grave difficoltà dagli avvenimenti che tutti conosciamo legati all’Is, alla violenza settaria che ha sconvolto questo Paese. In questo momento, però, c’è veramente molta voglia di girare questa pagina e di tornare a vivere insieme, e a sentirsi parte di una famiglia comune.

Uno degli incontri principali di questo viaggio è quello di Ur: l’incontro interreligioso…

R. – Ur è la città in cui Dio ha chiamato Abramo e gli ha chiesto di lasciare dietro di sé la sua vecchia vita per seguirlo verso frontiere e orizzonti ignoti. Abramo ha accettato ed è stato così il primo credente. Abramo è il padre spirituale, come sappiamo, dell’Ebraismo, del Cristianesimo, dell’Islam, ma anche di tanti altri gruppi religiosi. Quindi mi sembra veramente importante il fatto che il Santo Padre non vada ad Ur da solo per connotare cattolicamente, cristianamente, questa visita, ma ha scelto proprio Ur come il luogo di un incontro interreligioso, e questo a significare che il suo messaggio sulla Fratellanza Umana non è qualcosa che si limita alle parole ma, come al solito, il Santo Padre ci ha abituato al fatto che alle parole seguono i fatti, o a volte addirittura i fatti precedono le parole. Quindi questo incontro molto forte credo che sarà una grande ispirazione per tutti in questo Paese, cristiani e non cristiani, perché il messaggio è quello che non si può rimanere chiusi nei muri che costruiamo per proteggerci, perché diventano ghetti e ci soffocano. Quindi l’unico futuro è rappresentato dal ritorno alla collaborazione, alla conoscenza e all’apprezzamento reciproco.

 Come Catholic Relief Services, che cosa fate concretamente proprio nella direzione che mi ha tracciato?

R. – Catholic Relief Services è parte della rete internazionale di Caritas. Quindi qui in Iraq lavoriamo molto con la Caritas locale: Caritas Iraq; lavoriamo con la Chiesa locale e lavoriamo anche con diversi altri partner. Quello che facciamo è aiutare molte delle persone che hanno bisogno, tra gli sfollati e tra coloro che sono rientrati da poco nelle aree di origine. Poi li aiutiamo anche a cercare lavoro, con l’educazione, quindi le scuole, e li aiutiamo anche con iniziative volte a ristabilire la coesione sociale, quindi la coesistenza tra individui e comunità diverse in uno spazio fisico, dopo il trauma dell’Is che ha procurato ovviamente anche una crisi della fiducia reciproca.