L’amore familiare nella prova: l’esperienza del passaggio dalla crisi alla rinascita

Vatican News

Adriana Masotti – Città del Vaticano

Come un granello di sabbia in un’ostrica si trasforma in una perla, così la sofferenza provocata da tradimenti, delusione e abbandoni può diventare inizio di un cammino nuovo, più maturo e fonte di una gioia più profonda. Lasciando l’Aula Paolo VI, in Vaticano, dopo aver seguito le testimonianze offerte nel terzo Panel su “L’amore familiare nella prova”, il sentimento prevalente è che sì, per le coppie e le famiglie i problemi da affrontare sono tanti, ma la promessa di amore e fedeltà scambiata nel giorno delle nozze tra marito e moglie non è un’illusione destinata a naufragare. Fondamentale è però credere nella presenza di Dio nella famiglia, attingere da lui speranza e forza, e poi trovare un sostegno adeguato da parte di altre coppie, famiglie o persone competenti. 

I coniugi Parreira: l’amore, meraviglioso e fragile

I racconti delle quattro coppie che intervengono ai lavori del pomeriggio danno speranza, partendo da momenti di crisi. La prima viene dalla Spagna, sono Eduardo e Monica Gonzalez Soriano  e parlano dell’importanza dell’ accompagnamento nei primi anni di matrimonio, uno degli aspetti centrali di questo momento di riflessione. La seconda coppia arriva dallo Stato di Minas Gerais in Brasile. I coniugi Karina e André Parreira, genitori di 7 figli, affermano: “Il matrimonio è un progetto di Dio, punta al cielo ed è un cammino di santificazione, ma non è facile. Ma ciò che non dobbiamo mai perdere di vista è che l’Autore stesso dell’amore viene ad aiutarci a viverlo e a renderlo possibile!” La scoperta della presenza del Signore tra noi, continuano, ha dato “un senso al cammino, che è continuato ad essere impegnativo e stimolante, ma è diventato possibile e appagante!” Attingendo alla loro lunga esperienza di accompagnamento di coppie in difficoltà i coniugi Parreira affermano che “è necessario comprendere le fragilità e sostenere le coppie, soprattutto all’inizio della vita matrimoniale, perché non viviamo in un mondo di fantasia. Dobbiamo portare la famiglia in Paradiso senza staccare i piedi da terra.” E sottolineano l’importanza del ricorso all’aiuto fornito dalle diverse scienze come la psicologia, ma senza perdere di vista la vocazione integrale della persona nel matrimonio, la vocazione alla santità che necessita quindi della grazia. Infine raccomandano di trovare gli spazi necessari nel quotidiano per crescere nel rapporto di coppia dedicandosi del tempo così come va dedicato del tempo ai figli, dando il giusto posto e valore al lavoro. 

L’amore può riprendere nuova vita

La terza coppia viene dal Sudafrica, sono Stephen e Sandra Conway, rappresentati di “Retrouvaille”, un percorso per matrimoni in difficoltà. La loro storia è simile nella prima parte a quella di tante coppie: dall’innamoramento il passaggio presto all’incomprensione dell’altro, alla chiusura, al tradimento e all’infelicità. Ma poi, a contatto con “Retrouvaille”, il loro amore rivive e ritrovano la gioia. Dicono: l’amore è “decidere di fidarci di nuovo, nonostante i nostri sentimenti“. E ripetono: “Il modo in cui le coppie possono passare dalla fase dell’infelicità a quella della gioia comprende la decisione eroica di amare, di fidarsi di nuovo e di perdonare”. Centrale nella loro storia il perdono. Sandra cita una frase di Louis Smead: “Perdonare significa liberare un prigioniero, solo per realizzare che il prigioniero sono io” e aggiunge: “il perdono non cambierà il passato, ma sicuramente cambierà il futuro”. 

Essenziale la preparazione al matrimonio

Chiudono il giro di testimonianze Danielle Bourgeois, fondatrice della comunità di laici consacrati “Solitude Myriam”, una bella signora dai capelli grigi, e il reverendo Erick Kagy, vengono dal Québec, Canada, e lavorano insieme. Tema del loro intervento è la pastorale della famiglia. Inizia don Erick dicendo : “Dell’amore in difficoltà sono in grado di parlare perché anche io sono stato sposato, sono stato un divorziato, poi mia moglie è morta. Rimasto solo, in un momento della mia vita ho sentito la chiamata del Signore e ora sono sacerdote e mi occupo delle famiglie. Tutte le famiglie sognano che il loro amore duri per sempre – dice -, ma il sogno diventa spesso un incubo. A soffrirne sono soprattutto i figli per i quali è vitale ed è un diritto vedere i genitori uniti”. Riguardo alla preparazione al matrimonio c’è un grande vuoto nella Chiesa, osserva, spesso le coppie ignorano ciò che significa il sacramento e l’indissolubilità del matrimonio. È importante quindi che trovino persone capaci di aiutarle, chi ha fatto l’esperienza del fallimento e della separazione potrebbe essere un ottimo formatore.

