Fausta Speranza – Città del Vaticano
La tutela dell’ambiente e della biodiversità diventa principio costituzionale in Italia. Ieri pomeriggio, dopo la doppia lettura del Parlamento, la Camera ha dato l’ok definito – con 468 voti a favore, uno contrario e sei astenuti, quest’ultimi tutti di Fratelli d’Italia – al provvedimento che aggiorna la Carta costituzionale in materia di rispetto dell’ecosistema. L’indicazione più evidente che emerge è di “non ledere salute e ambiente per iniziativa economica”. Con una precisazione: “Anche nell’interesse – si legge – delle future generazioni”.
Due gli articoli modificati
In concreto, il provvedimento modifica gli articoli 9 e 41 della Costituzione italiana e incide direttamente sullo Statuto delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome di Trento e di Bolzano in materia di tutela degli animali. Da sottolineare che l’articolo 9 è nella prima parte della Costituzione, quella con i principi fondamentali ed è quello a tutela del patrimonio paesaggistico e di quello storico e artistico. Con la riforma si attribuisce alla Repubblica anche la tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi. C’è poi la modifica all’articolo 41 che da ora in poi sancisce che l’iniziativa economica debba rispettare non solo la libertà e la dignità umana, ma anche – questa la novità – la salute e l’ambiente, prevedendo per questo anche programmi e controlli. Di fatto, dunque, sversare ad esempio liquami in un fiume nella post produzione diventa una vera e propria violazione della Costituzione.
Nel solco dei pronunciamenti della Corte costituzionale
Di corretto adeguamento parla Giampaolo Rossi, docente emerito di Diritto amministrativo, tra i primi ad occuparsi di diritto in relazione all’ambiente anche in ambito europeo:
Rossi sottolinea che in sostanza tra i principi costituzionali sino ad oggi c’era la cultura, la ricerca, la tutela del paesaggio del patrimonio storico e artistico, adesso c’è anche il riferimento diretto all’ambiente, alla biodiversità, alla tutela dell’ecosistema e degli animali. Era riduttivo riassumere ambiente, biodiversità ed ecosistemi, oggi a forte rischio, nel concetto di ‘paesaggio’, afferma Rossi. Si tratta di un passo importante ma – afferma – è un adeguamento a quello che viene definito il diritto di fatto e cioè quello che fa riferimento alla giurisprudenza “viva”, ai pronunciamenti della Corte costituzionale che negli anni – ricorda – ha chiarito più volte che non si può anteporre il diritto alla produttività rispetto al diritto a vivere in un ambiente salubre, ad esempio. Rossi si sofferma sulla differenza tra il concetto di “principi supremi” e quello della loro concreta formulazione, che può sempre evolvere.
La radice nella normativa europea
Rossi invita inoltre a distinguere tra sensibilità del passato, quando non si pensava alle risorse ambientali in termini di emergenza, e a tempi più recenti in cui c’è una consapevolezza sui limiti e sulle esigenze del pianeta. Dunque ricorda che Costituzioni più antiche, come quella italiana finora, risentono della diversa impostazione mentale, mentre quelle più recenti tradiscono la nuova sensibilità. E infatti cita le normative europee, dal Trattato di Maastricht in poi, che hanno creato le basi per pronunciamenti a livello nazione come quello di ieri in Italia. Assicura dunque che trattandosi di normativa europea vincolante questo tipo di processo viene portato avanti in tutti i Paesi membri.
In tema di animali: divieto a trattamenti crudeli
Rossi chiarisce che gli animali ovviamente fanno parte dell’ecosistema e in quanto tali sono considerati dalla nuova formulazione costituzionale, ma sottolinea anche che non è che gli animali diventino soggetti di diritto, perché non hanno capacità di agire, ma che d’ora in poi viene consolidato il principio di divieto di trattamenti crudeli.
La prima volta di un intervento sui principi fondamentali
E’ la prima volta che, nella storia della Repubblica, il Parlamento interviene sulla parte prima della Costituzione, quella che riguarda i princìpi fondamentali. Un intervento “rispettoso e necessario”. Si tratta di “un adeguamento reso necessario dai tempi”, ha sottolineato in Aula anche il deputato Stefano Ceccanti, docente ordinario di Diritto pubblico comparato all’Università Sapienza di Roma, spiegando che “non banalizza l’iter di revisione costituzionale” né intacca l’equilibrio della prima parte della Costituzione che – ricorda – comprende 12 articoli sui ”principi fondamentali”. Almeno dagli anni “90, ci si è giustamente concentrati sugli aggiornamenti possibili sulla seconda parte, che evidenzia maggiormente i limiti del tempo, ribadendo spesso che i principi fondamentali sono intoccabili. Ma sarebbe sbagliato – ha avvertito Ceccanti – considerare le due parti della Costituzione come compartimenti stagni. Ovviamente Ceccanti ribadisce che resta la necessità di essere sempre prudenti in tema di interventi di modifica sui primi 12 articoli. A questo proposito ha ricordato che, negli anni ottanta, i componenti della Commissione Bozzi – tra i quali sedevano ancora esponenti dell’Assemblea Costituente e delle prime legislature repubblicane – avevano previsto un intervento analogo per la valorizzazione del diritto all’ambiente.