Michele Raviart – Città del Vaticano
“La pace è un processo complesso e la complessità si può affrontare solo se c’è condivisione. Non è una questione teorica, ma è un modo di essere, di vivere e di pensare la convivenza civile di tutti i giorni”, ad affermarlo è Giuseppe Notarstefano, presidente dell’Azione Cattolica italiana, una delle associazioni che ha promosso “School of Peace: le guerre e la pace ai confini dell’Europa”. Tre giorni di seminari e laboratori alla Domus Mariae di Roma per cercare di capire meglio il mondo di oggi e quali possono essere i contributi di associazionismo e società civile per il raggiungimento della pace.
Il compito educativo delle associazioni
“L’ispirazione”, spiega ancora il presidente di Ac, “viene dalla visione che il Papa ci dà come compito quotidiano: quella di essere artigiani di pace”. Le associazioni – oltre ad Azione Cattolica partecipano anche l’Istituto Toniolo, Caritas, Focsiv e Missio, “hanno un compito educativo e formativo”, spiega ancora Notarstefano, e bisogna avere tempo “per capire un po’ di più quello che sta succedendo e farlo da prospettive multidisciplinari: abbiamo bisogno delle relazioni internazionali, del diritto dell’economia. Abbiamo sempre più bisogno di una ‘scienza della pace’.
Paura e indifferenze conseguenze della non conoscenza
“Capire i conflitti” è stato il tema di oggi, con gli interventi di Sandro Calvani, presidente del Consiglio scientifico dell’Istituto Toniolo, di don Renato Sacco di Pax Christi e di Paolo Beccegato, vicedirettore della caritas italiana. “Le conseguenze della guerra”, “Le esperienze di riconciliazione”, “Restituzione, impegni concreti e iniziative per la pace”, invece, i macrotemi per i prossimi giorni. “Paura e indifferenza sono figlie della non conoscenza e approfondire è fondamentale, perché la conoscenza è anche alla base dell’amore stesso, e degli altri pilastri della pace, la verità, la libertà, la giustizia e la carità”, spiega Beccegato, che ha parlato della guerra in Ucraina e degli altri conflitti dimenticati, come quelli in Yemen e in Siria.
L'”iceberg” delle guerre nel mondo
“L’Ucraina”, spiega, “è la punta di un iceberg, composto da un numero di guerre nel mondo in crescita che hanno un impatto sui poveri e sull’umanità in espansione”, spiega. “Sono circa 235 milioni le persone che dipendono completamente dagli aiuti umanitari. Noi come Caritas ci mettiamo una piccola ‘pezza’, ma se non c’è il concorso di tutta la comunità internazionale, che ha già dichiarato che 75 milioni di queste persone non è in grado aiutarle, molti fratelli e sorelle resteranno senza aiuti”.
Una voce dal basso per la pace e per sensibilizzare le istituzioni
Il conflitto in Ucraina è “un particolare focolaio di quella che è una guerra mondiale a pezzi”, ribadisce invece Notarstefano. “Noi siamo molto preoccupati perché la guerra ce l’abbiamo qui in Europa e sentiamo la sofferenza vicina, come la sente il Santo Padre. Come Azione Cattolica abbiamo avuto tanti momenti di preghiera e di confronto con la Chiesa ucraina. Sentiamo questa sofferenza e la facciamo nostra. Però sentiamo tutte le sofferenze di guerre che nel mondo si generano con il prevalere delle ragioni dell’interesse su quelle delle ragioni dei popoli”, sottolinea. “Questo”, infatti “è il tempo di andare dalla parte della società civile che spesso viene criticata. Si dice che la piazza non basta che le manifestazioni non bastano. Ci rendiamo conto di questo però è necessario dare voce alla speranza e a desiderio di pace che alberga nel cuore delle persone. E far venire fuori una voce dal basso che inviti le istituzioni a fare tutto il possibile, perché noi non crediamo si stia facendo tutto il possibile per la pace”.