Amedeo Lomonaco – Città del Vaticano
La loro scomparsa metterebbe in pericolo la sicurezza alimentare e il futuro dell’umanità. Portano benefici alle persone, alle piante e all’ambiente e trasportando il polline da un fiore all’altro consentono non solo la produzione di un’abbondanza di frutta, noci e semi, ma anche una maggiore varietà e una migliore qualità. Insieme ad altri impollinatori – tra cui pipistrelli, coleotteri e colibrì – le api svolgono un ruolo importante nel mantenimento della biodiversità, garantendo la sopravvivenza e la riproduzione di molte piante, sostenendo la rigenerazione forestale, migliorando la quantità e la qualità delle produzioni agricole. Circa il 70% delle 115 principali colture agrarie mondiali beneficia dell’impollinazione animale. L’apicoltura è un’attività diffusa in tutto il mondo, con milioni di apicoltori che dipendono dalle api per il loro sostentamento e benessere. Il 20 maggio, nel giorno di nascita dello sloveno Anton Janša (1734-1773) pioniere delle tecniche di apicoltura, si celebra la Giornata mondiale delle api, istituita per volontà dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite. Quest’anno è incentrata sul tema: “Celebrare la biodiversità delle api e dei sistemi di apicoltura”.
Popolazione di api in declino
In Europa la produzione di circa l’80% delle 264 specie coltivate dipende dall’attività degli insetti impollinatori. La riproduzione dell’88% delle piante selvatiche da fiore del mondo (circa 308.000 specie) dipende, almeno in parte, dall’impollinazione animale per la riproduzione. In tutta l’Unione Europea ci sono almeno 600.000 apicoltori, che producono circa 250.000 tonnellate di miele l’anno. Ma negli ultimi anni, non solo in Europa, si registra un grave fenomeno: la riduzione del numero delle colonie di api e il declino delle loro popolazioni. Nel Rapporto di valutazione tematico su impollinatori, impollinazione e produzione alimentare, pubblicato nel febbraio 2016 dall’Ipbes, si sottolinea che un numero crescente di specie di impollinatori in tutto il mondo è sull’orlo dell’estinzione a causa di molteplici cause. Tra queste la distruzione, la degradazione e la frammentazione degli habitat, l’inquinamento (in particolare da pesticidi), i cambiamenti climatici e la diffusione di parassiti e patogeni. Se il numero di api continuerà a diminuire, in futuro saranno a serio rischio vari alimenti tra cui pesche, castagne, mele, mandorle. Ed anche zucchine, pomodori ed altri ortaggi.
Papa Francesco: tutte le creature sono connesse
Il futuro dell’umanità è legato alla cura e alla custodia degli ecosistemi. “Quando si analizza l’impatto ambientale di qualche iniziativa economica – sottolinea Papa Francesco nell’enciclica Laudato si’ – si è soliti considerare gli effetti sul suolo, sull’acqua e sull’aria, ma non sempre si include uno studio attento dell’impatto sulla biodiversità, come se la perdita di alcune specie o di gruppi animali o vegetali fosse qualcosa di poco rilevante. Le strade, le nuove colture, le recinzioni, i bacini idrici e altre costruzioni, vanno prendendo possesso degli habitat e a volte li frammentano in modo tale che le popolazioni animali non possono più migrare né spostarsi liberamente, cosicché alcune specie vanno a rischio di estinzione”. “Tutte le creature – aggiunge il Papa – sono connesse tra loro, di ognuna dev’essere riconosciuto il valore con affetto e ammirazione, e tutti noi esseri creati abbiamo bisogno gli uni degli altri. Ogni territorio ha una responsabilità nella cura di questa famiglia, per cui dovrebbe fare un accurato inventario delle specie che ospita, in vista di sviluppare programmi e strategie di protezione, curando con particolare attenzione le specie in via di estinzione”.
