Presso la sede romana della Fao la presentazione nel pomeriggio degli Atti del Sinodo per l’Amazzonia che si è tenuto nel 2019. La Dichiarazione finale dell’Assemblea speciale dei Vescovi indica le linee d’azione per la missione della Chiesa nella regione, per promuovere la dignità e i diritti dei suoi popoli e proteggere i loro territori. Una chiamata a cui risponde l’impegno delle Reti ecclesiali Repam e Ceama ricevute ieri dal Papa
Adriana Masotti – Città del Vaticano
Dopo aver offerto al Papa, incontrato ieri in Vaticano, i progressi fatti negli ultimi anni dopo il Sinodo sulla Regione Panamazzonica di cinque anni fa, questo pomeriggio gli Atti di quell’Assemblea speciale dei vescovi dedicata all’Amazzonia vengono presentati presso il Centro Sheikh Zayed della sede della FAO, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura, a Roma, intitolati “Nuovi percorsi per la Chiesa e per un’ecologia integrale”.
Il tavolo dei relatori
La conferenza si apre con le parole del cardinale Mario Grech, segretario generale del Sinodo, con lui intervengono, fra gli altri, il cardinale Michael Czerny, prefetto del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale; il cardinale Pedro Ricardo Barreto Jimeno, presidente della Conferenza Ecclesiale dell’Amazzonia (CEAMA), monsignor Fernando Chica Arellano, osservatore permanente della Santa Sede presso la Fao, Yésica Patiachi e suor Laura Vicuña rispettivamente vicepresidenti REPAM e CEAMA. Il saluto del padrone di casa, il direttore generale della Fao, Qu Dongyu, introduce i diversi contributi confermando “l’impegno delle Nazioni Unite a fianco dei popoli indigeni per debellare la fame ma denunciando il permanere, nonostante i progressi fatti, di una grande insicurezza alimentare nella regione”.
Grech: nel Sinodo l’ascolto della voce degli indigeni
L’iniziativa di questo pomeriggio è per il cardinale Mario Grech “tanto più significativa oggi che la Chiesa cattolica sta celebrando un Sinodo sulla sinodalità”, e riflettendo dunque “sul suo modo di essere Chiesa, rimettendo al centro del suo essere e del suo agire la pari dignità dei suoi fedeli, chiamati a essere corresponsabili nella missione della Chiesa”. Missione di cui, afferma, si può scorgere chiaramente “un assaggio” nell’Assemblea speciale per la Regione Panamazzonica che ha avviato un processo, ancora in corso, di ascolto della realtà e delle richieste della sua gente. Il porporato spiega che più che dare risposte, in quel Sinodo la Chiesa ha inteso offrire un metodo, un modo di fare “che parte dal riconoscimento dell’essere umano come soggetto attivo, protagonista del proprio futuro”. Grech sottolinea che “questo è l’aspetto veramente importante: non sostituirsi alle persone e alle comunità che vivono un determinato problema, perché sono loro che hanno la reale conoscenza di ciò che stanno vivendo”.
Agire insieme in una “prospettiva integrale”
“Ascoltando la gente, soprattutto il popolo santo di Dio – prosegue Grech – i vescovi e il Papa hanno cercato di cogliere ciò che lo Spirito Santo sta ispirando alle Chiese locali di questa regione nel loro incrollabile impegno a sostenere la centralità della persona, il bene comune, la solidarietà e la gestione responsabile del creato nella loro missione”. Quanto sarebbe importante mettere in atto un vero ascolto anche nella politica internazionale, afferma il segretario generale del Sinodo, che mette il luce ancora due elementi: uno riguarda la “prospettiva integrale” e cioè la coscienza dell’interconnessione tra tutte le “crisi morali, sociali, economiche e politiche che stiamo vivendo”. Così è stato per i progetti pensati per la regione Panamazzonica dove cura dell’ambiente, giustizia per i poveri e difesa della dignità umana sono legati e alla fine riguardano tutti noi. Dunque, “solo agendo insieme si può trovare una soluzione equa e dignitosa”. Il cardinale Grech usa una parola spesso ripetura da Papa Francesco: “desborde”. Questo è il terzo aspetto: significa il “superamento delle norme, delle regole e degli interessi di ciascuno a favore di una sovrabbondanza di impegno da parte di tutti”. L’Amazzonia, conclude, “ha davvero bisogno di una sovrabbondanza di impegno”, vista “la sovrabbondanza di violenza che sta vivendo ancora oggi”. Una sfida che il porporato spera la comunità internazionale saprà raccogliere.
