Chiesa Cattolica – Italiana

Le polemiche sulla messa della vigilia anticipata non hanno senso: parola di cardinale

Quest’anno la vigilia di Natale è stata alimentata dalle polemiche sulla necessità di dover anticipare la messa della nascita di Gesù per rispettare le norme anti contagio imposte dal governo, italiano e non solo. Norme alle quali si è attenuto anche Papa Francesco. Ma “sappiamo che Gesù non è nato il 25 dicembre”. Lo ricorda il cardinale Angelo Comastri, vicario generale del Papa per la Città del Vaticano, arciprete della Basilica papale di San Pietro e presidente della Fabbrica di San Pietro.

Nel suo ultimo libro intitolato Tu scendi dalle stelle… ed è Natale (San Paolo), il porporato scrive che “la data esatta della nascita di Gesù non ci è stata tramandata dagli evangelisti. Essi non ebbero la preoccupazione di fissare la notizia di tanti particolari storici, ma di annunciare il ‘fatto’ e di viverlo e di farlo vivere. Perché allora è stato scelto il 25 dicembre per ricordare la nascita di Gesù?”.

Il cardinale Comastri risponde ricordando che “anticamente, nel mese di dicembre, i popoli pagani celebravano la festa del ‘Sole nascente’. Infatti, verso la fine di questo mese, le giornate cominciano ad allungarsi e la luce lentamente vince le tenebre, il sole comincia a trionfare sul buio della notte. Gli antichi cristiani dissero: ‘Noi non celebreremo la festa del dio Sole. Per noi il Sole è Cristo e la sua nascita è l’inizio del vero trionfo della luce sulle tenebre’. Ecco perché, con una decisione coraggiosa e significativa, il 25 dicembre divenne per i cristiani la festa della nascita di Gesù, la festa della luce che vince le tenebre, la festa del vero Sole!”.

Il porporato, però, va oltre e si domanda: “Dopo duemila anni di cristianesimo qual è la situazione del mondo? Ogni minuto più di un milione di euro viene utilizzato per le armi e ogni minuto settanta persone muoiono per fame; ogni anno si fanno spese paurose per i divertimenti più banali e ogni anno quasi quaranta milioni di persone muoiono per la denutrizione. Nel mondo le ingiustizie dilagano, le violenze si moltiplicano; e i bambini – proprio i bambini! – soffrono le peggiori, le più volgari cattiverie”.

Comastri ricorda, inoltre, che “recentemente un giornalista molto serio ha diffuso questa scioccante notizia: il giro di denaro della prostituzione e della pedopornografia è superiore al giro di denaro del commercio di armi! Mentre scrivo queste cose, mi vergogno di appartenere a questa umanità”.

Da questo scenario sconfortante l’invito di Bergoglio, anche a causa delle “difficoltà” dovute a “restrizioni e disagi” della pandemia, “a purificare un po’ il modo di vivere il Natale, di festeggiare, uscendo dal consumismo: che sia più religioso, più autentico, più vero”. Perché, come ha ricordato il Papa, “il consumismo ci ha sequestrato il Natale. Il consumismo non è nella mangiatoia di Betlemme: lì c’è la realtà, la povertà, l’amore”.

Da Bergoglio anche un invito a riscoprire i presepi che, proprio come dimostrò San Francesco d’Assisi nel 1223, “sono una grande catechesi della nostra fede”. Il Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione, presieduto da monsignor Rino Fisichella, ha organizzato anche quest’anno la mostra “100 presepi” sotto il colonnato di piazza San Pietro. Un evento accompagnato da un agile volumetto intitolato È nato per noi! Il Natale con Papa Francesco (Libreria Editrice Vaticana) che raccoglie alcune riflessioni di Bergoglio sulla nascita di Gesù.

“La tradizione di allestire il presepe – scrive monsignor Fisichella nella prefazione – porta con sé una carica di spiritualità che permette di cogliere il fascino del mistero che ha cambiato la storia. Dio si fa uomo per indicare la strada del vero amore. C’è stato un tempo in cui il creatore dell’universo è stato un bambino avvolto in un pannolino e deposto su un po’ di paglia. L’immagine nella sua essenzialità indica il percorso di come ama Dio”.

Per il presule “ciò che Natale esprime non è una bella favola, ma il cuore della fede cristiana. La tenerezza che il volto di un bambino porta impressa è segno della speranza che apre orizzonti sconosciuti ma reali. Fermarsi in questi giorni per contemplare nel silenzio il mistero che inonda la vita non è una perdita di tempo, piuttosto un ritorno all’essenziale”.

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