Andrea De Angelis – Città del Vaticano
La sorpresa di un incontro, la strada da seguire, colma di fede, speranza e di segni. Di un mirabile segno. Il 4 gennaio 2016 lo ricordano in tanti, in particolare alcuni giovani della diocesi reatina, presenti quel pomeriggio al Santuario di Greccio per la conclusione di un meeting. Si trovarono faccia a faccia inaspettatamente col Papa, che disse loro alcune parole per un momento che fu soprattutto di preghiera nella Grotta del Presepe di Greccio, luogo dove San Francesco volle riprodurre l’evento della Natività in una forma che si diffonderà, nei secoli, in ogni angolo del pianeta.
La visita di cinque anni fa
Anche cinque anni fa il 4 gennaio era un lunedì. Nel primo pomeriggio della prima settimana del nuovo anno – quello del Giubileo Straordinario della Misericordia – il Papa raggiunse Greccio per visitare il Presepe e dopo il pranzo con il vescovo, monsignor Domenico Pompili, andò alla cappella del Santuario francescano, per poi incontrare la comunità francescana locale e salutare un gruppo di giovani. Fu una visita sorprendente non solo perché inattesa, ma anche nella forma. “Tutto si è svolto nel silenzio ed in poco tempo”, commentò alla fine l’allora guardiano del Santuario, padre Alfredo Silvestri, riferendosi alla visita del Papa alla Grotta, al dormitorio, al momento di preghiera personale in chiesa. E David, uno dei ragazzi presenti, soggiunse: “Tutto è stato molto bello, intenso, e speriamo che questo saluto sia solo un arrivederci”.
Farsi piccoli, seguire la Stella
“Dio si è abbassato per essere uno come noi, per camminare davanti a noi”, disse ai giovani Francesco indicando il Bambino nella mangiatoia. Questa piccolezza, questa mitezza, è “l’umiltà di Dio che va contro l’orgoglio, la sufficienza, la superbia”. E qui il Papa invitò i giovani a porsi una domanda: “La mia vita è una vita mite, umile, che non è orgogliosa?”. Un altro segno, proseguì, è la Stella dei Magi: “Il cielo – considerò Francesco – è pieno di stelle”, ma loro ne videro “una speciale, una Stella che li muoveva a lasciare tante cose e a incominciare un cammino”, che non sapevano dove li portasse. “Quando nella nostra vita – ha commentato – non troviamo qualche stella speciale che ci chiama a fare qualcosa di più, qualcosa di buono, a intraprendere un cammino, anche a prendere una decisione… qualcosa non va. E dobbiamo chiedere la grazia di scoprire la Stella che Dio, oggi, vuol farmi vedere, perché quella Stella mi condurrà a Gesù”.
Gesù nei poveri
“Mi auguro – concluse il Papa – che la vostra vita venga accompagnata sempre da questi due segnali, che sono un dono di Dio: che non vi manchi la Stella e non vi manchi l’umiltà di riscoprire Gesù nei piccoli, nei poveri, negli umili, in quelli che sono scartati dalla società e anche dalla propria vita”. Un saluto, ma anche un arrivederci perché a distanza di quasi 4 anni il Papa tornerà a Greccio per scrivere, letteralmente, una pagina del suo pontificato.
“Admirabile signum”
La visita del gennaio 2016 è idealmente connessa a quella del primo dicembre 2019, quando Papa Francesco sale di nuovo a Greccio per firmare la Lettera apostolica Admirabile signum. Un testo sul significato ed il valore del presepe che conserva l’eco dei pensieri di cinque anni prima. Il presepe – scrive il Papa – “suscita tanto stupore e ci commuove” perché “manifesta la tenerezza di Dio” che “si abbassa alla nostra piccolezza”, si fa povero, invitandoci a seguirlo sulla via dell’umiltà per “incontrarlo e servirlo con misericordia nei fratelli e nelle sorelle più bisognosi”. Gli angeli e la Cometa, indica ancora Francesco, sono il segno che “noi pure siamo chiamati a metterci in cammino per raggiungere la grotta e adorare il Signore”. Mentre i pastori dicono che sono “i più umili e i più poveri che sanno accogliere l’avvenimento dell’Incarnazione” e le statuine degli artigiani parlano di “santità quotidiana”, della “gioia di fare in modo straordinario le cose di tutti i giorni, quando Gesù condivide con noi la sua vita divina”. Il presepe racconta dunque “il Dio che si è fatto bambino per dirci quanto è vicino ad ogni essere umano, in qualunque condizione si trovi”, e a dirci che “in questo sta la felicità”.