Elvira Ragosta – Città del Vaticano
Gli olandesi alle urne per il rinnovo dei 150 seggi della Camera bassa. Si tratta delle prime elezioni legislative che si svolgono in Europa in tempo di pandemia, dopo le presidenziali di gennaio in Portogallo. Proprio a causa delle misure di contenimento messe in atto per contrastare la diffusione del Covid-19, l’appuntamento elettorale è stato organizzato su tre giorni, 15, 16 e 17 marzo. Ieri e oggi, infatti, urne aperte per le persone anziane e più vulnerabili dal punto di vista della salute, mentre da domani voterà il resto della popolazione. Per la prima volta, inoltre, è stato consentito il voto per corrispondenza agli elettori di età pari o superiore a 70 anni. L’Olanda giunge a questo appuntamento elettorale dopo che lo scorso gennaio il governo uscente di Mark Rutte si è dimesso a causa di uno scandalo legato al bonus figli: i funzionari del fisco avevano accusato ingiustamente 20mila famiglie di frode, facendone indebitare molte per rimborsare le indennità per l’infanzia nel periodo tra il 2013 ed il 2019.
Elezioni e quadro politico
Nell’intervista a Vatican News, il professore Antonio Zotti, docente di Istituzioni europee all’Università Cattolica, parte proprio dalla tempistica di questo voto, sottolineando che si tratta di elezioni importanti perché “in generale danno un segno che, nonostante le eccezioni circostanze in cui ci troviamo a causa della pandemia, i normali processi democratici possono continuare a svolgersi, con tutte le misure e le prudenze del caso. Nello specifico, sono importanti – aggiunge – anche perché, a differenza di come avvenuto in altri Paesi, la legislatura non è arrivata alla fine del suo mandato naturale ma non ci sono state remore da parte del governo a dimettersi”.
Verso la riconferma di Rutte
Sono 37 i partiti in lizza per il voto che si svolge con un sistema proporzionale puro. Stando ai sondaggi, il Partito popolare per la libertà e la democrazia (Vvd) dovrebbe ottenere circa il 25% dei consensi, riconfermando il premier uscente Mark Rutte, al potere dal 2010, che otterrebbe così un quarto mandato, mentre i suoi attuali alleati, i conservatori dell’Appello Cristiano Democratico (Cda), sarebbero stimati tra il 10 e l’11%, e l’Unione Cristiana (Cu) al 4%. Secondo partito nei rilevamenti, con il 12%, è la formazione Pvv del populista di estrema destra Geert Wilders, destinata a rimanere all’opposizione. Meno prevedibile la composizione della coalizione di partiti che necessariamente dovrà formarsi per creare un governo.
Le sfide nell’ambito delle politiche europee
Oltre all’ambito politico interno dei Paesi Bassi, queste elezioni possono essere rilevanti anche in un’ottica europea, relativamente alle sfide delle politiche dell’Unione. “Se Rutte, come previsto, sarà confermato Primo ministro – aggiunge il professor Zotti – è molto probabile che l’Ue si troverà ancora una volta a fronteggiare un Paese guidato da un personaggio che, soprattutto dopo l’uscita del Regno Unito dall’Unione, ha preso su di sé il ruolo di difensore della rigidità fiscale e di scettico rispetto alle prospettive di maggiore integrazione europea”. In questo senso, per il docente della Cattolica, è molto probabile che si rivedranno opposizioni come quelle che si sono viste l’anno scorso in occasione della creazione del Recovery fund, quando, invece, il Primo ministro olandese promuoveva una riduzione del Bilancio dell’Ue e maggiori condizionalità per la concessione dei fondi per il recupero economico.
La gestione della pandemia di Covid-19 in Olanda e in Europa
Probabilmente queste elezioni saranno viste anche come un test per la gestione della pandemia in Olanda e di riflesso in Europa. Con una popolazione di circa 17 milioni di abitanti, i Paesi Bassi hanno ad oggi registrato oltre 1 milioni di casi di infezione e 16mila morti. Nelle scorse settimane il coprifuoco imposto dal governo ha innescato tensioni e scontri e domenica scorsa la polizia ha fatto ricorso agli idranti per disperdere una manifestazione anti-governativa. Inoltre, sempre domenica scorsa l’Olanda, come e prima di altri Paesi europei, ha sospeso in via precauzionale per due settimane la somministrazione dei vaccini Astrazeneca. “In realtà, proprio per questo atteggiamento strumentalmente tiepido nei confronti dell’Ue, la posizione del Paese all’interno dei processi decisionali europei non è stata molto discussa. Di sicuro – conclude Zotti – la questione rimane accesa perché altri Paesi con posizioni non molto favorevoli all’integrazione, ad esempio l’Austria o i Paesi dell’Europa centrale, hanno ventilato la loro insoddisfazione verso il modo in cui la Commissione ha effettivamente gestito l’acquisto dei vaccini e la loro distribuzione”.