Gabriella Ceraso – Città del Vaticano
È un saluto caloroso e soprattutto un ringraziamento sentito quello di Francesco al termine della Messa di fronte ad una platea ampia come distesa e “sconfinata” è la terra d’Asia da cui in tanti sono giunti per ascoltare le parole del Successore di Pietro, che condensano tanto di questi tre giorni a Nur Sultan. C’è il carattere del popolo kazako, c’è il tema della pace, quello della corsa agli armamenti e c’è il dialogo rilanciato come unica via di pace.
“Fratelli e sorelle”, “autorità civili e religiose” del Paese e poi anziani, ammalati, bambini e giovani: nella festa dell’Esaltazione della Santa Croce il Papa richiama tutti, uniti, come “Santo popolo di Dio”, e ancora una volta sottolinea l’impegno del Kazakhstan a “promuovere il dialogo”, impegno che – afferma – “si trasforma in invocazione di pace, pace di cui il nostro mondo è assetato”.
Non abituiamoci alla guerra
Da qui lo sguardo si allarga a “tanti luoghi martoriati dalla guerra”. Non citata finora ma sempre presente nel cuore del Pontefice è la “cara Ucraina”. Il Papa parla al mondo e alle coscienze spingendo a cercare veramente la pace, a non cedere al male o abituarsi ad esso.
Non abituiamoci alla guerra, non rassegniamoci alla sua ineluttabilità. Soccorriamo chi soffre e insistiamo perché si provi davvero a raggiungere la pace.
Pace, unica via
Poi l’interrogativo che appella le coscienze di tutti:
Che cosa deve accadere ancora, quanti morti bisognerà attendere prima che le contrapposizioni cedano il passo al dialogo per il bene della gente, dei popoli e dell’umanità? L’unica via di uscita è la pace e la sola strada per arrivarci è il dialogo.
All’Ucraina, nella preoccupazione del Papa si unisce in queste ore anche quanto accade nel Caucaso tra Azerbaigian e Armenia in merito alla contesa regione del Nagorno-Karabakh autoproclamatasi indipendente nel 1991, dopo un conflitto tra i due Paesi. A oggi si contano quasi cento militari morti tra Baku e Erevan negli scontri di confine iniziati martedì mattina e ad oggi congelati, almeno in parte, in un cessate il fuoco concordato sotto le forti pressioni della comunità internazionale.
Anche il Papa è informato e segue il nascere di queste nuove tensioni, da qui il suo appello:
Ho appreso con preoccupazione che in queste ore si sono accesi nuovi focolai di tensione nella regione Caucasica. Continuiamo a pregare perché anche in questi territori sulle contese prevalga il confronto pacifico e la concordia. Il mondo impari a costruire la pace, anche limitando la corsa agli armamenti e convertendo le ingenti spese belliche in sostegni concreti alle popolazioni.
Quindi il grazie a tutti i collaboratori di pace:
Grazie a tutti coloro che credono in questo, grazie a voi e a quanti sono messaggeri di pace e di unità!