L’autorità missionaria e la guida profetica delle donne nella Chiesa delle origini

Vatican News

La vita religiosa come la conosciamo oggi – sia quella contemplativa sia quella attiva – si è evoluta nel corso di duemila anni. In questo primo di quattro saggi, Christine Schenk, attingendo alla documentazione letteraria, ci parla delle donne nel cristianesimo primitivo

di Christine Schenk, CSJ 

Quando ero una giovane suora della Congregazione di San Giuseppe di Cleveland avevo il grande desiderio di capire chi fossero state le nostre antenate nella fede. Pur essendo appassionata dei testi biblici, spesso mi riesce difficile riconoscermi in essi perché i testi del nostro lezionario quasi sempre parlano dei nostri antenati-uomini. Le discepole devote di Gesù – ad eccezione di Maria di Nazareth – sono praticamente invisibili. Quando iniziai poi a studiare per il master in teologia nel seminario locale, ho divorato ogni informazione sulle donne del cristianesimo primitivo. In questa serie di quattro saggi voglio individuare le radici storiche delle comunità religiose femminili e forse aiutare i lettori a iniziare a riconoscersi nella storia dei primi cristiani.

La diffusione del cristianesimo

Il “movimento di Gesù” si diffonde rapidamente in tutto l’Impero romano, in parte grazie all’iniziativa delle vedove e di donne nelle vesti di apostoli, profeti, evangelizzatori, missionari e a capo di chiese domestiche. La sua crescita può essere attribuita anche al sostegno finanziario di donne imprenditrici cristiane come Maria di Magdala e Giovanna (cfr. Lc 8, 1-3), Lidia (cfr. At 16, 11-40), Febe (cfr. Rom 16, 1-2), Olimpia, diaconessa del IV secolo, e altre. Papa Benedetto XVI ha riconosciuto proprio questo quando, il 14 febbraio 2007, disse che “la storia del cristianesimo avrebbe avuto uno sviluppo ben diverso se non ci fosse stato il generoso apporto di molte donne”. “Nell’ambito della Chiesa primitiva, la presenza femminile”, annotava ancora, “è stata tutt’altro che secondaria”.

La Chiesa domestica

“Botteghe” a Filippi. Lidia potrebbe avere venduto qui i suoi tessuti tinti di porpora (foto dell’autrice)

Donne evangelizzatrici

Celso, noto critico della Chiesa primitiva, aveva una scarsa opinione dell’evangelizzazione fatta dalle donne. Tuttavia, sia pure involontariamente, ha fornito prove indipendenti dell’iniziativa delle donne nel cristianesimo primitivo quando ha affermato che i cristiani convincevano le persone a “lasciare il padre e i maestri e ad andare invece con le donne e i bambini, compagni di gioco, nelle case delle donne, o nelle concerie o nelle botteghe dei follatori”. (Origene, Contro Celso). La critica di Celso coincide con affermazioni in altri testi del cristianesimo primitivo, secondo le quali l’evangelizzazione si faceva da persona a persona, di casa in casa, da donne che raggiungevano altre donne, bambini, liberti e schiavi. La sua critica ci dice che le donne cristiane (e pochi uomini) presero iniziative al di fuori delle regole del patriarcato in funzione della loro fede in Cristo.

Contributi specifici delle donne

Tre sono le innovazioni significative che si verificano nella società romana tra il I e il IV secolo e che possono essere attribuite all’evangelizzazione e ai ministeri di guida delle donne cristiane. La prima, intorno al IV secolo, è la libertà di scegliere una vita celibataria, che abbatte effettivamente un pilastro del patriarcato, e cioè l’obbligo di contrarre matrimonio. La seconda è che vedove e vergini cristiane salvano, socializzano, battezzano ed educano migliaia di orfani che altrimenti morirebbero perché abbandonati o sarebbero destinati alla prostituzione. La terza innovazione è che le attività di collegamento e di evangelizzazione delle donne svolgono un ruolo determinante nella trasformazione della società romana da una cultura preminentemente pagana a una cultura preminentemente cristiana.

Affresco del VI secolo raffigurante Tecla alla finestra (a sinistra), Paolo (al centro) e la madre di Tecla, Teoclia, (a destra) a illustrazione della scena dagli Atti di Tecla in cui Teoclia lamenta il fatto che la figlia non faccia altro che rimanere seduta alla finestra ad ascoltare la predicazione di Paolo (per gentile concessione della Ephesus Foundation)

Conclusione

Si possono riconoscere elementi di vita religiosa non solo nelle prime comunità di vedove, come quella di Grapte o di Tabità, ma anche in quelle donne che scelsero la vita celibataria, come le quattro figlie profetesse di Filippo (At, 21,9) e le comunità femminili in Asia minore, di cui si parla negli Atti di Tecla. Le donne di queste comunità non solo salvavano gli orfani e le vedove povere, ma profetizzavano anche nei primi raduni della Chiesa primitiva (cfr. 1 Cor 11; At 21, 8-19). Il loro esercizio controculturale dell’autorità nel contesto della vita domestica quotidiana è una delle chiavi spesso taciute della rapida diffusione del cristianesimo. L’autorità missionaria e la guida profetica delle donne nella loro ampia rete sociale cambia il volto dell’Impero romano.

Il materiale usato per questo articolo è tratto in larga parte dal libro dell’autrice “Crispina e le sue sorelle: donne e autorità nel cristianesimo primitivo” (Fortress Pres, 2017). Nel suo secondo articolo, che apparirà prossimamente, ella descrive una ricerca originale sulle prime donne cristiane tra le testimonianze archeologiche nei fregi di sarcofagi datati tra il III e il V secolo.