Le note di pace risuonano a Lourdes con il maestro Muti

Vatican News

Pierachille Dolfini – Lourdes (Francia)

Maria avanza in silenzio tra i fedeli raccolti sull’esplanade. Ma questa sera, come ogni sera, non ci sono le fiaccole. Non ci sono i flambeaux che si alzano al canto dell’Ave Maria. Sfolgora di luce solo la statua della Madonna, icona della Signora che apparve a Bernadette Soubirous l’11 febbraio del 1858 alla Grotta di Massabielle, ritratta proprio come raccontò la ragazza di Lourdes, la figlia del mugnaio: un abito bianco, un velo bianco, una cintura azzurra e una rosa gialla al piede. E c’è solo silenzio sull’esplanade. Che non è lo stesso silenzio vuoto, straniante dei mesi della pandemia, “quando Lourdes ha vissuto la crisi economica più terribile della sua storia” come racconta il sindaco della cittadina ai piedi dei Pierenei Thierry Lavit. Quello che avverti è un silenzio denso di preghiera. Che d’improvviso si riempie delle note dell’Ave Verum Corpus di Wolfgang Amadeus Mozart che si levano lievi, affidate alle voci dei bimbi delle scuole di Lourdes e Tarbes, per lodare il Corpus natum de Maria Virgine. Quello che Cristo ci ha lasciato, presente, pane per il nostro cammino nell’Eucarestia, che ogni giorno, a Lourdes, viene portato in processione, tra i malati. Che sono lì, anche stasera, sulle loro carrozzelle, stesi sulle barelle. Sorridenti di un sorriso che non hai mai visto così potente.

Musica che diventa preghiera

Mozart per loro diventa preghiera, umanissima. Preghiera per chi soffre nel corpo e nello spirito – quel dolore che non vedi, ma c’è, nascosto dietro occhi che guardano oltre. Una preghiera che si alza da Lourdes – come le tante che si alzano ogni giorno, ma questa volta diversa e unica – in chiusura del concerto che lunedì ha portato Le vie dell’Amicizia di Ravenna festival di fronte alla basilica di Nostra Signora del Rosario – dentro i mosaici dei misteri dolorosi, gaudiosi e gloriosi, fuori, sulla facciata quelli di Rupnik che ha raccontato i misteri della luce voluti da Giovanni Paolo II. Si alza tra i pellegrini “che ogni giorno arrivano da tutto il mondo nel santuario mariano, persone che offrono la loro sofferenza. Qui si prega per la pace nel mondo. Qui la Madonna è apparsa a una ragazza semplice, piena di fede” dice il vescovo di Tarbes-Lourdes, monsignor Jean-Marc Micas. Per loro Riccardo Muti, insieme all’orchestra giovanile Luigi Cherubini, dirige un programma tutto spirituale, da Vivaldi a Verdi a Mozart, un viaggio dalla gioia di Maria che innalza a Dio il suo Magnificat al dolore della Madonna sotto la croce del figlio, pronta ad accogliere tra le sue braccia quel corpo nato da lei.

Dall’Italia all’Ucraina

C’è il Magnificat di Antonio Vivaldi, affidato alle voci di Arianna Vendittelli e Margherita Maria Sala. Ma l’incipit lo intona il coro, che diventa la nostra voce, immagine di quella comunione di popoli e di esperienze che a Lourdes si ritrovano e si armonizzano. “Ma-gni-fi-cat” scandiscono le voci del coro Cremona antiqua e del coro Cherubini diretti da Antonio Greco al quale si uniscono le voci di ventitré artisti del Teatro dell’Opera di Kiev dirette da Bogdan Plish. Li è andata a prendere ad aprile al confine con la Polonia Cristina Mazzavillani, anima delle Vie dell’amicizia, ponti di fratellanza in musica che insieme al marito Riccardo Muti lancia ininterrottamente dal 1997 quando la prima tappa di questo pellegrinaggio fu la Sarajevo martire del conflitto bosniaco. Nel 2018 rotta su Kiev, segnata dal dolore dei morti di piazza Maidan e dove arrivava l’eco delle armi perché a Mariupol già si combatteva. “Nacque un’amicizia e quando Mosca ha invaso l’Ucraina non ci ho pensato due volte ad andare con due pullmann a recuperare gli amici di Kiev” dice Cristina Mazzavillani. Sono arrivati in sessantatré a Ravenna, orchestrali, coristi, ballerini e tecnici, ospiti dell’Opera Santa Teresa, accolti da Ravenna solidale.

La musica che abbraccia

A Lourdes i coristi di Kiev (che a poche ore dal concerto hanno animato con le loro voci il Rosario recitato in lingua italiana alla Grotta) hanno cantato con il loro costume tradizionale. Hanno innalzato i canti della loro terra, il motetto eucaristico Il corpo di Cristo del XIII secolo e una Preghiera alla Vergine (qui fatta diventare un toccante dialogo tra madre e figlia in esilio – Svitlana Semenyshyna e la piccola Milana Lomanova che ripete la supplica a Maria di “tenere lontani i nemici”) scritta tre anni fa da Hanna Havreylec, compositrice ucraina morta per un arresto cardiaco a febbraio, tre giorni dopo l’invasione di Mosca. Così come i Chanteurs pyrénéens di Tarbes e i Chanteurs montagnardes di Lourdes alzano le loro melodie popolari in Occitano, il dialetto attraverso il quale la Madonna parlò a Bernadette. Da dentro la basilica, come da un’altra dimensione, arriva l’Agur Maria del cantore basco Benat Achiary.

