di Federico Lombardi S.I.
Nel mondo di oggi la Chiesa deve affrontare delle grandi sfide. La più fondamentale è quella della fede e dell’annuncio di Dio e di Gesù Cristo nel mondo di oggi, con le sue grandissime trasformazioni culturali e antropologiche. Però, ci sono anche sfide specifiche, che influiscono molto profondamente sulla vita della Chiesa e sulla sua missione di evangelizzazione. Una delle più critiche negli ultimi decenni, perché ha ferito la credibilità della Chiesa e quindi la sua autorevolezza e la sua capacità di annunciare in modo credibile il Vangelo, è quella degli abusi sessuali su minori da parte di membri del clero. Ha gettato un’ombra di incoerenza e di insincerità sull’istituzione della Chiesa, sulla comunità della Chiesa nel suo insieme. Ciò è davvero molto grave.
Con il tempo e l’esperienza, a partire dagli abusi sessuali su minori – che sono i più gravi -, abbiamo imparato ad allargare la prospettiva sotto diversi aspetti, cosicché oggi parliamo più spesso degli abusi nei confronti delle persone “vulnerabili” e sappiamo che essi vanno visti come abusi non solo sessuali, ma anche di potere e di coscienza, come ha molte volte insistito Papa Francesco. Inoltre è necessario ricordare che il problema degli abusi, nelle sue diverse dimensioni, è un problema generale della società umana, nei Paesi in cui viviamo e nei diversi continenti, e non si tratta di problemi esclusivi della Chiesa cattolica. Anzi: chi studia con oggettività e ampiezza, vede che ci sono regioni, luoghi, istituzioni molto diversi dove la questione è drammaticamente diffusa.
Allo stesso tempo è giusto che ci poniamo specificamente il problema della Chiesa, a motivo – come già accennato – della sua credibilità e della sua coerenza. La Chiesa ha sempre molto insistito nel suo insegnamento sul comportamento sessuale e sul rispetto della persona. Quindi, anche se vediamo che non è un problema esclusivo della Chiesa, dobbiamo prenderlo assolutamente sul serio e capire che ha una terribile gravità nel contesto della vita ecclesiale e dell’annuncio del Vangelo del Signore.
In particolare, è un campo in cui si gioca la profondità e la verità del rapporto con le persone, da rispettare profondamente nella loro dignità. Come cristiani e cattolici ci vantiamo di riconoscere alla dignità della persona un ruolo fondamentale, perché la persona è immagine di Dio. Ora, il fatto di abusarne, di mancare di rispetto, di considerare gli altri come oggetti, non essere attenti alle loro sofferenze e così via, è un segno di mancanza proprio in un punto fondamentale della nostra fede e della nostra visione del mondo.
Nella recentissima riforma del diritto penale canonico c’è un aspetto che può sembrare puramente formale, ma invece è molto significativo da questo punto di vista. I delitti degli abusi sono inseriti nel campo dei delitti “contro la vita, la dignità e la libertà della persona”. Non sono delle “cose vergognose” o “indegne del clero”, ma si mette in rilievo che nella prospettiva della Chiesa la dignità della persona va messa al centro e va rispettata perché e come immagine di Dio. Questo è assolutamente fondamentale. Il fatto di convertirci a prendere molto più sul serio l’ascolto e il rispetto di ogni singola persona, anche piccola o debole, è uno dei punti importanti del cammino di conversione e purificazione della Chiesa nel nostro tempo per essere credibile.
Il Convegno del 2019: responsabilità, rendere conto, trasparenza
Senza dover rifare tutta la storia delle drammatiche vicende e delle posizioni della Chiesa sugli abusi sessuali, possiamo, per semplicità, fare riferimento al “Summit” del febbraio 2019. È stato convocato dal Papa come momento globale, in cui tutta la Chiesa, attraverso i rappresentanti di tutte le Conferenze episcopali, delle congregazioni religiose maschili e femminili, si trovasse insieme per un momento di presa di coscienza e di impegno, per continuare con più efficacia il cammino di rinnovamento.
L’organizzazione di quel Convegno (di cui sono stati pubblicati gli atti nel volume Consapevolezza e purificazione, della LEV), ruotava intorno a tre punti principali.
