Chiesa Cattolica – Italiana

La Santa Sede: garantire i vaccini a tutti, è una questione di giustizia

Amedeo Lomonaco – Città del Vaticano

I vaccini sono stati sviluppati come un bene pubblico e devono essere forniti a tutti in modo giusto ed equo, dando priorità a coloro che ne hanno più bisogno. È quanto ricordano la Commissione Vaticana Covid-19 e la Pontificia Accademia per la Vita sottolineando, in un documento congiunto, l’essenziale ruolo dei vaccini per sconfiggere la pandemia.

Facendo eco al recente messaggio di Natale del Papa, si esortano i leader mondiali a resistere alla tentazione di aderire ad un “nazionalismo vaccinale” e gli Stati nazionali e le imprese a cooperare – e a non competere – tra di loro. I vaccini, affinché “possano illuminare e portare speranza al mondo intero – ha detto il Pontefice lo scorso 25 dicembre – devono stare a disposizione di tutti”. 

Principi

Giustizia, solidarietà e inclusione sono i principali criteri da seguire per affrontare le sfide poste da questa emergenza planetaria. Le aziende che possano essere valutate in modo positivo, aveva detto il Santo Padre all’udienza generale dello scorso 19 agosto, sono quelle che “contribuiscono all’inclusione degli esclusi, alla promozione degli ultimi, al bene comune e alla cura del creato”. La bussola imprescindibile è quindi l’ampio orizzonte che si lega ai principi della Dottrina sociale della Chiesa, “come la dignità umana e l’opzione preferenziale per i poveri, la solidarietà e la sussidiarietà, il bene comune e la custodia della casa comune, la giustizia e la destinazione universale dei beni”.

Ricerca, produzione e materiali biologici

Non è solo il momento finale della somministrazione del vaccino a dover essere preso in considerazione. Va considerato tutto il suo “ciclo di vita”. Le prime tappe di questo percorso riguardano la ricerca e la produzione. Una questione, che viene spesso sollevata, riguarda i materiali biologici impiegati per lo sviluppo dei vaccini. “Dalle informazioni disponibili – si legge nel documento – risulta che solo alcuni dei vaccini ormai prossimi all’approvazione impieghino in più fasi del processo linee cellulari provenienti da feti abortiti volontariamente alcuni decenni fa, mentre altri ne fanno un uso limitato solo a fasi puntuali di test di laboratorio”. La Pontificia Accademia per la Vita è tornata sul tema in due note, rispettivamente del 2005 e del 2017. Nella seconda si escludeva che “vi sia una cooperazione moralmente rilevante tra coloro che oggi utilizzano questi vaccini e la pratica dell’aborto volontario”. Pertanto, si legge nel documento, si ritiene che si possano applicare “tutte le vaccinazioni clinicamente consigliate con coscienza sicura che il ricorso a tali vaccini non significhi una cooperazione all’aborto volontario. Pur nell’impegno comune a far sì che ogni vaccino non abbia alcun riferimento per la sua preparazione ad eventuale materiale di origine abortivo, si ribadisce la responsabilità morale alla vaccinazione per non far correre dei gravi rischi di salute ai bambini e alla popolazione in generale”.

Brevetti

Al tema della produzione si collega anche la questione della brevettazione del vaccino, non una risorsa naturale ma “una invenzione prodotta dall’ingegno umano”. Data la sua funzione, si sottolinea nel documento, è molto opportuno interpretare il vaccino “come un bene a cui tutti abbiano accesso, senza discriminazioni, secondo il principio della destinazione universale dei beni, menzionato anche da Papa Francesco”. Come ha detto il Pontefice nel messaggio di Natale, “non possiamo neanche lasciare che il virus dell’individualismo radicale vinca noi e ci renda indifferenti alla sofferenza di altri fratelli e sorelle … mettendo le leggi del mercato e dei brevetti di invenzione sopra le leggi dell’amore e della salute dell’umanità”. “Il solo obiettivo dello sfruttamento commerciale – si ricorda nel documento della Commissione Vaticana Covid-19 e della Pontificia Accademia per la Vita – non è eticamente accettabile nel campo della medicina e della cura della salute. Gli investimenti in campo medico dovrebbero trovare il loro più profondo significato nella solidarietà umana”. Occorre individuare “opportuni sistemi che favoriscano la trasparenza e la collaborazione, invece che l’antagonismo e la competizione”. E si deve superare ogni forma di “nazionalismo vaccinale” connessa al tentativo dei diversi Stati “di avere il proprio vaccino in tempi più rapidi”. La produzione industriale del vaccino potrebbe diventare “una operazione collaborativa tra Stati, imprese farmaceutiche e altre organizzazioni”.

Il Papa: il vaccino sia universale (Udienza generale del 19-08-2020)

Approvazione e somministrazione

Dopo le fasi sperimentali, un altro cruciale passo riguarda l’approvazione, in condizioni di emergenza, del vaccino da parte delle Autorità deputate “che consentono di metterlo sul mercato e di impiegarlo nei diversi Paesi”. “È necessario coordinare le procedure necessarie a ottenere tale obiettivo e promuovere la collaborazione tra le autorità regolatorie”. Per quanto riguarda la somministrazione, la Commissione Vaticana Covid-19 e la Pontificia Accademia per la Vita sostengono le posizioni convergenti sulle priorità “da riservare alle categorie professionali impegnate nei servizi di comune interesse, in particolare il personale sanitario, ma anche in altre attività che richiedono un contatto con il pubblico per i servizi essenziali (come la scuola, la pubblica sicurezza), ai gruppi di soggetti più vulnerabili (come anziani e malati con particolari patologie”. Tale criterio, si ricorda nel documento, non risolve tutte le situazioni. “Rimane per esempio la zona grigia di eventuali priorità da stabilire all’interno di uno stesso gruppo a rischio”. La distribuzione del vaccino richiede anche una serie di strumenti che consentano “una accessibilità universale”. Occorre sviluppare un programma di distribuzione “che tenga conto della collaborazione necessaria per far fronte a ostacoli di carattere logistico-organizzativo in zone poco accessibili (catena del freddo, trasporto, operatori sanitari, uso di nuove tecnologie, ecc.)”. L’Organizzazione Mondiale della Sanità rimane “un punto di riferimento importante da potenziare e da migliorare per gli aspetti che si stanno rivelando insufficienti e problematici”.