Lisa Zengarini – Città del Vaticano
Le origini della Chiesa cattolica in Kazakhstan possono essere fatte risalire al XIII secolo. Nel 1253, il re di Francia, San Luigi, inviò in questo territorio alcuni missionari. Poi, 25 anni dopo, nel 1278, Papa Nicola III affidò l’intera missione nella regione dell’Asia centrale all’Ordine francescano. Nella prima metà del XIV secolo, i frati francescani costruirono un piccolo convento e una cattedrale nella città di Almalyk. In quel periodo, Papa Giovanni XXII inviò una lettera al Chagatai Khan, il secondo figlio di Gengis Khan, per ringraziarlo della gentilezza mostrata ai cristiani nel suo regno. Tuttavia, nel 1340 iniziarono le persecuzioni e non si hanno notizie della presenza dei cristiani nella regione fino alla metà del XIX secolo, quando il territorio kazako era sotto il dominio dell’Impero russo.
La Chiesa cattolica kazaka nel XX secolo
I cattolici romani cominciarono ad arrivare in Kazakhstan all’inizio del XX secolo. Erano soldati dell’esercito russo, esuli, deportati, prigionieri di guerra, coloni e rifugiati. Molti rifugiati e prigionieri di guerra cattolici arrivarono durante la prima guerra mondiale. Nel 1917, la parrocchia di Pietropavlovsk contava circa 5.000 fedeli, mentre la parrocchia di Kustanai ne contava oltre 6.000. Altri cattolici di varie nazionalità arrivarono come deportati durante i sette decenni del regime sovietico. La dissoluzione dell’Unione Sovietica e la successiva indipendenza del Kazakhstan nel 1991 rappresentarono un punto di svolta anche per la piccola Chiesa cattolica kazaka. La prima pietra miliare di questo sviluppo è stata l’instaurazione di relazioni diplomatiche tra l’ex Repubblica sovietica e la Santa Sede, il 17 ottobre 1992, seguita, il 24 settembre 1998, dalla firma di un importante Accordo sulle relazioni reciproche con il quale il governo kazako ha concesso alla Chiesa cattolica la libertà di culto, di parola attraverso i media e di svolgere le proprie attività pastorali e sociali senza restrizioni; di fondare, organizzare e dirigere istituzioni educative; e il pieno accesso alle carceri e alle strutture sanitarie per fornire assistenza spirituale.
Dialogo interreligioso dopo la fine dell’Unione Sovietica
Questi due eventi hanno segnato l’inizio di una proficua collaborazione tra la Chiesa cattolica e le autorità kazake, in particolare nel campo del dialogo interreligioso. Lo testimoniano le tre visite ufficiali in Vaticano dell’ex presidente Nursultan Nazarbayev (nel 1998 per la firma dell’Accordo sulle relazioni reciproche con la Santa Sede, nel 2003 e nel 2009), ma soprattutto il viaggio apostolico di Papa San Giovanni Paolo II del 22-25 settembre 2001, che fu la prima visita di un pontefice cattolico in un Paese dell’Asia centrale. Il motto scelto per il viaggio era: “Amatevi gli uni gli altri”, volto a sottolineare la coesistenza pacifica delle numerose comunità etniche e religiose del Kazakhstan. Questi aspetti sono stati sottolineati più volte da Giovanni Paolo II durante il suo soggiorno di tre giorni. Incontrando i giovani all’Università Eurasia di Astana il 23 settembre, il Papa polacco ha descritto il Kazakistan come “una terra di incontro, di scambio e di novità; una terra che suscita in tutti il desiderio di nuove scoperte e permette di vivere la differenza non come una minaccia ma come un arricchimento”.
La volontà di pace all’origine del Congresso dei leader religiosi
Questa stessa volontà di promuovere i valori della convivenza e del dialogo tra i popoli e le fedi, in contrapposizione ai tentativi di strumentalizzare la religione per fini politici, ha ispirato il “Congresso dei leader delle religioni mondiali e tradizionali”, lanciato per la prima volta nel 2003 ad Astana (oggi Nur-Sultan) dall’ex presidente Nazarbayev, sulla scia degli attacchi terroristici dell’11 settembre negli Stati Uniti, e seguendo lo “spirito di Assisi”, con cui si identificano gli incontri interreligiosi per la pace che si tennero nella città natale di San Francesco e convocati per la prima volta da San Giovanni Paolo II nel 1986. Da allora, gli incontri si tengono ogni tre anni nella capitale kazaka – l’ultimo dei quali si è svolto nel 2018 sul tema “Leader religiosi per un mondo sicuro” – con la partecipazione di una delegazione vaticana. Ciò ha ulteriormente contribuito a rafforzare la collaborazione tra Kazakhstan e Santa Sede per la promozione del dialogo interreligioso.