Czerny: rivedere le nostre scelte
Il cardinale Michael Czerny sottolinea, da parte sua, l’impegno della Santa Sede per lo sviluppo umano integrale dell’intera comunità amazzonica. Ricorda di aver avuto “la felice opportunità di assistere alla creazione della Rete Ecclesiale PanAmazzonica (REPAM)”, tanto necessaria per “un dialogo e una collaborazione efficaci” nella regione in quanto integra “vescovi, clero, religiosi, varie azioni pastorali insieme alle popolazioni stesse”. L’obiettivo è l’ascolto delle “popolazioni del territorio per aiutarle a godere dei loro diritti, a difendere i loro territori, a prendersi cura della casa comune”. Ripensando personalmente al Sinodo sull’Amazzonia voluto da Papa Francesco, il cardinale Czerny afferma che “ciò che rimane in primo piano nella mia mente sono le voci dei popoli amazzonici” e come le loro parole sono state accolte e la loro richiesta alla Chiesa di proseguire il cammino insieme a loro. Czerny prosegue: “Questo incontro e questo impegno reciproco costituiscono un grande, sincero, trasparente impegno nel leggere i segni dei tempi, nel discernere onestamente ciò che questi segni significano, e nell’abbracciare la volontà di Dio per l’Amazzonia e per il mondo intero”, una volontà spesso contrapposta a quella in corso. “Le scelte che le persone stanno facendo in tutto il mondo in merito a ciò che consumiamo, a ciò che investiamo, a come guadagniamo, a quali obiettivi miriamo, sono spesso in contraddizione distruttiva con la sopravvivenza stessa e la fioritura dell’Amazzonia e dei suoi popoli”.
Una chiamata all’impegno, oggi
Un frutto molto significativo del processo sinodale, afferma ancora Czerny, è la creazione della Conferenza Ecclesiale dell’Amazzonia (CEAMA), con la partecipazione dei popoli, delle comunità e della Chiesa amazzonica che sta dando vita a molte nuove iniziative “per cercare forme di agricoltura e allevamento sostenibili, per l’uso di energia pulita e di risorse senza distruggere l’ambiente e le culture”. Il prefetto del Dicastero per lo Sviluppo Umano Integrale osserva che “l’Amazzonia è un luogo privilegiato dove la vita si esprime e dove Dio stesso fa sentire la sua presenza” e costituisce “una chiamata all’impegno e un’eloquente espressione di speranza per il futuro del mondo”. La chiamata per tutti è alla conversione, oggi, perchè, conclude: “più tardi sarà troppo tardi”.
Barreto Jimeno: il lavoro della CEAMA
Il cardinale Pedro Barreto Jimeno, ripercorre la preparazione al Sinodo per la Regione Amazzonica dell’ottobre 2019 che, dice, ha visto 70 assemblee territoriali, 25 forum tematici, seminari con la partecipazione di oltre 80.000 persone, un buon numero delle quali indigene amazzoniche e di come la CEAMA, di cui è presidente, sia stata creata nel 2020 come risposta diretta alle raccomandazioni del Sinodo e sia stata incaricata di attuare le proposte del Documento finale e di delineare un piano pastorale. “Il processo sinodale della Chiesa in Amazzonia continua oggi con maggiori evidenze di problemi sociali e ambientali”, afferma e spiega come REPAM e CEAMA si completino a vicenda per un migliore servizio all’Amazzonia che si declina in: difesa dei diritti indigeni, promozione dell’ecologia integrale, rafforzamento della pastorale amazzonica, ricerca di soluzioni alla deforestazione e al degrado ambientale causato dalle attività estrattive e commerciali. L’impegno è volto poi a rafforzare la Chiesa locale, incoraggiando una maggiore partecipazione e leadership dei laici, in particolare delle donne e dei giovani. Tuttavia, “le sfide rimangono significative e richiedono uno sforzo costante e coordinato”.