Pio XII e la lezione delle api
Le api sono una “testimonianza visibile della sapienza invisibile del Creatore”, un “esempio di vita e di attività sociale, in cui ciascuna categoria ha il suo ufficio da adempiere”. È questo un passaggio del discorso rivolto da Papa Pio XII, il 27 novembre del 1947, ai partecipanti al congresso nazionale di apicultura. Il Pontefice aggiunge che “l’ape penetra sino al fondo del calice, diligente, attiva e così delicata che, una volta raccolto il suo prezioso bottino, lascia dolcemente i fiori, senza aver menomamente leso il leggiero tessuto della loro veste, senza aver fatto perdere a un solo dei loro petali la sua immacolata freschezza”. E sottolinea quanto sia importante la “la lezione delle api”:
Ah ! se gli uomini sapessero e volessero ascoltare la lezione delle api; se ciascuno sapesse compiere, nell’ordine e nell’amore, al posto fissato dalla Provvidenza, il suo dovere quotidiano; se ciascuno sapesse gustare, amare, mettere in valore, nella collaborazione intima del focolare domestico, i piccoli tesori accumulati durante la sua giornata di lavoro fuori di casa; se gli uomini sapessero con delicatezza, con eleganza – per parlare secondo il linguaggio umano -, con carità -per parlare cristianamente -, nelle relazioni coi loro simili, trarre profitto da ciò che questi hanno concepito di vero e di bello nel loro spirito, da ciò che essi portano di onesto e di buono nell’intimo fondo del loro cuore, senza offenderli per indiscrezione o per stoltezza, senza alterare la verginità del loro pensiero o del loro amore.
Papa Pacelli ricorda poi che se gli uomini imparassero la “lezione delle api” si potrebbe costruire una società nuova, un mondo migliore:
Se sapessero assimilarsi, senza gelosia e senza orgoglio, le ricchezze acquisite a contatto coi loro fratelli ed elaborarle alla lor volta con la meditazione e il lavoro della loro propria mente e del loro proprio cuore; se, in una parola, imparassero a fare per virtù d’intelligenza e di saggezza, quel che le api fanno per istinto: quanto migliore sarebbe il mondo! Lavorando, come le api, nell’ordine e nella pace, gli uomini apprenderebbero a gustare e a far gustare agli altri il frutto delle loro fatiche, il miele e la cera, la dolcezza e la luce nella vita di quaggiù. Invece, quanto spesso, pur troppo, essi guastano le cose migliori e più belle con la loro asprezza, la loro violenza, la loro malizia; quanto spesso non sanno in tutto cercare e trovare che la imperfezione ed il male e, snaturando persino le intenzioni più rette, volgere in amarezza anche il bene.
Se gli uomini impareranno la lezione delle api sapranno, come questi insetti, “scoprire nelle anime più umili il profumo di nobili qualità, di eminenti virtù, talvolta ignorate da quelli stessi che le posseggono; sapranno discernere nel fondo delle intelligenze più ottuse, degli spiriti più incolti, nel fondo stesso dei pensieri dei loro avversari – conclude Pio XII – almeno qualche traccia di sano giudizio, qualche barlume di verità e di bontà”.
Papa Urbano VIII, le api nella Basilica vaticana e a Roma
Le api sono il simbolo della famiglia dei Barberini. Questi insetti sono raffigurati all’interno e all’esterno della Basilica di San Pietro. Sui piedistalli delle colonne del monumentale Baldacchino, in particolare, viene più volte rappresentato lo stemma di Papa Urbano VIII, appartenente alla famiglia dei Barberini. Si tratta di uno scudo con tre api sormontato dalle chiavi incrociate e dalla tiara. A Roma si può inoltre ammirare la Fontana delle api commissionata da Papa Urbano VIII a Gian Lorenzo Bernini. La fontana della Barcaccia, collocata al centro di piazza di Spagna, è stata realizzata tra il 1626 e il 1629 per volontà di Papa Maffeo Barberini. Anche in questa opera sono visibili gli stemmi papali caratterizzati dalle api. In una nicchia della Basilica di San Pietro si trova poi il monumento sepolcrale di Urbano VIII, anche questo contraddistinto dal morivo delle api laboriose.
Le api nella Bibbia
Il termine ape (in ebraico debora) compare nella Bibbia cinque volte. Mosè ricorda che Dio è “sceso per liberarlo dalla mano dell’Egitto e per farlo uscire da questo paese verso un paese bello e spazioso, verso un paese dove scorre latte e miele”. Le api sono simbolo di instancabile laboriosità (Gdc 14,8). Ma anche di bontà e umiltà: “Non lodare un uomo per la sua bellezza e non detestare un uomo per il suo aspetto. L’ape è piccola tra gli esseri alati, ma il suo prodotto è il migliore fra le cose dolci. Non ti vantare per le vesti che indossi e non insuperbirti nel giorno della gloria, perché stupende sono le opere del Signore, eppure esse sono nascoste agli uomini” (Sir 11,3). Le api quando si muovono in sciame sono simbolo dei nemici che attaccano Israele. Lo ricorda Mosè al popolo uscito dall’Egitto: “Vi inseguirono come fanno le api e vi batterono in Seir fino a Corma” (Dt 1,44). Il profeta Isaia paragona l’Assiria, grande nemico del popolo d’Israele, ad api irritate: “In quel giorno il Signore farà un fischio alle mosche che sono all’estremità dei canali d’Egitto e alle api che si trovano in Assiria” (Is 7,18). Le api che pungono e dalle quali è difficile liberarsi descrivono la sofferenza del giusto perseguitato: “Mi hanno circondato come api” (Sal 118,12).
