Chiesa Cattolica – Italiana

La Santa Sede: costruire un sistema di sicurezza collettiva senza posto per le armi nucleari

Salvatore Cernuzio – Città del Vaticano

L’appello è anzitutto per i leader nazionali, a “prendere l’iniziativa per porre fine immediatamente alla guerra in Ucraina e avviare una risoluzione pacifica”, guardando oltre “le strette preoccupazioni per il vantaggio nazionale”. Poi è per gli scienziati, perché si ingegnino a “sviluppare metodi pratici di controllo” delle armi, come pure per i leader religiosi, affinché continuino a “proclamare con forza e persistenza le gravi questioni umane in gioco”. Infine, l’appello è per gli uomini e le donne di tutto il mondo perché combattano una sola battaglia: quella contro “la convinzione che le guerre sono inevitabili”. La Pontificia Accademia delle Scienze si pronuncia contro l’orrore a cui il mondo assiste da oltre quaranta giorni in Ucraina e pubblica una lunga dichiarazione sulla prevenzione della guerra nucleare, innervata dalle parole di Paolo VI e Giovanni Paolo II e dai recenti appelli di Francesco.

Pericoli crescenti 

“Gravi disuguaglianze tra le nazioni e all’interno delle nazioni, miopi ambizioni nazionali o di parte, e brama di potere sono i semi del conflitto che può portare alla guerra generale e nucleare”, avverte l’organismo vaticano, che elenca i rischi della “grave minaccia” nucleare, così come sollevata dalla Russia durante la guerra inflitta all’Ucraina. Anzitutto il “pericolo crescente che molti altri Paesi e gruppi terroristici possano acquisire armi nucleari o sviluppare la capacità di produrle”. Poi, “distruzioni intenzionali o non intenzionali di centrali nucleari con gravi conseguenze per vaste popolazioni, perdite incontrollate di scorie nucleari che possono essere usate per le cosiddette bombe sporche, il potenziale uso delle cosiddette armi nucleari tattiche nei campi di battaglia”. Ancora, “il mantenimento delle armi nucleari in stato di massima allerta, aumentando potenzialmente la probabilità di un lancio di armi nucleari accidentalmente o come risultato di una manipolazione informatica”. Non ultimo, il pericolo dell’uso di potenti armi nucleari e altre armi a livello internazionale oltre l’Ucraina, quando e se la guerra si intensificherà ulteriormente.

Un mondo “peggiorato”

L’Accademia già aveva affrontato la tematica nella “Dichiarazione sulla prevenzione della guerra nucleare”, redatta nel 1982 da presidenti di accademie e scienziati di tutto il mondo. Molte dichiarazioni rimangono di grande attualità, ma è cambiata “e persino peggiorata” la situazione mondiale, a cominciare dal fatto che sono cresciuti “la sfiducia e il sospetto” tra Est e Ovest, Nord e Sud, e tra le nazioni “più grandi e potenti di Usa, Cina, UE e Russia”. Si registra poi “lo scandalo della povertà, della fame e del degrado” che di per sé sta diventando “una crescente minaccia alla pace”. E si assiste al blocco della produzione agricola in Ucraina e il commercio di cibo da Ucraina e Russia che “esasperano la crisi alimentare mondiale”.

Aumento delle armi e perdita di libertà 

“Riconoscendo il diritto naturale degli esseri umani a sopravvivere, a vivere con dignità e ad aspirare alla felicità, la scienza deve essere usata per assistere l’umanità verso una vita di prosperità, realizzazione e pace”, afferma la Pontificia Accademia delle Scienze. Invece ciò che si vede è lo sviluppo delle potenzialità di armi nucleari, ma anche di armi chimiche, biologiche o di missili ipersonici avanzati progettati per eludere i sistemi di difesa esistenti. Un “nuovo scenario” che comporta “una grave perdita di umanità e di libertà, così come una maggiore vulnerabilità, non solo degli individui, soprattutto dei non-belligeranti”, come bambini, donne, anziani e malati “indiscriminatamente terrorizzati o costretti a migrare”, ma dell’intero pianeta.

Scienza e coscienza

È un problema di scienza e coscienza. Proprio la coscienza, rimarca il documento, non può giustificare l’uso di “poteri distruttivi che infliggono morte ovunque per ‘civilizzare’ e ‘moralizzare’ o semplicemente occupare”. Da parte sua, la scienza ha il dovere di “aiutare a prevenire la perversione delle sue conquiste”: “La ricerca e la scienza sul superamento e la prevenzione delle guerre, e la scienza della promozione della pace – non solo l’assenza di guerre – deve essere un obiettivo di tutte le discipline scientifiche”. A leader e governi spetta invece la responsabilità di evitare in ogni modo “la catastrofe della guerra nucleare e l’escalation delle guerre convenzionali che non risparmiano nemmeno le popolazioni civili”, afferma l’Accademia vaticana. Che chiama in causa la stessa umanità ad “agire per la sua sopravvivenza”, promuovendo il dialogo, il diritto internazionale, il negoziato, e ogni altro mezzo pacifico.

Nove punti per un’azione globale

Nove i punti indicati dalla PAS per declinare l’azione globale: “Rispettare il principio che la forza o la minaccia della forza non sarà usata contro l’integrità territoriale o l’indipendenza politica di un altro Stato”; “impedire l’uso della forza come metodo di risoluzione dei conflitti internazionali, poiché comporta il rischio di un’escalation del confronto militare, incluso l’uso della guerra nucleare, chimica e biologica”; “fornire rifugio e protezione ai milioni di rifugiati di ogni parte del mondo”; “impedire la proliferazione di armi nucleari in altri Paesi”, che potrebbe portare, tra le altre cose, al terrorismo nucleare. Poi: “Non essere mai i primi a usare armi nucleari, e rinnovare gli sforzi per raggiungere accordi verificabili che frenino la corsa agli armamenti”; “trovare modi e mezzi più efficaci per prevenire l’ulteriore proliferazione delle armi nucleari”; “impedire che gli usi pacifici dell’energia nucleare siano dirottati verso la proliferazione di armi nucleari”; “prendere tutte le misure pratiche che riducano la possibilità di una guerra nucleare per incidente, errore di calcolo o azione irrazionale”. Infine, un ultimo invito: “Continuare ad osservare gli accordi di limitazione delle armi esistenti”, con l’obiettivo di “costruire un sistema di sicurezza collettiva in cui le armi nucleari non abbiano posto”. 

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