La Santa Sede risponde ai quesiti dei vescovi sulla celebrazione della Messa antica

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Undici “dubia”, quesiti che entrano nel merito dell’applicazione del Motu proprio Traditionis custodes con il quale Papa Francesco, nel luglio 2021, ha promulgato nuove norme circa l’uso dei libri liturgici antecedenti alla riforma voluta dal Concilio Vaticano II. E altrettante risposte corroborate da note esplicative. Sono stati pubblicati oggi sul sito della Congregazione per il Culto divino i “dubia” più ricorrenti presentati dai vescovi e i “responsa” del dicastero, approvati dal Papa, che specificano alcuni punti del Motu proprio. Sono accompagnati da una lettera del Prefetto, l’arcivescovo Arthur Roche, che rivolgendosi ai presidenti delle Conferenze episcopali spiega la direzione intrapresa: “Ogni norma prescritta ha sempre l’unico scopo di custodire il dono della comunione ecclesiale camminando insieme, con convinzione di mente e di cuore, nella linea indicata dal Santo Padre”.

Le chiese parrocchiali

La prima domanda riguarda la possibilità di celebrare con il rito preconciliare in una chiesa parrocchiale nel caso non vi sia la possibilità di individuare una chiesa, oratorio o cappella per il gruppo di fedeli che usano il Messale del 1962. Il Motu proprio lo escludeva, per sottolineare come la Messa con il rito precedente è una concessione limitata e non fa parte della vita ordinaria della comunità parrocchiale. La risposta è affermativa, ma solo se sia accertata l’impossibilità di utilizzare un’altra chiesa e senza inserire la celebrazione nell’orario delle Messe parrocchiali evitando anche la concomitanza con le attività pastorali della parrocchia. Queste indicazioni, spiega la risposta, non intendono emarginare i fedeli legati al rito precedente, ma piuttosto ricordare “che si tratta di una concessione per provvedere al loro bene” e non “di un’opportunità per promuovere il rito precedente” non più in vigore.

I sacramenti nel rito antico

Il secondo “dubium” riguarda la possibilità di celebrare non solo l’Eucaristia (con il Missale Romanum del 1962, oggetto della concessione) ma anche gli altri sacramenti previsti dal Rituale Romanum (l’ultima editio typica è del 1952) e dal Pontificale Romanum precedenti alla riforma liturgica. Ricordiamo innanzitutto che il Rituale Romanum riguarda i sacramenti del battesimo, della penitenza, del matrimonio, dell’unzione degli infermi e sacramentali quali le esequie. Mentre il Pontificale Romanum riguarda i sacramenti presieduti dal vescovo, e dunque la cresima e le ordinazioni. La risposta è negativa: l’autorità della Santa Sede ritiene infatti che per progredire nella direzione indicata da Francesco, non si debba concedere la possibilità di usare libri liturgici abrogati e i fedeli vadano accompagnati “verso una piena comprensione del valore della forma rituale” scaturita dalla riforma liturgica. Ci sono però degli importanti distinguo. Il “responsum” precisa che sarà possibile usare il Rituale precedente soltanto nelle “parrocchie personali canonicamente erette”, cioè esclusivamente nelle parrocchie già istituite dal vescovo e dedicate ai fedeli legati all’antico rito. Nemmeno in queste parrocchie sarà però concesso di usare il Pontificale per la cresima e le ordinazioni. Il motivo di questo divieto, a proposito della confermazione, si spiega con il fatto che proprio la formula del sacramento della cresima è stata modificata da san Paolo VI e dunque non si ritiene opportuno ricorrere a quella abolita, visto che ha subito sostanziali cambiamenti.

