Fausta Speranza – Città del Vaticano
Il presidente del Messico, Andrés Manuel López Obrador, in un discorso pronunciato all’inizio della settimana, si è scusato con la popolazione indigena dei maya per gli abusi commessi durante i cinque secoli successivi alla conquista del territorio dove abitavano. Non è la prima volta che Obrador si pronuncia in tema di violenze subite dalle popolazioni indigene, ma questa volta si distingue dalle altre come spiega Paolo Valvo, storico dell’Università Cattolica di Milano:
Valvo innanzitutto ricorda che quest’anno ricorrono due importanti anniversari per il Messico: il primo è quello dei 500 anni dalla conquista di Cortès e l’altro è quello dei 100 anni dalla proclamazione dell’indipendenza. Lo studioso ricorda che altre volte Obrador ha parlato di necessità di scuse ma sottolinea che le dichiarazioni di questi giorni segnano un passo in avanti. Il punto, spiega, è che Obrador non ha evidenziato, come in passato, solo le responsabilità di individui e di autorità straniere ma anche quelle di individui e autorità nazionali. E infatti, aggiunge Valvo, le parole di Obrador di lunedì scorso hanno fatto riferimento non solo al periodo delle conquiste ma anche al periodo recente dell’indipendenza.
Le implicazioni per oggi
Valvo ricorda che tra le popolazioni indigene che sopravvivono negli Stati del sud, nella penisola dello Yucatan, c’è profondo malcontento per situazioni di soprusi, assoggettamento sociale ed economico. E spiega che le parole di Obrador hanno avuto l’effetto di suscitare nuove proteste e richieste per l’oggi. In particolare, afferma Valvo, si discute molto intorno al progetto della rete che dovrebbe portare in questi Stati 1500 chilometri di ferrovia e che suscita preoccupazioni per la tutela dell’ambiente e delle comunità locali.
Le parole di Obrador
Lunedì, durante un evento nello Stato messicano di Quintana Roo, López Obrador ha detto: “Facciamo le nostre scuse più sincere al popolo maya per gli orribili abusi commessi sia dalle persone che dalle autorità nazionali e straniere nel periodo della conquista, durante i tre secoli di dominazione coloniale e i due secoli di indipendenza del Messico”. La popolazione maya controllava gran parte del Centro America dal 1500 a.C. All’inizio del Cinquecento, al momento della gestione del potere da parte di autorità spagnole e di governi messicani, inizia il processo di totale sradicamento proseguito anche dopo la guerra per l’Indipendenza (1810-1821). E il presidente, infatti, si è riferito in particolare alla cosiddetta guerra delle caste che iniziò nel 1847 con la rivolta del popolo maya e in cui si pensa siano rimaste uccise circa 250.000 persone.
Ancora discriminazioni e soprusi nei confronti degli indigeni
All’evento era presente anche Alejandro Giammattei, il presidente del Guatemala, Paese che confina col Messico a sud. Giammattei ha detto che “a livello di regione si è riusciti a superare schiavitù, guerre intestine e conflitti aperti tra le diverse genti”, ma che tuttavia i maya subiscono ancora sofferenze e discriminazioni, oltre alla “perdita di vite umane oggi per mano del crimine organizzato, della malnutrizione e della costante ricerca di sogni e opportunità inseguiti da così tante persone”. Lopéz Obrador, che è stato sindaco di Città del Messico prima di essere eletto presidente nel 2018, ha iniziato la sua carriera come attivista per i diritti delle popolazioni indigene nel suo Stato natale, Tabasco, al confine con il Guatemala. A proposito di elezioni, tra circa un mese in Messico si voterà a livello locale.
Città del Messico è in lutto per l’incidente ferroviario
Intanto la Procura generale di Città del Messico ha annunciato di avere aperto una inchiesta per i reati di omicidio colposo e danni alla proprietà dopo il cruento incidente che lunedì 3 maggio sera, per il cedimento di un viadotto, ha coinvolto un convoglio della linea 12 della metropolitana con un bilancio di 24 morti e decine di feriti.