Al Regina Coeli, Francesco esprime preoccupazione per la situazione in Sudan dove salito a oltre 50 vittime il bilancio delle vittime dei combattimenti tra le forze armate del Paese e il gruppo paramilitare delle Forze di Supporto Rapido. L’appello del Pontefice è a pregare perché prevalga il dialogo e si riprenda insieme il cammino della pace e della concordia. Intanto, la Lega Araba terrà una riunione di emergenza al Cairo
Antonella Palermo – Città del Vaticano
Mentre si intensificano gli scontri nella capitale del Sudan, Khartoum, tra le forze armate e le forze di supporto rapido (Rsf), Papa Francesco lancia un appello perché si depongano le armi.
Il Papa vicino al popolo sudanese “tanto provato”
Per il secondo giorno consecutivo, continuano nella capitale spari e rumore dell’artiglieria pesante, nonostante gli appelli internazionali.
Spazio aereo chiuso
Le Forze armate hanno riferito che una delle torri del loro quartier generale è stata data alle fiamme a seguito dei combattimenti, in un’azione che non ha lasciato vittime, e hanno negato le affermazioni delle Far, che hanno rivendicato la conquista della struttura. Fonti aeroportuali egiziane hanno segnalato la chiusura dello spazio aereo sudanese. Il comandante delle forze di supporto rapido, il tenente generale Muhammad Hamdan Daglo, ha detto al canale televisivo Al-Hadath : “Finora non abbiamo contatti con “Al-Burhan” e Al-Burhan è assediato. Deve solo arrendersi”. Al-Burhan è il presidente del Consiglio Sovrano di Transizione, de facto capo di Stato del Sudan dopo il colpo di Stato del 25 ottobre 2021, che ha rovesciato il governo di Abdalla Hamdok.
Medici sudanesi: oltre 50 le vittime degli scontri
In tutta la capitale, uomini in uniforme, armi in pugno, girano per strade vuote di civili, mentre colonne di fumo si alzano dal centro della città, dove si trovano le principali istituzioni del potere. Colpi di artiglieria anche a Kassala, nella regione costiera orientale del Paese. Le forze di supporto rapido hanno dichiarato sui canali social che a Port Sudan sono state attaccate da “aerei stranieri”. L’esercito sudanese afferma di avere preso il controllo della più grande base delle Rsfba Karari. Mentre le Rfs riferiscono di avere abbattuto un aereo Sukhoi dell’esercito. Il Comitato dei medici sudanesi ha dichiarato che il bilancio delle vittime dovute ai duri combattimenti tra le forze armate del Paese e il gruppo paramilitare delle Forze di Supporto Rapido è salito a 56. Inoltre, sarebbero 595 le persone ad essere state ferite in tutto il Sudan.
La Lega Araba indice una riunione di emergenza al Cairo
La Lega Araba terrà una riunione di emergenza al Cairo, su richiesta di Egitto e Arabia Saudita, due attori influenti in Sudan. Il conflitto era già in corso da settimane, impedendo qualsiasi soluzione politica in un Paese che dal 2019 sta cercando di organizzare le prime elezioni libere dopo trent’anni di dittatura islamico-militare. In questa fase risulta impossibile sapere chi abbia in mano la situazione. A seguire da vicino gli sviluppi in Sudan, è la Cina che invita “le due parti a cessare gli scontri il prima possibile e a prevenire l’escalation delle tensioni. Ci auguriamo – scrive in una nota il ministero degli Esteri cinese – che le parti in Sudan incrementino il dialogo e portino avanti congiuntamente il processo di transizione politica”.
Padre Albanese: effetti collaterlali della guerra in Ucraina
“Quello che sta succedendo in Sudan è anche un effetto collaterale della guerra russa in Ucraina”. Ad affermarlo al QN il sacerdote comboniano padre Giulio Albanese, esperto di questioni africane. “Da tanti anni il Paese – spiega – anela alla democrazia. Ma ciò non è mai avvenuto. La situazione è complessa. La posizione dell’Occidente rispetto al Sudan è chiara: vuole che vada in porto la transizione verso la democrazia. Ma gli interessi sono molteplici”. “Da tempo i mercenari Wagner si sono stabiliti nel Paese, mentre prima i rapporti militari si limitavano alle forniture di armi”. Rispetto invece al ruolo delle altre potenze mondiali, “dagli anni Novanta il Sudan è stato praticamente colonizzato dalla Cina, interessata principalmente al petrolio. Le cose sono cambiate solo un po’ dopo l’indipendenza del Sud Sudan nel 2011, dato che il conflitto aveva danneggiato alcuni impianti e giacimenti in quell’area”.