Adriana Masotti – Città del Vaticano
Aiutare e curare bambine e bambini etiopi che si trovino affetti di malattie acute e croniche non curabili sul posto o che appartengono a famiglie prive di possibilità economiche per poter sostenere le spese mediche nelle strutture locali. E’ l’obiettivo dell’iniziativa lanciata in questi giorni dall’associazione “Società di San Vincenzo De Paoli Consiglio Centrale di Roma Onlus” in collaborazione con la Federazione Nazionale della San Vincenzo. Il progetto umanitario rientra nell’ambito dell’attività di assistenza alle persone più bisognose e disagiate realizzate da questa realtà in Italia e nel mondo e, in questo caso, conta sulla collaborazione fornita dall’Ospedale Bambino Gesù di Roma. “Io amo l’Etiopia – Le bambine/i – hanno una speranza di curare le loro sofferenze e con il tuo aiuto, curare è possibile”, è il titolo che presenta le sue finalità.
Una forte presenza vincenziana in Etiopia
L’iniziativa nasce “su espressa richiesta dei Padri della Congregazione della Missione di San Vincenzo De Paoli e delle Suore Figlie della Carità Vincenziane ben radicate in Etiopia e che hanno segnalato la grave situazione” che si vive oggi in quel Paese, si legge in un comunicato dell’Associazione, e prevede un impegno organizzativo per avviare l’iniziativa e accompagnare i bambini che avranno necessità di interventi e di cure presso l’Ospedale Bambino Gesù di Roma “in grado, per la sua struttura e la sua organizzazione, di far fronte alle patologie dei piccoli etiopi sulla base della documentazione che sarà fornita dalle organizzazioni missionarie vincenziane”. Nelle prossime settimane una delegazione guidata da Giuliano Crepaldi, presidente del Consiglio Centrale di Roma della Società di San Vincenzo De Paoli, si recherà in visita in Etiopia per mettere a punto il progetto con chi opera già sul posto.
Curare i bambini per favorire il futuro del Paese africano
Chiara Ottolenghi è una collaboratrice della San Vincenzo di Roma. A lei chiediamo di raccontarci qualcosa di più di come si è arrivati al lancio del progetto “Io amo l’Etiopia”:
Abbiamo dato vita a questo nuovo progetto pensando così di poter dare un sorriso, una speranza in più ai bambini etiopi. Abbiamo scelto l’Etiopia innanzitutto perché abbiamo una forte presenza dei missionari e delle suore Figlie della Carità che ci garantiscono la collaborazione sul posto. E ovviamente perché conosciamo la grave situazione dei bambini di quel Paese, sappiamo che ci sono migliaia di bambini che necessitano di cure.
Quali sono le urgenze più gravi, la situazione che si vive oggi in Etiopia, in particolare riguardo ai bambini?
Le nostre suore che vivono ad Addis Abeba, tramite la Visitatrice (al governo di una Provincia della Congregazione, ndr) mantengono un contatto settimanalmente con noi. La Visitatrice ci ha parlato di questo periodo che l’Etiopia sta attraversando come di un periodo molto doloroso. Ha proprio utilizzato queste parole: doloroso, vergognoso, preoccupante. Vite innocenti continuano ad essere bersaglio di omicidi e continuano a morire senza alcun motivo. Quindi non ci sono soltanto i bisogni normali di base, ma è tutto bloccato, le persone stanno iniziando a morire di fame. Il problema è anche che la comunicazione con il resto del mondo è molto filtrata, se vogliamo utilizzare questo termine, quindi si sa poco di ciò che succede lì. Noi abbiamo deciso di cercare di aiutare i bambini perchè loro saranno il futuro di questo Paese. Tramite l’ospedale Bambino Gesù che opererà e che seguirà i bambini, avremo modo di dar loro qualche cosa in più, qualcosa che il loro Paese non può dargli.
Ovviamente l’Etiopia è un Paese grande: c’è una regione o una città più accessibile per voi, quindi privilegiata?
Le Figlie della Carità Vincenziane sono nella capitale. La guerra però è nel nord dell’Etiopia e in questo momento non è semplice far arrivare i bambini qui in Italia. Inizialmente sarà più facile reperire i documenti medici, le cartelle cliniche dei bambini malati ad Addis Abeba. Però, appena la situazione si risolverà, vorremmo anche cercare di aiutare proprio i bambini che sono stati colpiti dalla guerra.
L’obiettivo di questo progetto è dunque curare i più piccoli, non inviando medici sul posto, ma facendo arrivare i bambini in Italia…
Un’alternativa prevista da questo progetto che si prenderà in considerazione, però, in futuro è quella di aiutare anche i bambini sul posto. Parlando con le suore, ci siamo resi conto, infatti, che non tutte le malattie non sono curabili in Etiopia. Ma per il momento, essendo comunque complicata l’organizzazione, vista anche l’attuale situazione politica del Paese è stato deciso di far venire i bambini qui, ovviamente verrà valutato bambino per bambino, caso per caso.
Da parte dell’Ospedale Bambino Gesù c’è dunque una grande disponibilità, ma il progetto prevede viaggi, raccolta di documenti, spese di soggiorno ecc… Ha bisogno del sostegno di tanti per potersi realizzare…
Il progetto necessità di un grande impegno da parte della San Vincenzo. L’ Ospedale Bambino Gesù è disponibile per quanto riguarda le operazioni e in caso anche per l’ospitalità. Ma essendo quella vincenziana una realtà molto grande, si sta anche pensando di predisporre l’ospitalità proprio tra le famiglie stesse vincenziane e tra le varie strutture che la San Vincenzo ha a Roma. E’ un progetto che speriamo continui nel tempo, non soltanto in questa fase di guerra in cui si trova il Paese, ma anche in futuro perché comunque le condizioni degli ospedali e del sistema sanitario locale, non erano migliori neanche prima della guerra. Quindi è un progetto che si spera abbia una continuità nel tempo così da poter aiutare sempre più bambini.
Lancerete anche una raccolta fondi? Ci sarà un modo per contribuire a questo progetto?
Assolutamente sì, a partire da settembre avvieremo una raccolta fondi. Ma il nostro obiettivo in realtà non è soltanto quello di chiedere soldi, inizialmente sarà così, ma poi vorremmo far sapere alle persone stesse che hanno donato, come sta andando il progetto, come sta il bambino che contribuiscono a curare, per aggiornarli della situazione e renderli consapevoli che quello che hanno donato è servito realmente a conquistare un sorriso in più.