Pagine che dialogano con il programma tutto spirituale, da Vivaldi a Mozart a Verdi, voluto da Muti. “Con la nostra musica vogliamo portare qui un messaggio universale, che usa le parole della fede cattolica, ma abbraccia tutti gli uomini, credenti o no. Vogliamo pregare, in musica, per la pace. E qui, dove c’è il culto, dove c’è la fede, lo possiamo fare tutti insieme” racconta il direttore che in ventisei anni con Le vie dell’amicizia ha portato questo messaggio nei luoghi di dolore del mondo, la Siria e l’Iran, Gerusalemme e Ground Zero, Mirandola e Erevan. Un ponte che quest’anno unisce due santuari mariani, Lourdes e Loreto dove il pellegrinaggio di Ravenna festival arriva giovedì 14 luglio (il concerto sarà poi trasmesso su Rai1 il 6 agosto), portando la musica sul sagrato della basilica del Santuario pontificio della Santa Casa dove ci sarà Taras Stoly, il più noto suonatore di bandura ucraino, che ha avuto un permesso speciale per suonare a Loreto dall’esercito volontario ucraino nel quale si è arruolato subito dopo l’invasione di Mosca.

Da Lourdes a Loreto

E il viaggio spirituale in musica ideato da Muti, proposto l’altra sera a Lourdes (identico il programma a Loreto, a parte il brano per bandura con Stoly che prenderà il posto dei canti occitani) parte proprio dal sì della ragazza di Nazarteh, dalla gioia della Vergine che innalza a Dio il suo Magnificat. Il cielo di Lourdes è immerso nei colori del tramonto, una sera come quella in cui Maria arrivò dalla cugina Elisabetta, alla fine di un lungo viaggio, già incinta del figlio. E lì disse il suo Magnificat che Vivaldi mette in musica in perenne bilico tra terra e cielo. “Ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili. Ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote”. Gli umili, gli affamati – e il significato di questi termini va oltre il senso strettamente letterario – che pregano a Lourdes. Affamati di vita, come Felix Klieser, musicista tedesco nato senza braccia che suona il corno con i pedi. “Volevo fare quello, suonare questo strumento e non c’è stato nulla che me lo ha potuto impedire” racconta Klieser, miracolo vivente di forza di volontà – viaggia da solo, mangia da solo (aiutandosi con i piedi naturalmente), si toglie le scarpe da solo e tutto è così naturale che non ci fai caso. A lui, che suona con il piede sinistro il corno fissato su un sostegno, è affidata la gioia del Concerto n.1 in re maggiore per corno e orchestra. A chiamare Ravenna festival a Lourdes è stata l’Offrande musicale, rassegna ideata dal pianista di Tarbes David Fray. “Venendo a contatto con la disabilità ho voluto fare qualcosa per avvicinare queste persone alla musica. Ho ideato un festival per favorire, attraverso biglietti gratuiti e percorsi musicali negli istituti di cura e degenza, la fruizione della musica. Niente pietismi i disabili sono tra il pubblico, non ghettizzati in un angolo”. Come a Lourdes per il concerto de Le vie dell’amicizia (che ha chiuso il cartellone 2022 dell’Offrande musicale), primo concerto in assoluto sul sagrato della basilica.

Un pellegrinaggio musicale

Concerto che si è fatto preghiera nella contemplazione del dolore di Maria nello Stabat Mater di Giuseppe Verdi. Dolore illuminato di speranza dal Te Deum, altra pala musicale dei Quattro pezzi sacri verdiani. “In te Domine speravi sono le ultime parole scritte da Verdi, parole e note di un uomo che si pone le grandi domande della fede. La pagina parte cupa, ripiegata. Poi alla fine disegna il paradiso nel mi sovracuto dei violini e l’inferno nelle note gravi dei contrabbassi. Qui Verdi mette la sua fede, quella di un uomo che ha confidato in Dio, nonostante il suo essere, da buon emiliano, un mangiapreti” riflette Muti a fine serata. Quando il pellegrinaggio musicale si compie nella penombra della sera, pronta a lasciare spazio alla notte. Impregnata del dolore di Maria. Che è lo stesso dolore (ma è anche la stessa gioia di chi loda nonostante tutto, lo vedi sostando davanti alla Grotta in un pomeriggio caldo e assolato di luglio) dei tantissimi pellegrini che ogni giorno da tutto il mondo arrivano nel santuario mariano, cuore della cristianità francese per chiedere il miracolo. Il miracolo della fede, di credere nonostante tutto. Nonostante il dolore e la prova. In cielo brilla la prima stella della notte. A dire che, nonostante tutto, c’è sempre una speranza.