Anzitutto la consapevolezza e la responsabilità del problema, delle questioni connesse agli abusi sessuali su minori e non solo; l’importanza di ascoltare e capire profondamente, con compassione e partecipazione, le conseguenze, la sofferenza, la gravità di quello che è successo e succede in questo campo. Quindi: l’ascolto e la compassione come punto di partenza dell’atteggiamento da assumere. Poi, naturalmente, la necessità di fare giustizia nei confronti di ciò che è stato compiuto di criminale e di dannoso nei confronti degli altri. Quindi prepararsi a prevenire, in modo tale che questi crimini non succedano più – o, per lo meno, succedano sempre più raramente – e si controlli questa realtà così drammatica. Ciò implica la formazione di tutti nell’ambito della comunità ecclesiale e anche specificamente di persone competenti, perché possano agire ed essere di riferimento per affrontare il problema. Insomma: la consapevolezza e la responsabilità nell’affrontare insieme la questione.
Un altro punto molto importante, cruciale, è quello del “rendere conto” (in inglese si parla molto della accountability) e superare la cultura della copertura o dell’occultamento. Uno degli aspetti drammatici di questa crisi è di aver fatto venire allo scoperto, alla conoscenza pubblica, realtà gravissime che – anche se a volte si sapeva che succedevano – erano sistematicamente (e spesso con un atteggiamento quasi “naturale”) tenute nell’ombra o coperte, per vergogna o per difendere l’onore delle famiglie o delle istituzioni coinvolte, e così via. Di qui la necessità di superare l’atteggiamento del nascondere, e rendere invece conto di quello che viene fatto, anche da parte dei responsabili. Siccome questa realtà dell’occultamento era diffusa un po’ a tutti i livelli, ma anche più gravemente a livello di responsabili – superiori di comunità, vescovi e così via – il fatto di portare alla luce e far sì che tutti rendano conto delle loro azioni, e quindi si sia sicuri di andare verso una situazione di chiarezza, di responsabilità e di giustizia, è un altro dei passi assolutamente necessari.
E poi, ed è il terzo punto di cui si parlava molto nel Convegno, la “trasparenza” è conseguenza di quanto abbiamo detto. Essa non vuol dire solo sapere che ci sono stati e ci sono dei delitti, parlarne e mettervi l’accento. Certamente, riconoscere la verità dei fatti è essenziale, ma la trasparenza vuol dire anche sapere e far conoscere che cosa si fa per rispondere, quali sono le procedure con cui la Chiesa in tutte le sue dimensioni affronta queste situazioni, quali sono le misure che prende, quali sono le conclusioni dei giudizi nei confronti dei colpevoli, e così via. In tal modo anche la comunità ecclesiale e civile diventa consapevole che non solo si sono viste le colpe e i crimini, ma che c’è tutto un cammino in cui la comunità è consapevolmente coinvolta e con cui risponde a questi problemi.
I passi importanti fatti dopo il Convegno del 2019
Ma se l’Incontro del 2019 doveva essere un punto di partenza comune, bisogna riconoscere che dopo di esso sono stati fatti effettivamente molti passi, che hanno adempiuto tutti gli impegni principali presi nel 2019 dal Papa e dal governo centrale della Chiesa. A che cosa ci riferiamo?
Anzitutto, già alla fine di marzo del 2019 sono state promulgate le nuove leggi e linee guida per quanto riguarda il Vaticano e la Santa Sede, allargando l’impostazione, oltre agli abusi sui minori, anche alle “persone vulnerabili”. Poi, il 9 maggio 2019, è stata promulgata una nuova legge importantissima per tutta la Chiesa, il Motu proprio Vos estis lux mundi – “Voi siete la luce del mondo” -, in cui il Papa ha ordinato che in tutte le diocesi si organizzassero gli uffici per ricevere le denunce e per avviare le procedure di risposta agli abusi. Non solo: ma ha stabilito per tutti i preti e le religiose l’obbligo di denuncia degli abusi di cui vengano a conoscenza, e ha invitato alla denuncia anche i laici membri della Chiesa. Adesso, tutti i sacerdoti e le suore sono obbligati in coscienza a denunciare i casi di abuso di minori di cui abbiano notizia, e non solo quelli sui minori, che sono i più gravi, ma anche quelli nei confronti di altre persone vulnerabili o altri abusi fatti con violenza. E anche i laici sono invitati a farlo, e devono sapere il luogo preciso dove possono presentare la denuncia. Questo è un passo molto deciso. Naturalmente bisogna verificare se viene messo pienamente in pratica, ma è già legge per tutta la Chiesa. E’ un passo assolutamente fondamentale fatto dal Papa, probabilmente il più importante in questo campo da quasi vent’anni. Non solo: ma sempre nella stessa legge si è stabilito il procedimento che riguarda le denunce dei superiori più alti in grado – superiori generali religiosi, vescovi, cardinali… – non solo per gli abusi, ma anche per i casi di “copertura”. Quindi, i temi della responsabilità e del rendere conto sono stati affrontati radicalmente.
