La Santa Sede alla Fao: si fermi la guerra in Ucraina

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Tiziana Campisi – Città del Vaticano

La comunità internazionale si impegni con decisione perché cessi immediatamente l’aggressione militare in Ucraina. È la richiesta della Delegazione della Santa Sede alla 170ma Sessione del Consiglio dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura apertasi ieri a Roma e che si concluderà il 17 giugno. Nel discorso pronunciato nel pomeriggio, durante le conversazioni circa l'”Impatto del conflitto Ucraina-Russia sulla sicurezza alimentare globale e questioni correlate”, monsignor Fernando Chica Arellano, osservatore permanente della Santa Sede presso la Fao, l’Ifad e il Pam, ribadisce quanto supplicato più volte da Papa Francesco col cuore addolorato: che il feroce massacro venga fermato, “che le armi vengano messe a tacere e che prevalgano il dialogo e un serio negoziato, unica via d’uscita dignitosa dal labirinto della guerra, che sta scatenando una furia sanguinaria e letale”. Ma monsignor Arellano lancia anche un allarme: alla pace è strettamente legata la questione della sicurezza alimentare e gli ostacoli che l’Ucraina sta incontrando nell’esportazione del grano stanno causando serie preoccupazioni, oltre a creare difficoltà ai Paesi che dipendono dalle forniture ucraine. “La posta in gioco è la vita di milioni di persone, il diritto umano universale al cibo e la stabilità di vaste aree del pianeta”, afferma l’osservatore permanente, rinnovando l’appello lanciato dal Papa all’udienza generale dell’1 giugno scorso a non usare il grano come arma di guerra.

Il rischio della crisi alimentare e della malnutrizione

Monsignor Arellano ricorda che la Fao è nata alla fine della Seconda Guerra Mondiale per porre fine alle distruzioni causate dal conflitto, nella consapevolezza che la mancanza di cibo, essenziale per la sopravvivenza umana, è stata storicamente la causa maggiore di instabilità, disordini e rivolte popolari. Occorre, allora, “lavorare insieme e agire con incisività, urgenza e determinazione” perché ci sia pane per tutti e perché si eviti un peggioramento della delicatissima situazione venutasi a creare. “Nei Paesi più poveri, già duramente colpiti dai cambiamenti climatici e dalla scarsità d’acqua, la mancanza di fertilizzanti potrebbe accentuare il calo della produzione, con il rischio di ridurre intere popolazioni al degrado e alla malnutrizione”, rileva l’osservatore permanente, che invita a contrastare, rapidamente e saggiamente, “gli effetti dannosi della crisi alimentare in corso, ulteriormente aggravata dagli scontri armati nelle aree più vulnerabili del mondo”. Considerando, poi, l’aumento dei prezzi dei prodotti alimentari, c’è anche da tenere in considerazione che la mancanza di cibo, entro il 2023, potrebbe provocare una tragedia globale.

La Fao intraprenda iniziative concrete

“La Fao deve dare il suo contributo lungimirante per rispondere con coraggio alle ardue sfide che ci attendono, andando alla radice del problema, intraprendendo iniziative concrete e cercando il bene comune” è l’invito di monsignor Arellano, che esorta a fare di più perché quanti subiscono le conseguenze della guerra sentano di essere realmente aiutati. L’osservatore permanente aggiunge che “il dolore di molti fratelli e sorelle ci obbliga e ci incoraggia” a costruire la pace, a rispettarla e a offrirla come il miglior dono. E sottolinea che la soluzione all’attuale problema non è nella forza militare, che può portare ad un’escalation sempre più insidiosa per tutti, ma nella rinuncia agli interessi di parte, perché venga meno la spirale di odio e di morte nella quale si sta precipitando, e nella collaborazione per la cura della terra.