Andrea De Angelis – Città del Vaticano
Dopo la pandemia, le armi. Se le primissime settimane di Joe Biden alla Casa Bianca hanno visto protagonista dell’agenda l’emergenza sanitaria ed economica legata al Covid-19, ieri il presidente americano ha lanciato un appello affinché si intervenga su un’altra questione spinosa: quella della diffusione di armi da fuoco tra la cittadinanza.
La strage di Parkland
Il presidente chiede buon senso al Congresso, affinché si rendano più sicure le comunità e le scuole, troppo spesso teatro di stragi armate negli ultimi anni. Come quella di tre anni fa, in Florida. Era il 14 febbraio 2018, l’assalto di un attentatore solitario, armato fino ai denti, ad una scuola di Parkland, la Marjory Stoneman Douglas High School, costò la vita a 14 studenti e tre docenti. Il presidente ha ricordato come allora a Parkland “nel giro di pochi secondi, le vite di dozzine di famiglie cambiarono per sempre. Nel momento in cui piangiamo con la comunità di Parkland – ha detto – piangiamo per tutti coloro che hanno perso persone care a causa della violenza armata”.
La violenza come un’epidemia
Il capo della Casa Bianca ha dunque annunciato che la sua amministrazione agirà per porre fine a quella che ha definito come un’“epidemia della violenza armata”. Nell’idea del presidente una legislazione e delle riforme che prevedano “controlli sulla storia personale di chi acquista fucili e pistole, il divieto di vendita di armi di assalto e la creazione di magazzini ad alta capacità di stoccaggio e poi l’eliminazione dell’immunità per i produttori che mettono in circolazione armi nelle strade”.
Il precedente
“L’intervento di Biden non è il primo in tal senso”. Lo afferma l’americanista Mario Del Pero, docente di Storia Internazionale a Sciences Po di Parigi. “Anche Obama nel 2012 fece un discorso simile,assegnando poi a Biden, allora suo vice, il compito di introdurre dei provvedimenti in Congresso che riuscissero a limitare la diffusione di armi da fuoco, mettendo dei vincoli più stringenti alla vendita di armi da assalto. Quindi – prosegue – ci sono dei precedenti, come negli Anni ’80 quando politiche federali cercarono di contenere quella che è stata appunto definita un’epidemia di armi da fuoco”.
Il secondo emendamento
Appelli e buoni propositi che poi devono fare i conti con il secondo emendamento della Costituzione, che compone, con altri nove, la “Carta dei Diritti”, formata appunto dai primi dieci emendamenti della Costituzione statunitense. L’emendamento recita che “essendo necessaria alla sicurezza di uno Stato libero una ben organizzata milizia, il diritto dei cittadini di detenere e portare armi non potrà essere infranto”. Dinanzi all’interpretazione dello stesso si è aperto un accesso dibattito nel corso dei decenni. “L’emendamento all’epoca serviva ad un Paese privo di forze armate permanenti per attivare milizie in caso di necessità, ma può essere interpretato, non è scolpito nella pietra”, afferma Del Pero. “Si può fare tanto rispettandone i termini, perché controlli più severi sulle vendite di armi nelle fiere, tracciabilità della diffusione delle stesse, vincoli e divieti all’acquisto a chi ha problemi mentali o condanne pregresse, sono misure che si possono realizzare rispettando il dettame costituzionale”.
I buoni esempi
Secondo l’americanista è presente anche una componente ideologica forte, che declina il secondo emendamento come “una forma di libertà pura”. In realtà per verificare la bontà dei provvedimenti volti a limitare la diffusione di armi da fuoco tra la popolazione, “basterebbe guardare – conclude Del Pero – ai Paesi dove tali limiti già esistono e confrontare il numero di morti, ma senza uscire dal territorio americano è sufficiente concentrarsi su quelle città statunitensi, a partire dalla capitale, che nel limite del possibile si sono già mosse in tal senso”, ottenendo dei risultati in termini numerici.