Maria Milvia Morciano – Città del Vaticano
Esiste un momento in cui il presepe si popola di molte figure: personaggi anonimi e altri che invece hanno un nome e una storia. Il paesaggio intorno alla Santa Famiglia diventa complesso e si arricchisce di mille particolari. Nel Seicento, a Napoli, appaiono presepi fastosi, affollati. Oggi c’è addirittura una strada tutta “specializzata” nella vendita di presepi e statuine: San Gregorio Armeno, la via della città famosa per le botteghe artigianali di presepi, è per tutti una via stretta che non spegne mai le sue luci, brulicante di vita sempre, ogni giorno dell’anno e non solo nel periodo natalizio.
Prima del presepio napoletano: le origini
Rappresentare la Nascita del Signore è un’esigenza profonda che ha toccato i credenti fin dai tempi più antichi. L’incanto della Madre che stringe a sé il Bambino è un’immagine perfetta di bellezza che non lascia indifferenti e che si desidera rappresentare per contemplarla e farne memoria. L’origine del presepe ha radici antichissime che risalgono al III secolo, quando ritroviamo la prima e chiara iconografia nelle catacombe di Priscilla a Roma: Maria tiene in braccio il Figlio mentre il profeta indica la stella. In questa immagine Antico e Nuovo Testamento si incontrano in modo straordinario. San Francesco inaugura una vera e propria tradizione a partire da quel lontano Natale del 1233 a Greccio. Nei primi secoli successivi questa iconografia è ridotta all’essenziale: Gesù, Maria, Giuseppe, il bue e l’asinello – la cui presenza appare nei Vangeli apocrifi e non nei Vangeli – gli angeli, i pastori, i Magi.
Come nasce la tradizione del presepe napoletano
San Gaetano, a Roma, nella notte di Natale, ebbe una visione che raccontò in una lettera indirizzata a suor Laura Mignani, nel 1516. Si trovava a celebrare la sua prima messa nella basilica di Santa Maria Maggiore, di fronte alla sacra Cuna, quando gli apparve Maria che lo guardò e tese le braccia verso di lui porgendogli il tenerissimo neonato. Arrivato a Napoli, sarebbe stata proprio questa circostanza a spingerlo a rappresentare e diffondere il presepio, nelle chiese e nelle case. Secondo le cronache, Gaetano avrebbe allestito il suo primo presepe nell’oratorio di Santa Maria della Stalletta, nel 1533. E a lui si deve, sempre secondo i racconti della sua vita, la volontà di affollare di umanità il presepio. Di farne paesaggi sconfinati di cartapesta e cartone, brulicanti di persone, proprio come sono le vie di Napoli.
San Gaetano Thiene, copatrono di Napoli e inventore del presepe napoletano
San Gaetano, nato nel 1480 a Vicenza e morto a Napoli nel 1547, è legato a molte opere di carità e cura per i più deboli. È chiamato il santo della Provvidenza, perché i chierici dell’Ordine da lui fondato, quello dei Regolari teatini, non vivevano neppure di elemosine, ma proprio di quanto il Signore voleva concedere loro. Gaetano spese la sua esistenza nella cura dei malati e a Venezia, nel 1520, fondò lo Spedale degli Incurabili.
Un santo le cui origini erano nobili, che avrebbe potuto trascorrere una vita agiata e di “successo” e che invece rinunciò a tutto per offrire se stesso al prossimo. Per questo motivo, i racconti che lo legano all’invenzione del presepe napoletano paiono verosimili. San Gaetano visse tra la gente. Il presepe napoletano è un luogo affollato di persone. Persone che vivono le loro giornate mentre attendono ai loro compiti quotidiani. Personaggi legati alle fonti evangeliche e alle leggende natalizie, ma anche completamente estranei alla tradizione. Piena espressione della pietà popolare come necessità di sentire e di vedere materializzarsi un momento tanto straordinario. Anzi di parteciparvi.
San Gaetano è un santo popolarissimo. È sepolto a Napoli, ma un fortissimo legame ebbe sempre con molte città del suo Veneto, con Roma e con gli altri luoghi in cui operò in vita. Particolare devozione gli è riservata nell’America Latina e in particolare a Buenos Aires. San Cayetano, questo il suo nome in spagnolo, è il santo del pane e del lavoro al quale Papa Francesco è particolarmente devoto.
