Le Scalabriniane: in missione sui social per rompere i pregiudizi anti migranti

Vatican News

Salvatore Cernuzio – Città del Vaticano

Una instapic per far crollare un muro di pregiudizi. Le missionarie Scalabriniane posano “la valigia” che identifica la loro missione di strada e accendono gli smartphone. Nei giorni in cui la Chiesa celebra a livello internazionale la Vita Consacrata, le suore di San Carlo Borromeo annunciano il loro sbarco su Instagram, il social network che attualmente registra la maggiore diffusione di contenuti, con l’account @missionariescalabriniane. Poche ancora le foto e i followers sono in aumento di giorno in giorno, ma poco importa questo alle suore. Non c’è alcuna volontà di autopromozione a muovere questa missione social che segue l’invito del Papa ad aprirsi a “nuove frontiere”, bensì il desiderio di restituire al grande pubblico quello che le religiose catturano per strada: volti feriti, occhi smarriti, storie di disperazione e di rinascita. Sono quelli dei migranti e rifugiati assistiti dall’inizio della crisi migratoria, sono quelli delle donne assistite nelle loro case di accoglienza a Roma con il progetto Chaire Gynai (Benvenuta donna): ragazze madri, vittime di tratta o di violenza, profughe e anche ex suore finite per strada.

Il vero volto di fratelli e sorelle

“Vogliamo far vedere il vero volto di questi cari fratelli e sorelle che sono nel cuore del Papa”, spiega a Vatican News suor Eleia Scariot, brasiliana, giovane responsabile della comunicazione della congregazione. “Vogliamo farlo attraverso la produzione e la pubblicazione di video, interviste, foto, frasi dette da loro, magari nella lingua madre, sempre nel rispetto della privacy di ognuno”.

Tramite il web, le scalabriniane ampliano la loro missione ad ogni Paese di ogni continente. “Il mondo è radicalmente cambiato rispetto a vent’anni fa, oggi chiunque usa internet. Noi approfittiamo di questi strumenti per realizzare una comunicazione chiara ed efficace, capace di mostrare il valore positivo delle cose”. Soprattutto della migrazione, tematica al centro della missione delle suore di San Carlo; tematica, anche, intrisa di luoghi comuni e stereotipi negativi. “Noi vorremmo cambiare questa immagine negativa dei migranti attraverso lo sviluppo e la divulgazione di campagne specifiche, in vista anche di ricorrenze importanti a livello globale come la Giornata contro la Tratta, la Giornata mondiale del migrante e del rifugiato e via dicendo”, spiega suor Eleia Scariot.

Primo passo, l’ascolto 

Il primo passo è l’“ascolto”. Un ascolto che diventa “visivo” su Instagram, ma anche sugli altri profili Facebook e Twitter delle suore: “Il Papa ci incoraggia ad esplorare nuovi spazi, lui stesso ci ha detto nel 2019: ‘Vi incoraggio a mettere il vostro carisma a servizio della Chiesa’. Ecco, noi pensiamo di farlo in questo momento sui social”. Le scalabriniane sono realmente convinte che rendere visibile il volto di un bambino siriano o sentire parlare un anziano in un Reel della fuga dal suo Paese renda possibile “vincere i pregiudizi, scogliere la durezza dei nostri cuori”. D’altronde è il Papa stesso ad averlo detto nel suo recente Messaggio per la Giornata delle Comunicazioni sociali: “Per vincere i pregiudizi sui migranti e sciogliere la durezza dei nostri cuori, bisognerebbe provare ad ascoltare le loro storie. Molti bravi giornalisti lo fanno già. E molti altri vorrebbero farlo, se solo potessero. Incoraggiamoli! Ascoltiamo queste storie!”.

Lavorare coi giornalisti 

“Vogliamo lavorare in rete e in sinergia coi giornalisti”, rimarca suor Eleia, “stiamo pianificando una serie di azioni per dare voce ai migranti e rifugiati, vogliamo far parlare loro e chiedergli di raccontare le proprie esperienze, la fuga dal proprio Paese, la guerra e la fame che hanno dovuto subire. Solo così possiamo fare vedere al mondo una realtà più concreta, più vera”.

Far parlare le donne

Concreta e vera come quella delle tante ospiti nelle due case di Roma del progetto Chaire Gynai. Persone di diversa età e provenienza, ma tutte vulnerabili, con un peso nell’anima e sulle spalle. “Abbiamo un bel rapporto e conosciamo a fondo le loro storie ma sarebbe inutile che le raccontassimo noi. Devono parlare loro perché hanno tanto da dire e, attraverso l’ascolto e la diffusione della loro esperienza, si può imparare a vincere ogni difficoltà, con tanto coraggio, con tanta speranza, senza alcun pregiudizio”.