Debora Donnini – Città del Vaticano
Voci femminili in dialogo da diverse parti del mondo hanno arricchito il webinar sul ruolo unico delle donne nello sviluppo, con particolare attenzione a come sostenere la loro leadership nel plasmare sistemi alimentari resilienti in tutto il mondo. Co-ospitato dal Forum di Roma e intitolato “Cibo per la Vita: il ruolo delle donne nella promozione dello sviluppo umano integrale”, il webinar di oggi è il primo di una serie di tre lanciati, alla luce del prossimo Summit delle Nazioni Unite sui Sistemi Alimentari del 2021, dalla Segreteria di Stato della Santa Sede, dalla Missione Permanente della Santa Sede presso la FAO, l’IFAD e il PAM, dal Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale e dalla Commissione Vaticana COVID-19 insieme ai partner che lavorano nel campo della sicurezza alimentare.
Uno sguardo integrale
Titolo di questa serie “Cibo per la Vita, Giustizia Alimentare, Cibo per Tutti”, che inizia durante la Settimana della Laudato si’ (16-24 maggio), e si ispira proprio a questa Enciclica di Papa Francesco. Si vuole, infatti, mostrare come un’ecologia integrale possa ispirare la rigenerazione dei sistemi alimentari nel futuro post-COVID. Importante evidenziare anche come la Chiesa e altri partecipanti possono contribuire a questa trasformazione dei sistemi alimentari verso la cura della casa comune, lo sradicamento della fame, il rispetto della dignità umana e il servizio del bene comune, in modo che nessuno sia lasciato indietro. A partecipare al webinar di oggi anche Chiara Martinelli, co-coordinatrice della taskforce Ecologia della Commissione Vaticana Covid-19:
R. – La Santa Sede e i vari attori della Chiesa vogliono contribuire a questo processo verso il Summit delle Nazioni Unite sui Sistemi Alimentari, con un approccio basato sulla visione dell’ecologia integrale che Papa Francesco ci presenta con l’Enciclica Laudato si’ e che – abbiamo fatto l’esperienza come Commissione vaticana Covid-19 durante quest’ultimo anno – è la chiave per affrontare le sfide globali in una maniera sistemica e non settoriale: non guardare all’ingiustizia alimentare soltanto come un problema di scarsità di cibo che certamente va affrontato, ma anche come un problema di giustizia. Bisogna affrontare le diseguaglianze attraverso tutta la fase del sistema alimentare. Quindi, dalla produzione al consumo alla distribuzione alla gestione degli scarti. Una visione a 360 gradi, dunque, che ci aiuti a dare un contributo su quelli che sono gli elementi necessari per avere un sistema alimentare “dal campo alla forchetta”, che sia attento a rispondere sia alla scarsità di cibo in alcune parti più vulnerabili del pianeta ma anche che sia un sistema alimentare resiliente, capace di adattarsi ai cambiamenti climatici, che limiti il contributo al riscaldamento globale, che garantisca una nutrizione sana per tutti.
Quale può essere nel campo dell’alimentazione l’apporto specifico delle donne?
R. – Le donne, come abbiamo visto nel webinar di oggi, hanno tantissimo da portare a questa discussione. Quello che abbiamo cercato di fare con questo webinar è prima di tutto sottolineare l’impatto spropositato che l’insicurezza alimentare ha sulle donne nel mondo. Abbiamo però cercato di non sottolineare solamente le donne come vittime di questo sistema alimentare dominante che non garantisce una giustizia alimentare ad oggi, ma come donne che siano agenti di cambiamento con tutto l’apporto a costruire questo sistema alimentare in un’ottica di ecologia integrale. Quindi, oggi per esempio abbiamo parlato di cultura della cura, con una prospettiva femminile del prendersi cura del pianeta, degli altri, delle diversità, e assicurare un’inclusione di tutti i vari attori nel costruire sistemi alimentari resilienti. Questo, penso, sia un contributo che le donne possono portare in questa discussione e abbiamo visto nel webinar di oggi come questo contributo possa arrivare da molti campi. Non solo, come abbiamo sentito da alcune colleghe di alcuni Paesi africani, con le donne che in prima linea si occupano di portare avanti le proprie colture nelle varie regioni del mondo, ma anche nella diplomazia, nella politica e nell’economia, con questo filo conduttore della cultura della cura.
Cura, pace, cibo, coesione: sono molte le parole che hanno segnato questo primo webinar. Secondo lei, quale messaggio comune emerge nella varietà delle testimonianze che ci sono state?
R. – Quello che per me emerge come filo conduttore è proprio l’inclusività e quindi un’attenzione anche verso il Summit delle Nazioni Unite, un’attenzione a ascoltare l’esperienza concreta di chi in prima linea affronta il problema dell’insicurezza alimentare, ascoltare l’esperienza e la competenza di piccoli agricoltori da diverse parti del mondo, ascoltare il contributo delle donne in questo in questo processo. Quindi, penso che questo sia quello che mi porto nel cuore dopo il primo webinar, ma anche nel lavoro che stiamo facendo verso il Summit delle Nazioni Unite proprio cercando di puntare a chiamare a un’inclusività e a fare di questo Summit, il Summit delle persone come viene definito, il People Summit, e perché lo sia veramente dobbiamo, come Chiesa soprattutto, assicurare che ci sia un posto al tavolo per le persone che più soffrono la sicurezza alimentare nel mondo, ma anche per i piccoli agricoltori che in varie parti del mondo contribuiscono alla produzione di cibo per tutti noi.