Antonella Palermo – Città del Vaticano
Il ballottaggio di domenica 19 dicembre per la scelta del successore del presidente della Repubblica uscente, Sebastián Piñera vede al confronto i due candidati José Antonio Kast del Fronte sociale cristiano di destra e Gabriel Boric della coalizione Apruebo Dignidad di sinistra. Poco più di 15 milioni di cileni sono chiamati alle urne. Le votazioni iniziano alle 8 del mattino e i seggi chiudono intorno alle 18, con risultati che dovrebbero arrivare abbastanza rapidamente domenica sera. I comizi finali della campagna elettorale dei due leaders sono stati segnati in qualche modo dall’annuncio della morte di Lucia Hiriart, vedova del generale Augusto Pinochet, autore del golpe del 1973 ai danni del presidente Salvador Allende.
I discorsi di fine campagna elettorale dei due candidati
Dal Parque Araucano del distretto di Las Condes, Kast, vittorioso al primo turno del 21 novembre con quasi il 28% dei voti, ha criticato Boric sottolineando che “la sinistra promuove solo la povertà, quella che ha trascinato Venezuela, Nicaragua e Cuba a situazioni incredibili – ha detto – dove la gente fugge, perché quelle narcodittature portano solo povertà e miseria”. Da parte sua Boric, secondo al primo turno con il 26% dei suffragi, incontrando i militanti della sinistra nel Parque Almagro de Santiago, ha incentrato il discorso sull’unione del Cile e sul processo costituente, riferendosi spesso al suo rivale, senza mai nominarlo esplicitamente. “Siamo una generazione che impara da chi è venuta prima – ha proclamato – e ci uniamo per sconfiggere la dittatura. Ci uniamo per democratizzare il Cile, ci uniamo per avere una nuova Costituzione e ora ci uniamo per sconfiggere l’erede del governo (uscente di centro-destra) e il pinochetismo”. Alludendo infine al decesso della vedova di Pinochet “morta nell’impunità”, evocando l’apertura di processi nei suoi confronti che non si sono realizzati, Boric ha detto di voler “rendere omaggio oggi a tutte le vittime della dittatura di cui lei era parte e simbolo”.
Elezioni polarizzate
Ci si aspetta una gran serrata tra i due. Il divario è minimo quanto a preferenze di voto espresse nei sondaggi degli ultimi giorni: Boric sembra essere leggermente in vantaggio ma nella sostanza sono alla pari. La storia è potenzialmente contro Boric: dal 1999, infatti, il vincitore del primo turno ha sempre vinto il ballottaggio. Si tratta comunque delle elezioni più polarizzate dal ritorno del Paese alla democrazia nel 1990. Una polarizzazione tale da scoraggiare – secondo alcuni osservatori – parte degli aventi diritto al voto. Di “dibattito bloccato nelle trincee della guerra fredda, del comunismo contro il fascismo” ha parlato Kenneth Bunker, direttore della società di consulenza Tresquintos. “È la vecchia divisione tra sinistra e destra”. Peraltro, chi vincerà “dovrà affrontare un Congresso diverso da quello attuale, più equilibrato, quasi diviso in due metà”, ha detto Marco Moreno, direttore della scuola di governo dell’Università Centrale del Cile.
Un Paese con stabilità economica ma forti diseguaglianze
Molti cileni sostengono le politiche di libero mercato che hanno spinto il Paese ricco di rame a decenni di crescita rendendolo un bastione di stabilità economica nell’instabile America Latina. Ma è crescente la parte della popolazione che vuole un cambiamento per affrontare le profonde disuguaglianze. Alcune delle richieste più forti sono scaturite dalla rabbia per i miseri versamenti pensionistici che i critici attribuiscono al sistema altamente privatizzato del Cile. Ci sono frange che hanno criticato gli alti costi e la qualità a volte dubbia dell’istruzione privata, così come i divari tra la sanità pubblica e quella privata. Gli elettori conservatori hanno sollevato perplessità sull’aumento dell’immigrazione, forti le preoccupazioni per l’ordine pubblico scatenate dalle proteste nella capitale e dai violenti scontri tra la polizia e i gruppi indigeni Mapuche nel sud del Paese. Un’assemblea, dominata da rappresentanti di sinistra e indipendenti, sta guidando la redazione della nuova Costituzione. Chiunque vinca la presidenza dovrà gestire il referendum per approvarla o meno.
Monsignor Chomali: accogliere il nuovo presidente con fede e ottimismo
In una intervista a Vatican News, il vicepresidente della Conferenza episcopale cilena Fernando Chomali, sostiene che la campagna elettorale ha avuto toni aggressivi e squalificanti; tuttavia, invita ad accogliere, indipendentemente dai risultati, il nuovo presidente “con fede e ottimismo e a farsi coinvolgere nelle grandi trasformazioni di cui il Paese ha bisogno”. Proprio questi toni – secondo il presule – non avrebbero permesso uno sguardo “profondo” sulle grandi questioni del Cile, che hanno a che fare con la povertà, la disuguaglianza, la corruzione e le popolazioni native: “Penso che questa sia stata una carenza”, ammette. Descrive come indipendente e trasparente il sistema elettorale, per cui “la gente potrà votare con tranquillità e liberamente”. Chomali incoraggia dunque il popolo a recarsi a votare spiegando che, se da una parte c’è da tempo una diffusa disaffezione alla politica da parte di chi pensa che in sostanza le cose continueranno ad essere sempre le stesse, dall’altra, quando i Paesi sono costruiti su basi solide e con persone sostenute dalla cittadinanza, le cose possono cambiare.
Corresponsabilità di ciascuno per guarire una società ferita
In questo contesto, il presule ha ricordato che il Cile sta vivendo “un momento molto delicato e molto interessante” visto anche che c’è un gruppo di persone democraticamente elette che sta scrivendo una nuova Costituzione a cui tutti i cittadini possono partecipare generando – ha detto – “una mappa antropologica della società che vogliamo per il futuro”. Pur riconoscendo che il Cile sia cresciuto economicamente, Chomali osserva che non è stato capace di includere il 15% della popolazione la quale continua a vivere in situazioni molto difficili. Il vescovo insiste sul fatto che “ognuno ha una corresponsabilità per aiutare una società che è ferita a guarire correttamente”. Invita pertanto a fare la propria parte senza aspettarsi tutto dal governo che verrà. “La coscienza è il santuario in cui Dio parla all’uomo – conclude – ed è in quel luogo che la gente deciderà per chi votare. La Chiesa, dal canto suo, continuerà a svolgere il suo compito di evangelizzazione e a preoccuparsi dei più poveri”.