Intervenuto a New York, al dibattito aperto del Consiglio di Sicurezza, monsignor Gabriele Caccia, osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite, ha evidenziato che oggi i conflitti “generano effetti catastrofici sulla vita di milioni di persone” e che sono i civili a subire le maggiori conseguenze. Occorre preservare i luoghi di culto perché diventano siti di assistenza, ha detto, condannando “ogni tentativo di ostacolare la consegna di beni come cibo, acqua e medicinali”
Tiziana Campisi – Città del Vaticano
Di fronte all’allarmante aumento, negli ultimi anni, di guerre e ostilità nel mondo, la Santa Sede sollecita l’attuazione della Risoluzione 1265 del Consiglio di Sicurezza dell’Onu sulla protezione dei civili e di coloro che affrontano maggiori rischi nei conflitti armati, come gli operatori umanitari e sanitari, religiosi, giornalisti, sfollati, donne, bambini e persone con disabilità. La richiesta è giunta attraverso l’intervento di monsignor Gabriele Caccia, osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite, che ha preso parte, a New York, al dibattito aperto dell’organo esecutivo dell’Onu responsabile del mantenimento della pace e della sicurezza internazionali. Il diplomatico del Vaticano ha evidenziato che oggi i conflitti “generano effetti catastrofici sulla vita di milioni di persone” e i civili ne subiscono le maggiori conseguenze, e ha inoltre ribadito, come ha detto Papa Francesco al corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede l’8 gennaio scorso, come la distinzione tra obiettivi militari e civili sembra “non sia più rispettata”, tanto che “non esiste conflitto che non finisca per colpire in qualche modo indiscriminatamente la popolazione civile”, sicché molte sono le persone costrette a fuggire dai loro Paesi di origine e tante le vittime.
Proteggere i luoghi di culto perché diventano anche siti di accoglienza
Monsignor Caccia ha rimarcato, pur essendo necessario attuare adeguatamente le disposizioni della Risoluzione 1265 e di incorporarle in tutti i mandati di mantenimento della pace, “è importante riconoscere che la guerra moderna non si svolge più esclusivamente sul campo di battaglia”, perché colpisce anche infrastrutture civili come scuole, ospedali e luoghi di culto dove a perdere la vita sono persone innocenti e indifese. Per questo, la Santa Sede esorta “una particolare protezione dei luoghi di culto nelle zone di conflitto”, poiché si tratta di siti che, oltre ad essere luoghi di preghiera, “servono anche come luoghi di assistenza e protezione per chi è nel bisogno”. Per garantire proteggere ai civili, l’osservatore permanente ha fatto presente che dovrebbe cessare la produzione, lo stoccaggio e l’uso indiscriminato di armi, “come le mine terrestri, le munizioni a grappolo e le armi esplosive nelle aree popolate”, in pratica “strumenti di morte che, insieme ad altri residuati bellici esplosivi, continuano a rappresentare una seria minaccia per la popolazione anche dopo la fine delle ostilità”. A tale proposito, il diplomatico ha elogiato il Servizio antimine delle Nazioni Unite per il suo prezioso lavoro e ha domandato che venga attuata la Dichiarazione politica sull’uso di armi esplosive nelle aree popolate.
Venga rispettato il diritto internazionale umanitario
Al Consiglio di Sicurezza dell’Onu, monsignor Caccia ha infine manifestato la preoccupazione per il “blocco degli aiuti umanitari nelle zone di conflitto e i crescenti attacchi contro il personale umanitario”. La Santa Sede, ha concluso, chiede che il diritto internazionale umanitario venga rigorosamente osservato, e condanna “ogni tentativo di ostacolare la consegna di beni come cibo, acqua e medicinali” a quanti soffrono per le conseguenze della guerra, “così come gli attacchi indiscriminati contro il personale umanitario e medico che hanno messo in pericolo la propria vita per aiutare la popolazione sul campo”.