Eugenio Bonanata – Città del Vaticano
Si respira un clima di grande serenità a ‘Casa Papa Francesco’, il centro Caritas di Assisi gestito dai Frati Minori. Qui si traduce in concretezza il costante invito del Papa a non dimenticarsi dei poveri, che torna in primo piano in occasione della quinta Giornata Mondiale a loro dedicata e in seguito all’incontro alla Porziuncola di venerdì scorso. La struttura assisiana offre servizi legati alle esigenze primarie, come mangiare, dormire e lavarsi. “Cerchiamo di far sentire a proprio agio le persone”, ripete il responsabile fra Emanuele Gelmi ricordando che questo è un luogo dove l’obiettivo è quello di instaurare relazioni attraverso l’accoglienza e l’ascolto senza pregiudizi o preconcetti.
La povertà non è soltanto mancanza di beni materiali. Fra Emanuele racconta infatti che sono diverse le forme di disagio che si possono cogliere. “Emergono tanta solitudine, storie impensabili, tante problematiche psichiatriche e soprattutto la fatica di domandare aiuto in seguito alla perdita del lavoro”. Insomma, c’è tanta vergogna ad ammettere una sconfitta momentanea. E questo rischia di alimentare l’isolamento e l’indifferenza.
“Non dobbiamo cadere nella tentazione di delegare alle associazioni caritatevoli il compito di pensare ai poveri”, afferma ancora il francescano esortando ciascuno a compiere un gesto di carità nei confronti di una persona bisognosa. “Basta aprire gli occhi e guardarsi attorno”: ognuno può farsi prossimo in famiglia, tra i vicini, in parrocchia. Alla fine, questo impegno può diventare anche fonte di ricchezza e di crescita personale. È così per Alessandro Laurentini, che da diversi anni lavora a ‘Casa Papa Francesco’ in qualità di operatore sociale. “Ogni giorno torno indietro con qualcosa in più”, dice. “L’ironia e il sorriso rappresentano la carta vincente nella relazione con gli ospiti”.
“Papa Francesco – sottolinea fra Emanuele – ci invita a guardare queste persone non come dei casi da risolvere, bensì come dei fratelli che, per vari motivi, si trovano in una situazione di difficoltà. Se fossimo nei loro panni, cosa ci piacerebbe ricevere?”. La persona prima di tutto, dunque. Una prospettiva che vale anche per l’altra area di intervento dei Frati Minori di Assisi: la cappellania nelle carceri di Perugia e Terni. Un pezzo di mondo dove alberga una grande forma di povertà, conferma padre Francesco Bonucci cappellano dell’istituto di pena del capoluogo umbro. “Dietro ogni errore e ogni fragilità – avverte – c’è una persona amata da Dio”.
“Bisogna entrare dentro per capire che i detenuti sono persone normali”, continua il francescano soffermandosi sull’esperienza di alcuni ragazzi nel quadro di un progetto all’interno della struttura basato sui giochi da tavolo. “In quel contesto cadono tutte le barriere psicologiche, si parla liberamente, si crea una relazione familiare e si comprende che il reato non è più un ostacolo alla relazione”.
Il pregiudizio, invece, vanifica anche il reinserimento. “È un peccato – prosegue – perché molte persone sarebbero nelle condizioni di riprendere in mano la propria vita, ma non si trovano realtà lavorative pronte ad accoglierli”. Eppure non mancano le storie di redenzione. “Dopo un percorso di fede – conclude – c’è chi comincia a chiedere perdono a Dio e alle persone coinvolte nei reati commessi”.