Uomini e donne separati a servizio di coppie in crisi

La parola passa poi a Danielle: “Che cos’è questa famiglia di cui stiamo parlando? Dio ha sempre visto la miseria del suo popolo,  per questo – dice – ha chiamato una donna divorziata e racconta: “Avevo 30 anni quando ho dovuto subire il divorzio e dopo un po’ mi è stato chiesto di offrire la mia testimonianza nelle parrocchie. Successivamente alcune giovani donne mi hanno chiamato per condividere la loro sofferenza matrimoniale. Nel 1981 ho riunito queste donne davvero spezzate. Chiedevano come guarire, ma solo Dio poteva guarirle e abbiamo cominciato a leggere insieme la Parola. Ho incontrato poi alcuni sacerdoti e grazie ai sacramenti le ho viste rifiorire, passando dal dolore alla gioia, in grado di perdonare non solo i mariti, ma perfino le loro nuove compagne. Con il tempo – prosegue Danielle – questo gruppo è cresciuto sempre di più con tanti frutti. Nel 1984 ci è stata offerta una grande casa ed è cominciata una vita di comunità con uomini e donne che hanno decido di consacrare la loro vita all’accompagnamento di persone e coppie in difficolta che vengono da noi per una nuova ripartenza. A volte le coppie pensano che l’amore sia finito, invece è solo appannato e si può ritrovare. Per noi è una gioia quando una coppia in crisi decide di non separarsi più”. Secondo il Concilio Vaticano II, il matrimonio è una vera consacrazione, osserva ancora, una vera vocazione e un dono e conclude: chi ha vissuto la sofferenza della separazione e del divorzio, con la sua fedeltà a volte eroica, può diventare testimone della grandezza del matrimonio.

In sintesi, quale messaggio si è voluto dare in questa momento di Congresso?

Secondo me è una grande speranza perché, comunque, si è respirato un po’ il profumo di Dio, di Dio che interviene nella storia degli uomini è che permette loro anche di perdonare. Il perdono difficilmente, anzi direi mai è opera dell’uomo soltanto, c’è sempre Dio di mezzo, quindi attraverso un cammino di fede abbiamo visto che coppie molto ferite possono perdonarsi l’un l’altro e direi che questo è stato il messaggio più bello uscito da questo Panel

Possiamo concludere con un accenno alla vostra esperienza personale? Cristina Elena, anche voi avete vissuto qualche difficoltà?

Grazie al cielo non abbiamo vissuto difficoltà come quelle che abbiamo sentito raccontare, ma possiamo dire che un momento pesante è stato quando, dopo aver avuto il nostro primo figlio, non ne sono arrivati altri nonostante noi ne desiderassimo. Però, appunto, se ci si apre alla grazia succede altro e noi abbiamo incontrato il mondo dell’affido familiare, per cui la nostra casa si è riempita di altri bambini che erano comunque i nostri figli pur non essendo nati da noi e questa è stata la nostra gioia e il nostro modo per ricominciare con una gioia più grande.

Paolo, vuol aggiungere qualcosa?

Per noi è stato anche un modo per ringraziare Dio di tutto quello che ci aveva dato compreso nostro figlio quello nato dalla pancia. Poi centrale della nostra vita è diventato l’affido familiare perché ci siamo dedicati all’accompagnamento e alla formazione delle coppie per l’affido e siamo ben contenti perché ci sentiamo realizzati e abbiamo avuto la fortuna di veder partire una sessantina di affidi, quindi questo è stato il dono più grande che il Signore ci ha dato dopo esserci incontrati fra noi. Grazie, all’attività nella nostra associazione “Ai.Bi. Amici dei Bambini” ci siamo sentiti in qualche modo genitori anche di questi 60 bambini in affido, più di 100 nelle nostre case famiglia, bambini che altrimenti non avrebbero avuto una mamma e un papà, frutto della condivisione e della rete, perché anche queste sono parole che abbiamo sentito in questa giornata, tra famiglie nell’intraprendere percorsi di accoglienza.