Questo flusso vitale di fede ha spinto gli artigiani del presepio napoletano “ad aggiornare” lo scenario con figure della cronaca legate al momento. Non è un qualcosa che dobbiamo considerare con semplice curiosità, frutto di un sentimento folcloristico, ma molto di più: è il bisogno interiore di riconoscersi in un momento straordinario e fondamentale per la vita dei credenti. E infatti, il presepio napoletano registra l’attualità e le tradizioni peculiari ma non è l’unico. Nel mondo ce ne sono tanti altri che rappresentano la Natività sullo sfondo del proprio paesaggio, e con figure tipiche e perfino con i propri animali. È il caso del presepe peruviano di quest’anno in Piazza San Pietro, vestito dei colori e dei costumi delle Ande, e con il condor, simbolo del paradiso.
Luca Cupiello e Benino o i sogni all’incontrario
«Te piace ‘o presepio?» Quando si parla di presepe e di Napoli questa frase ricorrente dell’opera teatrale Natale in casa Cupiello di Eduardo De Filippo è inevitabile. Luca Cupiello sembra fare un viaggio all’incontrario rispetto a Benino, personaggio tradizionale, uno dei più importanti e irrinunciabili del presepe napoletano e di cui abbiamo parlato a proposito della terza settimana di Avvento. Il pastorello addormentato si sveglia e vuole tornare nel sogno per vivere ancora lo splendore della sua visione, mentre l’anziano Luca muore felice perché va nell’incanto del suo presepio. Nel primo è il padre a svegliare Benino, nel secondo è il figlio Tommasino – che finalmente ammette che sì, il presepe gli piace – ad accompagnare il padre che si addormenta per sempre nella pace.
Simboli nel paesaggio
Il presepio napoletano è profondamente simbolico. Non c’è un solo particolare del paesaggio, ad esempio, che sia posto a caso. Il mondo antichissimo del mito classico filtra e si trasforma diventando archetipo e allusione. Nel punto più lontano e distante, ne abbiamo già parlato, c’è il pastore Benino che comincia il racconto. Intorno, il mondo pastorale e la natura più selvaggia dei pascoli e dei monti, mentre nella parte opposta c’è il chiasso cittadino con l’osteria e personaggi legati a un contesto urbanizzato o almeno abitato. Al centro la Natività, spartiacque della storia. Altri simboli di “transito” sono soprattutto il ponte che scavalca un ruscello. Il ponte riveste da sempre il significato legato al significato di passaggio, uno dei più pregnanti e sacri dell’antichità, tanto che pontifex, da cui deriva pontefice, significa letteralmente “costruttore di ponti”. Così anche l’acqua assorbe mille significati ancestrali che vanno dalla vita, alla morte, alla rinascita. Di certo, nell’ambiente presepiale, l’acqua allude anche al Battesimo. Per questi motivi è irrinunciabile almeno un laghetto fatto semplicemente con frammenti di specchio o un ruscello con la carta stagnola.
Altri personaggi
Tra i vari personaggi, ricorrente è la lavandaia nei pressi di un pozzo, con tutti i significati sacrali legati all’acqua di morte, rinascita e purificazione. Per qualcuno si tratterebbe della levatrice, la scettica Salome dei Vangeli apocrifi, prima testimone della nascita virginale del Bambino. Stefania è un’altra figura femminile molto popolare. Una fanciulla, non potendo accostarsi ad adorare il nascituro perché non sposata, prese una pietra e l’avvolse in fasce come un figlio, ingannando gli angeli. Ma di fronte alla culla la pietra starnutisce e si trasforma in un bambino al quale viene posto il nome Stefano e da lì la festa del 26 dicembre. La zingara riporta alle radici magnogreche della Campania. Evocherebbe una Sibilla, magari proprio la Cumana, dell’antichissima colonia greca nei pressi di Pozzuoli. Le Sibille avevano profetizzato l’avvento del Signore. Questa figurina porta con sé un canestro pieno di arnesi in ferro, presagio dei chiodi della crocifissione. Altri personaggi adombrano divinità pagane, come Cicciobacco, una figura rubiconda e tozza, abbracciata al fiasco di vino, nei pressi dell’osteria, che adombrerebbe l’antico dio del vino Bacco.
I Magi sono tra le figurine del presepio più importanti. Sono tre perché tre sono i loro doni, ma non conosciamo il loro numero preciso e talvolta nelle iconografie più antiche sono di un numero variabile. Vestono abiti sontuosi e sono spesso accompagnati da un corteo fastoso di nobili Georgiani, popolazione proveniente dal Caucaso. Anzi nella tradizione del presepe napoletano vi sarebbe un quarto magio con un copricapo decorato da grandi piume: si tratterebbe della “Re Magia” o della “Giorgiana”, una bella ed elegantissima sovrana.