Nuove tappe nel dialogo
Il contributo della Santa Sede al dialogo tra le fedi è stato ufficialmente riconosciuto dal Kazakhstan il 6 febbraio 2013, quando una delegazione kazaka, guidata dal presidente del Senato, in visita in Vaticano in occasione del 10° anniversario dell’istituzione del “Congresso interreligioso”, ha conferito un premio speciale ai cardinali Jean-Louis Tauran e Giovanni Lajolo e a monsignor Khaled Akasheh, ufficiale dell’allora Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso. Questa consonanza di valori è stata ulteriormente confermata nel 2017 in occasione dell’Esposizione Internazionale di Astana (nota come “Expo 2017”) che si è tenuta dal 9 giugno al 10 settembre dello stesso anno sul tema “Future Energy”. La Santa Sede ha partecipato all’evento con un Padiglione sul tema “Energia per il bene comune – Prendersi cura della nostra casa comune”. In occasione della Giornata nazionale della Santa Sede all’Expo 2017, il 2 settembre, Papa Francesco ha inviato un messaggio in cui ha ricordato “la crescita del dialogo e della cooperazione tra le religioni avvenuta in Kazakhstan, terra caratterizzata da ricche tradizioni etniche, culturali e spirituali”.
Progetti comuni per promuovere il rispetto reciproco
Il cardinale Peter K.A. Turkson, allora prefetto del Dicastero per la Promozione dello Sviluppo Umano Integrale, ha partecipato a diversi eventi di Expo 2017, tra cui una conferenza interreligiosa presso il Palazzo della Pace e della Riconciliazione. Le buone relazioni esistenti tra la Santa Sede e il Kazakhstan hanno ricevuto un ulteriore impulso nell’ottobre 2020, quando l’attuale Dicastero per il Dialogo interreligioso e il Centro kazako per lo sviluppo del dialogo interreligioso e intercivile “Nursultan Nazarbayev” (NJSC) hanno firmato un Memorandum d’intesa con l’obiettivo di aprire la strada a “nuove opportunità e modi più promettenti per realizzare progetti comuni, per promuovere il rispetto e la conoscenza tra i rappresentanti delle varie religioni”.
Attività della Chiesa
Le politiche religiose aperte dell’ex presidente Nazarbayev, pur nel quadro di controlli più severi sulle attività religiose introdotti nel 2011 per prevenire la radicalizzazione religiosa, sono state perseguite anche dal suo successore Kassym Zhomar Tokayev. In questo contesto, la Chiesa in Kazakhstan ha potuto continuare a svolgere le sue attività come stabilito dall’accordo del 1998. Tra queste, l’attività caritativa svolta da Caritas Kazakhstan, che dal 1997 è in prima linea nell’assistenza ai poveri e ai più vulnerabili. Oggi, le iniziative dell’ente caritatevole cattolico comprendono vari servizi sociali in tutto il Paese, la gestione di alcuni orfanotrofi e l’assistenza ai malati di AIDS.
Una piccola minoranza
La Chiesa cattolica rappresenta circa l’1% dei 19 milioni di abitanti del Kazakhstan, il 70% dei quali sono musulmani, mentre il 26% sono cristiani, per lo più ortodossi russi. Sotto il regime sovietico, la popolazione cattolica in Kazakhstan era composta da diversi gruppi etnici, soprattutto ex deportati, ma dopo l’indipendenza molti di loro sono tornati nei rispettivi Paesi d’origine e l’emigrazione continua ancora oggi, a causa della situazione economica. I fedeli cattolici nel Paese sono distribuiti in 4 diocesi: l’arcidiocesi di Maria Santissima ad Astana (ora Nur-Sultan), la diocesi della Santissima Trinità ad Almaty, la diocesi di Karaganda e l’amministrazione apostolica di Atyrau, per un totale di 70 parrocchie, e sono assistiti da circa 90 sacerdoti.