Sant’Ambrogio e il miracolo delle api
Sant’Ambrogio, patrono degli apicoltori, aveva una grande ammirazione per le api. Nel suo libro “Esamerone” dedica ampio spazio proprio alla vita di questi insetti, che costituiscono una società perfetta in cui le diverse mansioni vengono compiute senza invidie né prevaricazioni. Il suo biografo Paolino scrive che Ambrogio, quando ha pochi mesi di vita, dorme nella sua culla. Ma all’improvviso uno sciame di api gli copre il volto. La sua balia è spaventata e cerca di scacciare gli insetti. Ma il padre la ferma dicendo che si tratta di un segno prodigioso. Ed esclama: “Se questo bambino vivrà, diventerà qualcosa di grande!”. “In effetti già da allora – scrive Paolino – il Signore agiva nell’infanzia del suo servo affinché si adempisse ciò che dice la Scrittura: I favi di miele sono i buoni discorsi”.
Il cero pasquale
Durante la veglia di Pasqua, il canto dell’annuncio pasquale fa riferimento alle api dalla cui cera proviene il cero. Il loro condiviso è simbolo della comunione che deve caratterizzare il popolo di Dio. In un passo dell’inno dell’Exultet, riportato nel Messale Romano, si legge: “In questa notte di grazia accogli, Padre santo, il sacrificio di lode, che la Chiesa ti offre per mano dei suoi ministri, nella solenne liturgia del cero, frutto del lavoro delle api, simbolo della nuova luce. Riconosciamo nella colonna dell’Esodo gli antichi presagi di questo lume pasquale che un fuoco ardente ha acceso in onore di Dio. Pur diviso in tante fiammelle non estingue il suo vivo splendore, ma si accresce nel consumarsi della cera che l’ape madre ha prodotto per alimentare questa preziosa lampada. Ti preghiamo, dunque, Signore, che questo cero, offerto in onore del tuo nome per illuminare l’oscurità di questa notte, risplenda di luce che mai si spegne”.
La via delle api
Il rapporto tra le api e l’uomo risale all’antichità. Sulle pareti di una grotta in Spagna è stata ritrovata una pittura del 7.000 a. C. che ritrae un uomo il quale raccoglie del miele da un alveare selvatico. Al mondo delle api è dedicata una mostra visitabile a Roma, fino al 29 maggio, al museo civico di zoologia. Lo spazio espositivo “La via delle api” intende sottolineare l’importanza di questi insetti (l’80% del cibo che arriva sulle nostre tavole è frutto del lavoro di questi e di altri impollinatori) e il loro ruolo per il mantenimento della biodiversità.
La mostra, sottolinea Carla Marangoni coordinatrice del servizio musei scientifico di Roma Capitale, è un percorso per far comprendere la natura delle api, il loro modo di comunicare. La loro esistenza “è minacciata dall’uso intensivo dei pesticidi” ma ogni persona, aggiunge Carla Marangoni, può fare qualcosa per salvaguardare questi insetti.
Le api e il mondo della musica
Gli animali in natura e nelle metafore non mostrano sempre lo stesso profilo. Alcuni invece sono una eccezione. Uno di questi è l’ape che produce dolcezze sia nell’arte sia nella vita.
Nel 1953, con la voce di Doris Day, un insetto riesce anche ad interpretare l’amore. L’ape rappresenta anche il suo suono. Un suono che nella vita è fastidioso. Nell’arte diventa invece una delle musiche più belle della fine ‘800 con l’orchestra di Rimsky-Korsakov. Con la musica sembra perfino vederle delle api: belle, eleganti, operose, imprendibili. Nel 1953 l’ape viene rappresentata come un re. nella canzone “I’m a King Bee” di Slim Harpo. Le api ci aiutano a vivere e anche quando le vedi tutte insieme rimani quasi annichilito, spaventato dalla loro esuberanza. Come l’eccesso che è tipico di uno spartito barocco.
La puntata numero 101 di Doppio Click è stata realizzata da Andrea De Angelis, Alessandro Guarasci, Francesca Merlo e Amedeo Lomonaco.