Inoltre, nel dicembre 2019 è stato abolito il “segreto pontificio” sugli atti che riguardano questioni di abusi sessuali, e questo permette la collaborazione anche con le autorità civili, in un modo più chiaro e sciolto che in precedenza. Quindi, più “trasparenza”. Poi è stato messo a punto e pubblicato, nel luglio 2020, il famoso Vademecum, che era stato richiesto a gran voce e indicato dal Papa stesso fra i primi obiettivi dell’Incontro del 2019. Lo ha redatto la Congregazione per la Dottrina della fede: un bel documento, molto ricco, che non dice grandi novità, ma mette bene in ordine e spiega con chiarezza, ad uso di ogni vescovo e di ogni responsabile, tutti i punti che deve sapere e quello che deve fare nelle diverse situazioni. Uno strumento che era davvero necessario. Quando è uscito non se n’è parlato moltissimo, però era uno dei punti essenziali nelle richieste dell’Incontro del 2019, ed è stato fatto.
Più recentemente ancora, a Pentecoste di quest’anno 2021, è stato pubblicato il nuovo Libro VI del Codice di Diritto Canonico, che contiene un po’ tutto il diritto penale della Chiesa, riformulato e organizzato in modo che le nuove norme, che nel corso degli anni erano state stabilite nel campo degli abusi come in altri campi, adesso sono raccolte nel Codice di Diritto Canonico in modo ordinato, mentre prima erano rimaste “sparse” in tutta una serie di interventi e documenti.
Ora – insistiamo – si può affermare che queste cose sono esattamente le principali che ci si doveva attendere dal Papa e dalla Santa Sede in seguito all’Incontro del 2019. E sono state fatte.
Si può aggiungere che in questo stesso periodo, nel novembre 2020, è stato pubblicato anche il voluminoso “Rapporto McCarrick”, dopo che per volontà del Papa era stata studiata dettagliatamente tutta la vicenda dello scandalo gravissimo che ha scosso la Chiesa degli Stati Uniti e tutta la Chiesa: come è stato possibile che un colpevole di abusi sia giunto ai vertici delle responsabilità ecclesiastiche, come Arcivescovo di Washington e cardinale. Anche questa pubblicazione si può considerare un passo doloroso, ma molto coraggioso, nella direzione della trasparenza e della volontà di render conto dei crimini e delle responsabilità perfino ai livelli più alti della Chiesa.
Dunque, siamo di fronte a un problema enorme, difficile e doloroso, che riguarda la credibilità della Chiesa. Però non è affatto vero che non si sia fatto niente o che non si stia facendo niente o poco. Si può e si deve tranquillamente dire, con chiarezza, che la Chiesa universale ha affrontato e affronta questo problema, ha fatto passi necessari e stabilito norme, procedure e regole per affrontarlo correttamente.
Il cammino davanti a noi: dalle norme alla pratica
Questo, naturalmente, non vuol dire che tutto sia fatto, perché, come si sa, una cosa è stabilire le norme, il quadro di riferimento, una cosa è cambiare la realtà mettendoli in pratica. Il prossimo Convegno delle Chiese dell’Europa Centro-Orientale a Varsavia, in settembre, sulla protezione dei minori e delle persone vulnerabili, si pone esattamente in questa direzione. Infatti, in ogni area geografica ed ecclesiale, che ha aspetti e problemi comuni dal punto di vista storico e culturale, bisogna riflettere sul punto in cui ci si trova e su quali sono le vie concrete per tradurre efficacemente nella realtà gli orientamenti della Chiesa universale. In altre regioni è stato fatto: per esempio, vi è stato un grande convegno dell’America Latina, in Messico, circa un anno fa. Poi la pandemia ha sconvolto molti programmi e causato ritardi. Però in diversi continenti e regioni si sta facendo – o è stato già fatto – ciò che ora è in programma per quanto riguarda il Centro-Est dell’Europa. Si tratta quindi di un passo fondamentale di un cammino comune della Chiesa universale che riguarda, con la sua specificità, quest’area geografica, culturale ed ecclesiale.
In conclusione. Si è fatto molto, a livello di normative generali e anche a livello di esperienze concrete. In certe parti di più, in certe parti di meno. Incontrarsi è necessario per far circolare le conoscenze e comprendere le vie concrete ed efficaci per affrontare i problemi. Siamo in cammino e resteremo in cammino, ma su una strada che nella sostanza è sufficientemente chiara, su cui occorre muoversi speditamente e senza incertezze, per guarire le sofferenze, fare giustizia, prevenire gli abusi, restaurare la fiducia e la credibilità della comunità della Chiesa al suo interno e nella sua missione per il bene del mondo.