La concelebrazione

Un altro quesito riguarda la possibilità di continuare a usare il Messale antico per quei sacerdoti che non riconoscono la validità e la legittimità della concelebrazione, rifiutandosi di concelebrare in particolare la Messa crismale con il vescovo il Giovedì Santo. La risposta è negativa, tuttavia prima di revocare la concessione, si chiede al vescovo “di stabilire con il presbitero un confronto fraterno, di accertarsi che tale atteggiamento non escluda la validità e la legittimità della riforma liturgica”, del Concilio Vaticano II e del magistero dei Pontefici. Il vescovo, prima di revocare la concessione, dovrà offrire al sacerdote il tempo necessario per un “sincero confronto”, invitandolo a vivere la concelebrazione.

Le Letture nella traduzione autorizzata

Alla domanda se nelle Messe in rito antico sia possibile usare il testo integrale della Bibbia scegliendo da lì le parti indicate nel Messale, la Santa Sede risponde di sì. Il Messale antico conteneva oltre al rito anche le Letture del giorno, mentre dopo la riforma si sono separati il Messale con le rubriche e le preghiere dal Lezionario con i testi della Scrittura. Siccome il Motu proprio di Papa Francesco prescrive che le Letture – in latino nel Messale antico – vengano proclamate sempre nelle lingue dei singoli Paesi, si autorizza a ricorrere alla Bibbia nella traduzione approvata dalle singole Conferenze episcopali per l’uso liturgico. Non viene invece autorizzata la pubblicazione di veri e propri Lezionari in lingua locale con il ciclo di Letture previste dal rito antico.

Il “sì” della Santa Sede per autorizzare i sacerdoti

Una quinta domanda riguarda la consultazione della Santa Sede da parte del vescovo prima di rispondere affermativamente alla domanda di un sacerdote ordinato dopo il 16 luglio 2021 che intende celebrare in rito antico. Nella risposta si spiega che in questi casi le concessioni dovranno essere autorizzate dalla Santa Sede. Il chiarimento si è reso necessario perché nella versione italiana del Motu proprio di Papa Francesco si affermava che il vescovo, prima di concedere l’autorizzazione, “consulterà la Sede Apostolica”. Nel testo latino del documento, che è quello ufficiale di riferimento, viene esplicitato chiaramente che prima di ogni concessione per i nuovi sacerdoti il vescovo dovrà essere autorizzato da Roma. La Congregazione per il Culto divino incoraggia tutti i formatori dei seminari ad accompagnare i futuri diaconi e preti nella comprensione e nell’esperienza della ricchezza della riforma liturgica.

Tempo, territorio e autorizzazioni

Al quesito se la concessione dell’uso del Messale antico possa essere data dal vescovo per un tempo definito, così da riservarsi la possibilità di una verifica, la Santa Sede risponde affermativamente. Come pure si risponde di sì alla domanda se la concessione sia legata soltanto per il territorio della sua diocesi. Nel “responsum” ad un altro “dubium” si precisa che in caso di assenza o impossibilità del sacerdote autorizzato, anche chi lo sostituisce dovrà avere una formale autorizzazione all’uso del Messale antico. L’autorizzazione è richiesta anche per i diaconi e i ministri istituiti che partecipano alla celebrazione della Messa preconciliare.

No alle doppie celebrazioni

Il decimo e undicesimo quesito riguardano la possibilità di “binazione”. Nel primo caso, non si autorizza un sacerdote parroco o cappellano che nei giorni feriali abbia già celebrato per i suoi fedeli con il nuovo rito, a celebrare nuovamente con il rito antico, né con un gruppo né privatamente. La doppia celebrazione nei giorni feriali viene concessa soltanto per motivi pastorali che non si ravvedono in questo caso, dato che i fedeli hanno già avuto la possibilità di partecipare all’Eucaristia celebrata secondo il Messale scaturito dalla riforma post-conciliare. Infine, alla domanda se un sacerdote autorizzato all’uso del Messale antico che abbia già celebrato secondo questo rito per un gruppo di fedeli possa celebrare una seconda Messa con lo stesso rito per un altro gruppo, si risponde di no. Non si configura infatti una “giusta causa” o la “necessità pastorale”, dato che i fedeli hanno la possibilità di partecipare all’Eucaristia nell’attuale forma rituale.