Patiachi: uniti salveremo l’Amazzonia e il pianeta
Un appello alla conversione dei nostri stili di vita lo rivolge Yésica Patiachi, indigena della regione amazzonica, peruviana di etnia Harakbut e vicepresidente della REPAM. “I popoli indigeni sono a rischio – afferma – perchè la terra si sta ammalando. I loro territori non vengono protetti, la gente considerata ‘custode delle forest’ viene uccisa. In passato – continua – noi ci chiedevamo che cosa fa la Chiesa, ora possiamo dire che REPAM e CEAMA sono una risposta all’Amazzonia che sta sanguinando”. Ora la Chiesa c’è, dice, il Papa è venuto di persona a vedere come viene depredata la nostra foresta e i nostri territori secondo un modello che non si può chiamare di sviluppo perchè, sottolinea, mettono a repentaglio la vita. E porta l’esempio dell’estrazione di mercurio che contamina i cibi e dell’olio di palma tanto voluto dalle industrie europee da dare più valore alla palma rispetto alla vita delle persone. Racconta poi dell’incontro di ieri con Papa Francesco che gli indigeni chiamano con rispetto “nonno”. “Noi lo ringraziamo per il suo accompagnamento, afferma Patiachi, lui ci ha detto che non c’è alcuna marcia indietro e questo ci fa ben sperare”. Che cosa faremo, che cosa possiamo fare insieme? “Unendo tutti i popoli indigeni siamo riusciti a piantare un albero che salverà l’umanità. Nella foresta tutto è collegato, dalle foreste dipende la nostra vita e la nostra vita garantisce le foreste da cui dipende la sicurezza alimentare. Lavorando tutti insieme e con un atteggiamento propositivo – conclude – andremo avanti”.
Suor Vicuña: molti i “progetti di morte” da contrastare
Prima del dibattito con i presenti alla conferenza e l’ascolto di altri brevi interventi di rappresentanti della FAO e dell’IFAD, il Fondo internazionale per lo sviluppo agricolo, le parole di suor Laura Vicuña, vicepresidente della CEAMA. “L’Amazzonia non è mai stata minacciata come lo è oggi, aveva detto Francesco all’inizio del Sinodo di cinque anni fa – ricorda la religiosa – e ora stiamo percorrendo un lungo cammino di presenza evangelizzatrice della Chiesa nella regione, cercando di rispondere all’evangelizzazione integrale, dove al centro c’è la vita”. Vicuña elenca poi i numerosi “progetti di morte” presenti in Amazzonia: “centrali idroelettriche, miniere, monocolture che distruggono e inquinano la terra, l’aria e l’acqua, distruggendo la biodiversità e i sistemi necessari alla vita dell’intero pianeta, nonché gli stessi modi di vita dei popoli amazzonici e nativi, molti dei quali – sottolinea – sono costretti a trasferirsi nelle periferie delle città, senza alcuna sicurezza dal punto di vista dell’accesso al cibo e delle politiche pubbliche, con una totale assenza dello Stato e la presenza invece della criminalità organizzata”. In mezzo a tutto questo si muove l’impegno della Chiesa in Amazzonia a cui le donne, dice, danno un contributo “enorme”. Anche per suor Laura è essenziale una conversione sinodale ed ecologica, la crescita della “cultura del dialogo, dell’incontro e della ricchezza dell’unità nella diversità, quella “pluriforme armonia”, che richiede da parte nostra innovazione e creatività”.
Chica Arellano: lavorare insieme secondo lo spirito del Sinodo
La conclusione è affidata a monsignor Fernando Chica Arellano. A nome di tutti ringrazia la FAO, presso cui è osservatore permanente, e l’IFAD e quanti a diverso titolo hanno collaborato e permesso la realizzazione di questo seminario. “Si è vista la preoccupazione comune per ‘il polmone del mondo’, oggi compromesso – afferma – e le nostre coscienze devono sentirsi chiamate all’azione per condividere, come dice il Papa, l’affetto per questa terra riconoscendola un ‘sacro mistero’. La Chiesa non è indifferente alla sua sorte e a quella dei suoi popoli”. È necessario camminare mano nella mano nella missione di custodire il pianeta e la dignità della persona. “Questo pomeriggio abbiamo sottolineato la necesità di lavorare ‘insieme’. La parola ‘insieme’ – conclude monsignor Chica Arellano – rispecchia uno stile d’azione che deve essere consolidato. Questo è lo spirito del Sinodo.”